Renzi, e questa me la chiami ripresa?
I dati del prodotto interno lordo pubblicati dall'Istat la settimana scorsa fotografano un'Italia che continua a crescere pochissimo, ancor meno del resto dell'Europa. Ma il governo continua a sostenere che tutto vada bene
ROMA – Non solo ci ritroviamo sul groppone un governo di incapaci, che si prefigge obiettivi mirabolanti salvo poi non metterne in pratica neanche mezzo. Ma, quel che è peggio, dobbiamo pure sorbirci le loro prese per i fondelli. Interpretano i dati come meglio fa loro comodo, raccontano una realtà di pura invenzione in cui «va tutto bene madama la marchesa», continuano imperterriti a danzare sul ponte mentre il Titanic sta affondando. Quando il povero Pier Carlo Padoan, uno dei pochi ministri a conservare un briciolo di dignità e competenza, sostiene leggendo i dati sul Pil che è andato tutto secondo copione, mi viene perciò da dargli ragione, ma riferendomi non al copione dell'economia, bensì a quello delle dichiarazioni del governo. Del resto, che bulletto sarebbe Matteo Renzi se non entrasse di tanto in tanto nel bar urlando: «Visto? Ve l'avevo detto che la Fiorentina avrebbe perso 2-1», quando tutti ricordano benissimo che fino al giorno prima giurava e spergiurava in una vittoria.
Minimo sindacale
Esattamente così è andata con i risultati del nostro prodotto interno lordo: un +0,2% che a voler essere buoni si può al limite considerare come un pareggio, e che invece l'esecutivo vuole spacciare come un suo grande successo. È vero che il baratro è stato evitato di un soffio: bastava un punto percentuale in meno per mandare all'aria tutte le stime per quest'anno. Ma anche così rimane tutt'altro che scontato che a fine 2015 i conti torneranno comunque: per arrivare a quel +0,7% fissato come obiettivo base dal governo, infatti, bisognerà crescere almeno di un altro 0,3% fino a fine anno. Ovvero «fare di più», come ha timidamente accennato lo stesso Padoan nell'insolita veste di paroliere di Tozzi, Morandi e Ruggeri.
Peggio della Grecia
Ma andando a scavare ulteriormente nei dati offerti dall'Istat si scopre che la realtà è messa ancora peggio di così. Il già magro +0,2%, infatti, è stato ulteriormente drogato: sia dalla giornata lavorativa in più presente nel secondo trimestre rispetto al primo (che sui 25 giorni di lavoro mensili vale già da sola circa lo 0,2%), sia dal calo dell'euro sul dollaro e del prezzo del petrolio. Senza queste congiunture favorevoli, forse oggi non ci potremmo giovare nemmeno di questo risicato segno più. L'Italia di Matteo Renzi non è riuscita nemmeno ad agganciare il treno, già di per sé molto lento, del resto dell'Eurozona: che in media è cresciuta rispetto ad un anno fa dell'1,2%. Perfino la Grecia del tanto vituperato Alexis Tsipras, grazie alla ripresa del turismo, ha fatto meglio di noi: +0,8%. Come a dire che le già poche riforme realizzate dal governo del bulletto si sono rivelate, a voler essere buoni, del tutto inutili. Lei, caro premier, continuerà a chiamarci gufi: ma la realtà è semplicemente che ci siamo stufati di essere presi per allocchi.
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