Becchi: eliminando le «Quirinarie», Grillo si mette nelle mani di Renzi
A pochi giorni dall'elezione del nuovo inquilino del Quirinale, Grillo chiede a Renzi di palesare i suoi candidati per sottoporli alla rete. Agli utenti, quindi, non verrà più chiesto di fare i nomi, ma di ratificarli. Lontani, i tempi in cui Rodotà arrivò persino a candidarsi alla presidenza della Repubblica. Salvo, poi, essere definito da Grillo «ottuagenario miracolato dalla Rete»
ROMA – Dal Movimento Cinque Stelle, evidente cambio di strategia, ripetto al 2013, per le «Quirinarie». I seguaci di Beppe Grillo, rinunciando all’idea programmatica di sondare direttamente le preferenze dei cittadini attraverso la rete, chiedono a Renzi di palesare la propria rosa di candidati per il Quirinale, in modo da poterla sottoporre al popolo del web: campagna martellata dal blog di Grillo con l’hashtag #fuoriinomi. Secondo i pentastellati, infatti, «i nomi che avrebbe fatto il M5S sarebbero stati tutti scartati come lo furono nel 2013» e il Presidente della Repubblica sarà necessariamente il «Presidente del Nazareno»: tanto vale, forse, non provarci nemmeno.
BECCHI: ADDIO DEMOCRAZIA DIRETTA - Per Luigi Di Maio, tuttavia, il metodo di «ratifica» via web offrirà agli utenti l’ultima parola: «Con il metodo M5S i cittadini saranno al centro dell'elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Renzi faccia i nomi in maniera trasparente, noi li faremo selezionare in rete ai cittadini e così decideremo chi votare il 29 gennaio, data del primo scrutinio per l'elezione del dodicesimo Presidente della Repubblica. Vogliamo eleggere un Capo dello Stato patrimonio degli Italiani», ha scritto oggi sul suo profilo facebook. Eppure, non è dello stesso avviso Paolo Becchi, ordinario di filosofia del diritto all'Università di Genova e un tempo considerato ideologo dei pentastellati (ora in rotta con Grillo): i seguaci di Beppe, per lui, starebbero infatti «tradendo la spirito originario del Movimento», e riducendo la rete a strumento per «ratificare addirittura nomi proposti da Renzi». Per il professore, dunque, questo sarà «un totale fallimento sia tattico che stategico dal momento che Renzi non farà alcun nome ed il moVimento non avrà un proprio candidato».
NEL 2013, LE QUIRINARIE 5STELLE ERANO PARTITE BENE... - Insomma, pare proprio che, dopo che Silvio, per la legge elettorale, è stato definito «prigioniero politico» del premier dai suoi stessi compagni di partito, rimettersi al Matteo fiorentino sia diventato di moda. Ora, poi, il premier si è dichiarato pronto ad aprire ai Cinque Stelle, e sembra addirittura intenzionato a giocare su due tavoli, interloquendo sia con Berlusconi sia con Grillo. Lontanissimi, i tempi in cui il Movimento cedeva la prima parola, e non l’ultima, ai cittadini proprio attraverso la rete, su un tema tanto fondamentale quanto quello dell’elezione del Presidente della Repubblica. In effetti, le Quirinarie cinque stelle, nel 2013, erano partite in grande stile: al 15 aprile 2013, avevano votato ben 28.518 persone, premiando su tutti Milena Gabanelli (5.796 voti), Gino Strada (4938 voti) e Stefano Rodotà (4677 voti). Un risultato di tutto rispetto, se si pensa che, quando i primi due della lista rifiutarono di candidarsi, il terzo classificato, il giurista Stefano Rodotà, invece accettò.
...MA ERANO FINITE MALE - E se anche la corsa al Quirinale si concluse con un affannato Napolitano-bis, quello fu il primo esperimento, unico nel suo genere, di «democrazia diretta» attraverso la rete nella storia della Repubblica. Un esperimento che pure, in fondo, non si concluse troppo bene, se pensiamo che due dei tre «finalisti» delle Quirinarie, Milena Gabanelli e Stefano Rodotà, sono finiti in rotta di collisione con lo stesso Beppe Grillo. Alla conduttrice di Report, per inimicarsi l'ex comico genovese, è bastata una puntata della sua trasmissione in cui si domandava «Che fine fanno i proventi del blog di Grillo?» e «quanto guadagna la Casaleggio Associati dalla pubblicità sul sito?». Il beneamato Stefano Rodotà, invece, aveva osato commentare sul Corriere la batosta ricevuta dai grillini alle ultime amministrative, dichiarando di non esserne stupito per due ragioni: «La prima è politica: hanno inciso sul voto i conflitti, le difficoltà e le polemiche di queste settimane. La seconda è che avevo detto che la parlamentarizzazione dei 5 Stelle non sarebbe stata indolore. E così è stato». Il giurista aveva anche «bacchettato» l’atteggiamento di Grillo verso gli elettori: «L’ho sentita troppe volte questa frase. Elettori immaturi, che non capiscono. Si dice quando si vuole sfuggire a un’analisi. Ma erano gli stessi elettori che li hanno votati alle Politiche. È una reazione emotiva, una spiegazione che non spiega nulla». La reazione dell’ex comico non si fece attendere: l’illustre candidato al Quirinale del Movimento, in un batter d’occhio, si trasformò così in un «ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi a cui auguriamo di rifondare la sinistra».
PER M5S, WEB ARMA A DOPPIO TAGLIO - Da quella volta, per il Movimento la rete si è trasformata, come ha notato Paolo Becchi, «da strumento efficace di democrazia diretta [...] in strumento di ratifica di decisioni già prese». Un esempio? L’elezione dei membri del CSM e della Consulta, dove gli utenti hanno finito per ratificare Zaccaria e Sciarra: per Becchi, questo sarebbe un metodo tipico della vecchia partitocrazia, metodo a cui il Movimento si proponeva di opporre un’alternativa concreta. D’altronde, la rete si è rivelata, per i Cinque Stelle, anche un’arma a doppio taglio: ad esempio, in occasione del tanto discusso e contestato voto via web che ha espulso i «dissidenti» Artini e Pinna.
RODOTÀ: IN PARLAMENTO LA RETE DA SOLA NON BASTA - Stefano Rodotà, in quell’intervista al Corriere che l’ha poi messo in rotta di collisione con l’ex comico, aveva affermato che, quando si lavora in Parlamento, «la rete da sola non basta»: «non è che di fronte a un emendamento in commissione vado a consultare la rete. Serve un cambiamento di passo. [...] Guardiamo l’ultima campagna elettorale: Grillo è partito dalla rete, poi ha riempito le piazze reali con lo tsunami tour. Ma ha ricevuto anche un’attenzione continua dalla televisione. Se si vuole sostenere che c’è una discontinuità radicale con il passato non è così: anche per Obama è stato lo stesso. Si parte dalla rete, ma poi si va oltre». Forse, ora i grillini sono d’accordo con lui. Forse, proprio questo stanno cercando di fare con le «semi-Quirinarie»: non puntare più tutto sulla rete. E andare oltre.
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