Freccero al DiariodelWeb.it: «Renzi vuole una Rai come la Mediaset di Berlusconi»
Il consigliere Rai commenta le ultime sparate del Pd sul servizio pubblico e il ruolo della tv in campagna elettorale: «È lei la vera colpevole delle fake news»
ROMA – Carlo Freccero, consigliere di amministrazione della Rai, anche il canone è diventato argomento caldo di questa campagna elettorale. Renzi ne ha proposto l'abolizione, Gentiloni ha frenato chiedendo una semplice estensione delle fasce di esenzione. Lei, di fronte a questo teatrino, cosa ha pensato?
Che Renzi, essendo crollato nei sondaggi, volesse recuperare voti. Al pubblico basta evitare di pagare le tasse per essere accontentato. Ma, di fatto, questo significherebbe la liquidazione del servizio pubblico e la sua trasformazione in televisione commerciale.
È anche una forte inversione di rotta rispetto a quanto Renzi stesso aveva fatto al governo, inserendo il canone in bolletta.
Certamente. E c'è anche un'altra contraddizione. Renzi stesso aveva dichiarato di volere separare la Rai dalla politica: invece, quando ha presentato la sua riforma, l'ha concepita come un appoggio al governo in carica. Non ha aperto la discussione su cosa debba essere la televisione pubblica: a lui basta che garantisca la sua propaganda. Quando Renzi parla, rivela il suo inconscio: lui pensa che la Rai debba essere come Fininvest, che si auto-finanzi attraverso la pubblicità e che lo appoggi come le reti Mediaset fanno con Berlusconi.
Dunque, oltre alla boutade elettorale, c'è anche la volontà di stringere il cappio della politica sulla televisione.
Non solo. Il suo discorso rivela anche che lui pensa che tutto ciò che è gratis sia giusto. In realtà, in una società di mercato, ogni cosa gratuita nasconde una trappola. Ad esempio, il pubblico della tv commerciale è un lavoratore, perché paga vedendo la pubblicità.
C'è un costo indiretto, un pagamento occulto.
Esattamente. Come accade con Google, che è gratis ma in realtà utilizza il nostro lavoro a suo profitto. Se venisse tolto il canone, la Rai sarebbe privatizzata, perché non potrebbe sopravvivere in un mondo in cui tutti i concorrenti hanno più vantaggi di lei.
Qualcuno ha anche letto un avvertimento a Mediaset: alzare il tetto pubblicitario della Rai per metterla in difficoltà.
Ma è uno scenario che non si può attuare rapidamente. Oltretutto andremmo incontro ad un rischio molto grave. Se lo Stato intervenisse a dare soldi alla Rai, sarebbe subito messo sotto processo da parte dell'Europa.
Sarebbe un aiuto di Stato.
Bravissimo. Da questo capiamo che il segretario del Pd non conosce i trattati europei, oltretutto. È un test molto importante, che rivela che cosa è Renzi.
Parliamo dei cosiddetti «artisti» Fazio e Vespa, che il Movimento 5 stelle voleva fermare in campagna elettorale. Lei sarebbe stato d'accordo?
I giornalisti sono sottoposti al tetto degli stipendi. Le star, naturalmente, sono esenti, perché appartengono al mondo dello spettacolo. La richiesta del M5s era giusta, ma il vero problema è che anche la politica, ormai, appartiene allo show. I politici rientrano in tutti i programmi di intrattenimento, tanto è vero che oggi non si parla più di informazione, ma di infotainment: information ed entertainment. In queste elezioni io farei una netta distinzione tra informazione e infotainment, obbligando i candidati a interloquire in tribune politiche classiche, come quelle tradizionali degli anni '60 e '70 in Italia, dove lo spettacolo non esiste. Ma oggi ormai c'è una tale contaminazione che separare informazione e show è impossibile.
La politica continua ad azzuffarsi sulla televisione, anche se siamo in un mondo in cui spopolano i social network. Si sostiene addirittura che le ultime elezioni americane siano state decise da Facebook, con le sue fake news. Quanto conta ancora, insomma, la tv nelle campagne elettorali di oggi?
La televisione generalista ha peso presso l'elettorato che va a votare. Ne è un esempio Berlusconi che, dopo molto tempo, ha riconquistato con la tv parte dei suoi elettori. È una macchina per costruire maggioranza e consenso, ed è conformista, perché è portata a ripetere il mainstream. Al contrario, Internet si basa sulle minoranze, sulle nicchie che tendono a crescere nel tempo, e ha dalla sua la logica del debunking.
La controinformazione, insomma.
Il mainstream tende ad accusare Internet delle fake news, ma la verità sta piuttosto nel contrario. La televisione è una incessante fabbrica di fake, viceversa la rete è costantemente impegnata a smontare la verità ufficiale: semmai può cadere in errore e finire anche lei nel fake. Questo è un tema fondamentale: la tv serve al pubblico che la vede come un punto di riferimento, mentre Internet lavora sugli elettorati estremi, non sul centro, e sull'astensionismo.
Quindi le vere fake news sono quelle della televisione.
Perché sono quelle conformiste. Faccio un esempio: la storia De Benedetti-Renzi. I giornali generalisti l'hanno ridotta a una piccola notizia, mentre sulla rete è esplosa totalmente.
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