18 agosto 2025
Aggiornato 13:30
Europee 2014

Napolitano detta le «sue» regole su Europa e debito

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a poco più di un mese dalle elezioni europee, conferma con forza la propria fede nell'Unione europea, contrasta le spinte antieuropeiste e ripercorre la storia dell'Unione, dal dopoguerra alla nascita della Comunità fino ad oggi

ROMA - Sull'Europa non si torna indietro. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, a poco più di un mese dalle elezioni europee, conferma con forza la propria fede nell'Unione europea, contrasta le spinte antieuropeiste e ripercorre la storia dell'Unione, dal dopoguerra alla nascita della Comunità fino ad oggi. E precisa: il nostro debito pubblico, che pesa per 80 miliardi di spesa per interessi ogni anno, deve essere ridotto «non perché ce lo chiede l'Europa ma per i nostri figli». Perché non deve pesare sulle loro spalle.

Il Presidente ha rilasciato un'intervista a Fabio Fazio sulle tematiche europee, andata in onda ieri sera a «Che tempo che faq» su Rai Tre. L'intervista prende spunto dal libro «La via Maestra. L'Europa e l'Italia nel mondo» che raccoglie una serie di colloqui del Capo dello Stato con il giornalista Federico Rampini.

«Io - ha detto il presidente rispondendo alle domande di Fazio - non credo ad un'Europa che torni indietro, anche con tutti coloro che arrivassero da euroscettici al Parlamento europeo; forse qualcuno sarebbe anche conquistato da una conoscenza diretta, da una partecipazione diretta, poi ormai quello che si è costruito nei rapporti tra le società, tra le economie, tra le culture e anche tra i sistemi giuridici non può essere distrutto nemmeno da parte di chi lo voglia accanitamente».

«Ce lo chiede l'Europa - ha proseguito il capo dello Stato - non è una cattiva parola però suscita molti equivoci nel senso del significato più nobile o nell'uso più nobile che ne è stato fatto. Fu adoperata anche da uomini di governo italiani europeisti i quali ritenevano che per sbloccare certe situazioni in Italia, per determinare cambiamenti che erano necessari ma che tardavano a venire, occorresse una sollecitazione, una richiesta, una frusta dell'Europa».

«Quando si parla di necessità assoluta di ridurre il debito nostro, il debito pubblico in Italia, non si dice abbastanza che lo si deve fare non perché ce l'ha chiesto l'Europa ma perché è un dovere verso i giovani. Quando diciamo che dobbiamo sbarazzarci di questo fardello - ha aggiunto Napolitano - pensiamo soprattutto a loro, perché in Italia si è stati bravissimi nel gestire questa montagna di debito pubblico, bravissimi nel regolare le emissioni di titoli pubblici, nel controllare i tassi di interesse, ma ce lo portiamo sempre sulle spalle. Se lei pensa che oggi 80 miliardi di euro in un anno vanno pagati per gli interessi sui titoli del debito possiamo lasciare questo fardello sulle spalle dei giovani? Quindi, non solo ai giovani bisogna aprire delle prospettive di realizzazione e di lavoro, ma bisogna anche garantire che non debbano continuare a pagare per il debito che hanno contratto le generazioni più anziane».

Napolitano non nasconde la propria delusione per l'incapacità della Ue di dare «una risposta soddisfacente» alla crisi mondiale e per non essere riuscita a stabilire un rapporto più diretto con i cittadini. Ed in questo senso, secondo il presidente della Repubblica, bisogna «tenere aperta» la prospettiva di arrivare ad un'elezione a suffragio universale del Presidente europeo.

«Ho cercato in questo libro e in molti interventi che ho fatto da Presidente della Repubblica in questi anni di insistere su due aspetti - ha spiegato Napolitano - primo, la delusione motivata da fatti recenti o relativamente recenti, cioè l'incapacità dell'Unione Europea di dare una risposta soddisfacente alla crisi mondiale che è scoppiata nel 2008, quindi delusione in questo senso anche perché ci si era abituati all'idea che l'Europa significasse star meglio ogni volta rispetto all'anno precedente.
Se si pensa ai primi trent'anni della Comunità europea, fino a quando è stata battezzata Unione ed è cambiata col Trattato di Maastricht, è stata una specie di marcia trionfale: ogni anno si cresceva di più, c'era più occupazione e c'erano più diritti.
Qualche Paese come la Spagna si trasformò radicalmente, fece uno straordinario balzo in avanti grazie a questa capacità dell'Unione Europea di imprimere nuovo impulso, di esprimere un dinamismo, di trasmettere anche una solidarietà. Quindi per questo c'è delusione, perché invece, di fronte a una crisi di cui non c'erano precedenti nel mondo da molti decenni, l'Unione Europea ha reagito tardi, ha reagito tra molte difficoltà e in modo anche discutibile. L'altro motivo alla base di questa delusione
- ha aggiunto il capo dello Stato nell'intervista a Fabio Fazio per Che tempo che fa - è che l'Unione Europea non è riuscita, le Istituzioni dell'Unione non sono riuscite, a stabilire un rapporto più diretto con i cittadini innanzitutto in termini di informazione, di comunicazione come base di un coinvolgimento, del sentirsi in qualche modo partecipi delle decisioni e delle scelte che venivano fatte. Questo è un grosso tema che è oggi all'ordine del giorno».

Quanto all'ipotesi di un'elezione a suffragio universale del Presidente o di un Presidente europeo, del Presidente del Consiglio europeo «penso che questa sia una prospettiva da tenere aperta. Per il momento si fa, proprio ora in queste elezioni, un grosso passo in avanti con la designazione da parte dei partiti europei dei propri candidati al ruolo di Presidente della Commissione europea che sarebbe organo di governo dell'Unione Europea».