Canone Rai: guerra nel centrosinistra. Calenda a Renzi: «Abolizione è presa in giro»
Nuovo duro attacco del ministro Calenda alla proposta Pd di abolire il canone Rai: «Promesse insostenibili da campagna elettorale»
ROMA - E' Matteo Renzi, almeno per oggi, a definire l'agenda setting, come la definiscono gli esperti di comunicazione politica: cioè i temi al centro del dibattito. Il segretario del Pd lo fa senza parlare: ma su Repubblica compare la ricostruzione di un vertice «segreto» svoltosi al Pd nel quale Renzi annuncia l'intenzione di abolire il canone Rai. La tv pubblica dovrebbe essere contestualmente liberata, secondo l'anticipazione del quotidiano, dal «tetto» sulla raccolta pubblicitaria che ne limita l'azione sul mercato a favore dei privati, ma nel periodo transitorio, per evitarne il collasso, sarebbe sostenuta da un finanziamento pubblico pari al gettito del canone.
LA CONFERMA DI ORFINI - Annuncio fatto filtrare a mezzo stampa, che il leader dem non smentisce nell'arco della giornata, e che il presidente del Pd Matteo Orfini di fatto conferma: «La fiscalizzazione del canone Rai è una nostra proposta storica», dice. Ma il primo a reagire in mattinata è il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda: «Spero - scrive su Twitter - che l'idea di abolire il canone Rai sostituendolo con un finanziamento dello Stato non sia LA proposta del @pdnetwork x campagna elettorale come riportato da @repubblica. I soldi dello Stato sono i soldi dei cittadini e dunque sarebbe solo una partita (presa) di (in) giro».
INTERVIENE CALENDA - Sul tema poi lo stesso Calenda si impegna in un lungo botta e risposta col deputato Pd Michele Anzaldi. «Caro Calenda, se tagliamo 1,5 mld spesa pubblica ed eliminiamo canone Rai i cittadini pagano meno. Altro che presa in giro», scrive l'ex portavoce delle primarie renziane. «Il Governo Renzi ha messo canone in bolletta e non si può promettere in campagna elettorale il contrario di quello che si è fatto al Governo», lo bacchetta il ministro, che suggerisce di parlare invece di privatizzazione accusando il Pd di «ricadere sulla linea delle promesse stravaganti a tutti su tutto». Controreplica del sottosegretario allo Sviluppo Pd Antonello Giacomelli, che prima dice «non commento le indiscrezioni», poi invece polemizza con il titolare del suo stesso dicastero: è «contraddittorio», afferma, «da un lato preoccuparsi di difendere l'Italianità di infrastrutture strategiche e dall'altro teorizzare la privatizzazione di una realtà come Rai che finirebbe, facile previsione, in mani non italiane».
DURA L'OPPOSIZIONE - L'ipotesi della cancellazione del canone non trova grandi estimatori nel mondo politico: è «farsesca» secondo Maurizio Gasparri di Forza Italia, frutto dello «stato confusionale» del segretario democratico per il leghista Roberto Calderoli, «l'ennesima proposta propagandistica» di Renzi e del Pd, a giudizio di Roberto Fico: «Forse dimenticano - commenta il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, esponente del M5S - di essere stati al governo in questi anni». Bocciatura totale anche quella del sindacato dei giornalisti della tv pubblica: «E' curioso che prima si mette il canone in bolletta e poi si propone di abolirlo. Vuol dire non avere idee», si legge nella nota dell'Usigrai. E comunque, «ci aspettiamo - prosegue il comunicato - una dura presa di posizione pubblica da parte dei vertici Rai. A difesa dell'autonomia e del futuro dell'azienda».
IPOTESI PRIVATIZZAZIONE - Dal Pd giunge un freno preoccupato allo spostamento della discussione dalla proposta sul canone a quella della privatizzazione, per di più da uno scranno così autorevole come quello del ministro dello Sviluppo. Andrea Romano bolla come «residuo ideologico novecentesco» l'idea di Calenda, Orfini chiude la porta: «Di privatizzazioni che hanno distrutto (o quasi) aziende strategiche del paese ne abbiamo già viste troppe. E direi anche basta».
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