24 aprile 2024
Aggiornato 11:00
M5s: da Genova a Parma, passando da Torino

Sul concetto di fiducia che chiede Grillo: pronti a riconoscerla, ma prima spieghi un po' di cose

Forse non tutti sono pronti a firmare cambiali in bianco, anche se permettono di liberarsi dagli strozzini. Beppe Grillo può liberare il Paese, l'importante è che non lo precipiti in una monarchia assoluta

Foto: ANSA/ CLAUDIO PERI ANSA

GENOVA - Negli ultimi anni gli italiani hanno dato fiducia a Matteo Renzi, a Enrico Letta e, taluni, perfino a Mario Monti e nella sua banda imposta dalla troika. Si ricordi, fra tutti, perfino un sociologo come Marco Revelli, che ebbe parole d’encomio per il primo ministro più devastante della storia recente. Può quindi spaventarci, dopo un parterre siffatto, la richiesta di fiducia di Beppe Grillo? No, non ci spaventa e anzi, più questa richiesta diventa esplicita, a tratti perfino brutale, più gli elettori sono disposti a concederla. Si tratta, per molti, di firmare una cambiale in bianco ad un soggetto che ci promette di liberarci per sempre di tutta la banda di predoni che hanno saccheggiato l’Italia. E in tanti, sempre di più, chiedono solo di avere il foglio dove apporre la firma. La democrazia italiana è stata trascinata in un abisso, e con essa il Paese, da cui si è disposti a tutto pur di uscirne.

Fede atto divino
La fiducia è un sentimento nobile e alto, ma ricco di paradossi e ambiguità. Da maneggiare con cura e delicatezza. Il primo paradosso che viene in mente rimanda al comizio finale di Italia a Cinque Stelle, nel 2015 a Imola, quando Beppe Grillo espresse questo concetto: «Andate e non fidatevi di nessuno. Io non mi fido di nessuno, solo di me stesso». Risulta ovvio dedurre che colui che in questi giorni tumultuosi chiede fiducia per sé - ma invita(va) i suoi elettori, e attivisti, a non riporre fiducia in alcuno - sta veicolando un messaggio di esclusività tra pari molto simile alla teorizzazione orwelliana presente ne la Fattoria degli Animali. Va bene così, in fondo lui è il capo, pardon garante, di un movimento politico e quindi questa richiesta alla sua gente può avanzarla.

Infallibilità?
Ma nel meraviglioso mondo della fiducia si può entrare anche da un punto di vista più importante, quello lisergico: la parola deriva dal latino fìdere, ovvero «aver fede». La fede, come noto, è un campo molto spinoso perché perimetrato strettamente dentro il concetto di sacro e divino. Ora, non vogliamo dire che Beppe Grillo stia chiedendo di credergli come si "crede" in una divinità, ma quando si gioca con concetti così taglienti sarebbe opportuna maggiore prudenza. Perché, magari inconsapevolmente, vi è un processo meta cognitivo che porta all’interno di un altro peso massimo, quello dell’infallibilità. E quanto ha fatto Beppe Grillo a Genova - sovvertire d’imperio l’esito di una votazione - è una esplicita «richiesta», diciamo così, del riconoscimento che lui uguale agli altri non è, dato che lui è infallibile.

L'idea di "uomo forte"
Questi strappi, che assurgono al concetto di «uomo forte», già ampiamente sdoganato da Grillo, rimandano a figure antiche, ovvero ai monarchi di origine divina. Cose che si pensavano superate. Anche perché non è chiaro, ancora, come Beppe Grillo possa essere rimosso dal suo potere totale sul M5s. Domanda: esiste la possibilità che Beppe Grillo decada per decisione non sua? Che venga sfiduciato? Lo scettro del potere verrà ceduto solo in caso di morte, gli auguriamo un giorno lontano? Anche perché lui è il proprietario del simbolo, e quindi il problema afferisce anche alla sfera del diritto privato. 

Beppe Grillo, il nuovo Giulio Cesare?
Tutto questo non ci deve scandalizzare: il cesarismo è una componente della storia che non sempre ha causato danni alla società. Niccolò Macchiavelli, nonché Antonio Gramsci, da lati opposti, sono giunti a conclusioni molto simili in tal senso. E forse dobbiamo essere rassicurati dal fatto che sono gli stessi italiani che vogliono, anzi pretendono a gran voce, un nuovo Caesar italiano. Dobbiamo solo chiederci, a questo punto, se tale possa essere Beppe Grillo.

1. Di Battista e gli altri che fine fanno?
Per prima cosa è bene mettere le carte in tavola: una dimostrazione di potenza come quella che il capo del M5s ha imposto a Genova, nel pieno consenso del suo stato maggiore, cancella ogni velleità di governo dei vari Di Battista, Di Maio, Taverna, Appendino, Sibilla, Fico e compagnia. Non contano nulla, se non come propagandisti della diretta volontà di Beppe Grillo, fondatore e garante del M5s. Se ne facciano una ragione essi stessi in primo luogo. Ci piace? Non ci piace? Molto probabilmente tra pochi mesi tutto ciò piacerà a oltre il 40% degli italiani votanti.

2. Quali valori ha il popolo in un contesto simile?
Secondo punto critico: il M5s è nato, e si è sviluppato, attaccando duramente il concetto di delega, e invitando alla partecipazione. La partecipazione prevede sicuramente il concetto di fiducia, ma questa deve essere reciproca e mai esclusiva. Lasciamo perdere l’ormai mitico «uno vale uno», motto leninista per eccellenza: ora dove ci troviamo? Quali valori ha il popolo in un contesto simile? Non si parla degli attivisti del M5s, che possono avere legittimamente una fede cieca bell’infallibilità di Beppe Grillo, ma il popolo italiano nella sua complessità. Già oggi il pensiero delle minoranze è ridicolizzato, mentre dovrebbe essere difeso come previsto dalla Costituzione, e cosa accadrebbe domani con un capo di governo che si dichiara, già oggi, infallibile?

3. Cosa pensa Grillo dell’Italia che vuole portare avanti? 
Terzo punto: viene chiesta fiducia in una persona. Questo è legittimo, come detto. Ma cosa pensa questa persona dell’Italia che vuole portare avanti? Il concetto di onestà è giusto e sacrosanto, ma con essa non si organizza uno Stato. Perché su cosa sia e cosa voglia il M5s, al momento, vi è una certa confusione. Prendiamo in esame Torino: la giunta Appendino è sicuramente onesta, ma sta portando avanti una politica incardinata sul blocco cognitivo creato dal Sistema Torino nei precedenti venti anni. A Parma Federico Pizzarotti è stato cacciato via per molto meno; a Torino l’intero Sistema Pd si spertica in encomi verso la neosindaca, le stesse persone di quel ventennio. E quindi? Dato che la Signora Appendino ha la fiducia, a tempo, del capo supremo, va bene così? Viene chiesta questa violenta distorsione cognitiva? La plastica adesione al gusto transitorio del capo? Che però domani potrebbe cacciare via la sindaca perché, oggettivamente, troppo vicina alle posizioni di Chiamparino e Fassino? Già oggi in città la chiamano «Chiappendino».

Le ragioni di Genova dove stanno?
Non è dato sapere il motivo che ha indotto Beppe Grillo a cancellare il voto espresso dagli attivisti di Genova: si dice che sia riconducibile alla vicinanza tra Marika Cassimatis e Federico Pizzarotti: una prova ontologica sarebbe una serie di foto compromettenti in cui i due sarebbero vicini. Illazioni, che però si scontrano con il rifiuto da parte di Grillo di spiegare le ragioni della sua scelta. E anche questo pone molti quesiti: l'inspiegabilità di una scelta è una prerogativa divina. Come Dio che, senza alcuna spiegazione e ragione, impone le sue pene al mite e pio Giobbe, senza che questi abbia compiuto alcun peccato. E dunque tutti noi ci troviamo dentro un paradosso: dare cieca fiducia a chi ci vuole liberare dei predoni, in virtù di una incoronazione semidivina, oppure tenerci i vari Monti, Letta, Renzi, tutti coloro che hanno saccheggiato il paese?