Rampelli: Renzi vuole fare l'americano ma fa il furbo in Italy
Ospite di Lucia Annunziata, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, annuncia l'imminente riforma della Rai. La via da seguire è quella del disegno di legge, purché i tempi di redazione siano brevi, altrimenti, «se ci sono le condizioni di necessità e urgenza», non si esclude il ricorso al decreto. Fabio Rampelli di Fratelli d'Italia commenta le parole del premier.
ROMA - Ospite della trasmissione Rai In Mezz'ora di Lucia Annunziata, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, interviene sulla riforma della Rai. La via da seguire è quella del disegno di legge, purché i tempi di redazione siano brevi, altrimenti, «se ci sono le condizioni di necessità e urgenza», non si esclude il ricorso al decreto, «come prescrive la Costituzione». A commentare le dichiarazioni del premier, in un'intervista al DiariodelWeb.it, è Fabio Rampelli, attuale capogruppo di Fratelli d'Italia alla Camera e membro della Commissione di Vigilanza Rai.
«Se ci sono le condizioni di necessità e urgenza» si procederà con un decreto legge. Così il premier, Matteo Renzi, ieri ha annunciato le modalità con cui si andrà avanti sulla riforma Rai. Cosa ne pensa?
Il mio parere a riguardo è totalmente negativo. Penso che il parlamento abbia delle competenze evidenti sulla Rai e debba procedere autonomamente rispetto al governo. Il governo ha una maggioranza molto ampia in Parlamento e quindi non credo che dal punto di vista formale abbia problemi a far transitare un progetto di riforma della Rai dalla sua maggioranza. Nel rispetto, ovviamente, delle competenze e delle diverse funzioni che vengono attribuite in merito al servizio pubblico radiotelevisivo al governo dal parlamento. Il nostro sistema dell'informazione non è – almeno teoricamente – legato al governo. Quindi non abbiamo una Rai di governo. Non dovremmo avere una Rai di governo. Il pluralismo dell'informazione nel nostro ordinamento è garantito dal fatto che il parlamento in quanto tale, quindi con tutte le sue sensibilità politiche e culturali, che sovraintende al pluralismo dell'informazione. A prescindere dal fatto che lo faccia bene o lo faccia male, lo abbia fatto con delle zone di opacità nel corso dei decenni o lo abbia fatto con cognizione di causa. Questo è un primo argomento. Ovviamente sono assolutamente favorevole ad un progetto di riforma della Rai, ma penso anche che questa che è la più grande azienda culturale italiana debba essere ottimizzata nel suo funzionamento. Ci sono tante cose che possono essere oggetto di risparmi, davvero molte, e invece mi pare che l'intento, fin qui trapelato, sia da parte del direttore generale Gubitosi, ma anche da parte del presidente del Consiglio Renzi, sia un intento che non ha nulla a che vedere con la possibilità di 'incrementare' la produttività della Rai e quindi aumentare le su performance. Mi pare che invece si voglia scimmiottare qualche altro sistema proveniente da altri mondi, altri Paesi, e si vogliamo proporre soluzioni che, a mio giudizio, non sono giuste e possono per altro essere negative sul piano della capacità di stare sul mercato da parte della Rai e quindi intercettare investitori, inserzionisti e sponsor.
Come dovrebbe essere, secondo il suo parere, questa riforma Rai?
Le eccellenze della Rai vanno salvaguardate, innanzitutto. Quindi intanto i tre telegiornali, secondo il mio modesto avviso, devono essere mantenuti, ovviamente cercando di lavorare sull'ottimizzazione dei costi, ma dalle simulazioni che abbiamo avuto non ci risulta che ci possano essere dei risparmi attraverso l'unificazione. Io rilancerei in maniera massiccia le sedi regionali, che sono molto sacrificate. Talvolta hanno delle sedi molto ampie che possono essere ridimensionate, proprio per andare incontro alla assoluta necessità di risparmio. Però penso che adeguatamente valorizzate, le sedi regionali possono essere anche volano per nuove economie e per raccontare le identità dell'Italia, le tipicità legate al territorio, monumenti, il paesaggio, le vocazioni turistiche, industriali, agricole, insomma tutto ciò che per ora sta sullo sfondo e non è diventato un grande momento di ricchezza per la Rai, ma che semplicemente si è ridotto a fare tre telegiornali al giorno dedicati alla politica locale, alla cronaca locale. È un po' poco, sinceramente. Posto che questa caratteristica è propria della Rai, non ce l'ha nessun altro. Io penso che da questa caratteristica possano uscire delle enormi opportunità.
Il premier, sempre in occasione dell'intervista a In mezz'ora, ha affermato di voler rottamare la riforma Gasparri, ma lo ha fatto sollevando un vespaio enorme: «Pensiamo che la Rai debba essere il grande motore dell’identità educativa e culturale del Paese e in quanto tale non possa essere normata da una legge che si chiama Gasparri. Lo dico perché ho un’idea dell’identità educativa e culturale diametralmente opposta a quella di Gasparri». Cosa ne pensa?
Intanto Renzi è stato un cafone. Penso che ormai si sia trasformato da 'rottamatore' in produttore di maleducazione. È il presidente del Consiglio. Un conto è che lo faccia il leader dell'opposizione, il cafone, un conto è che lo faccia la quarta carica dello Stato. Le riforme, in quanto tali, sono sempre migliorabili. Non si tratta di cambiare la Legge Gasparri perché non va bene Gasparri. Io non ho mai sentito, in tanti anni di attività politica, qualcuno che voglia cambiare una legge perché non gli sta simpatico il nome dell'allora proponente. Ripeto, possono essere delle battute utili per chi è all'opposizione, non per chi è al governo. Un po' di rispetto per chi lavora. Detto questo, Gasparri è la prima persona che è convinta che si possa e si debba fare qualche correzione a questa legge. Sinceramente non vedo quale possa essere il problema.
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