Investimenti economici in Iran da parte dell'Italia. Forse con Rohani è la volta buona
L'elezione del candidato riformista apre a nuove possibilità di investimento nel settore degli idrocarburi, e non solo. Tutto dipende dalla volontà occidentale di perseguire una politica di pace e cooperazione. Ma l'inizio non è promettente
TEHERAN - Doveva arrivare la vittoria dei reazionari religiosi sciiti che si stringono intorno alla guida suprema, l’ayatollah Ali Kahamenei, in carica dal lontano 1989, anno della caduta del muro di Berlino e della morte, ben più importante per gli eredi dei persiani, di Khomeini, il padre fondatore dell’attuale Iran. Forti del sostegno delle forze armate, dei guardiani della rivoluzione, della guida suprema, delle ricche fondazioni religiose e del voto popolare rurale, il candidato conservatore Ebrahim Raisi doveva avere la strada spianata verso la presidenza dell’Iran. Invece, il voto democratico ha dato la vittoria all’attuale presidente in carica, Hassan Rohani, con un ottimo margine di vantaggio: almeno cinque milioni di voti. Nessuno si aspettava un risultato così massiccio, perché la campagna della paura promossa contro il candidato riformista da parte della compagine religiosa è stata massiccia e duratura. Rohani ha fatto valere la distensione dei rapporti con gli Stati Uniti, quando ancora c’era alla presidenza Barck Obama, che ha portato alla cessazione, parziale, delle sanzioni che strangolavano l’economia iraniana. Il tutto in cambio del congelamento del processo produttivo che avrebbe portato in breve tempo alla prima bomba atomica iraniana della storia.
Riforme e affari
Ovviamente in tutto il mondo il risultato sorprendente di Rohani, che sancisce la volontà del popolo iraniano di vivere in pace con l’occidente - sono passati i tempi della feroce retorica anti statunitense e chiunque faccia un viaggio in Iran noterà che si tratta di un fenomeno ormai pittoresco, mentre la cultura occidentale dilaga soprattutto tra le moltitudini di giovani - al fine di instaurare un proficuo sviluppo commerciale che molto gioverebbe alle economie dell’Iran e non solo. Ma nel giorno in cui l’oriente si avvicina all’occidente, giungono le parole del presidente statunitense Donald Trump: il quale qualche giorno fa dall’Arabia Saudita ha accusato l’Iran del moderato Rohani di essere il maggiore sponsor mondiale del terrorismo. Parole pronunciate per compiacere l’alleato saudita, nemico acerrimo dello sciismo iraniano, nonché Nethanyahu e lo stato di Israele, che temono l’interventismo militare dell’Iran in Siria ed in Libano.
Conservatori sconfitti
Circa il 70% degli aventi diritto è andato a votare, e la sera del risultato elettorale che ha visto trionfare un uomo che non guarda pregiudizialmente verso l’occidente, centinaia di migliaia di persone si sono riversate in strada per festeggiare. Le parole del presidente Usa sono quindi giunte come una doccia ghiacciata, e sono suonate come un’inutile prova muscolare verso un paese che sta cercando di avvicinarsi, per altro correndo enormi rischi interni. Non a caso, i conservatori appena sconfitti hanno potuto rinvigorire la propaganda anti europea e anti statunitense, accusando il presidente Rohani di essere un servo dell’occidente. Lui ha dovuto utilizzare toni bellicosi per contrastare le parole del presidente Usa: «La nazione iraniana, con i suoi rappresentanti diplomatici e militari ha aiutato due grandi popoli, quello iracheno e quello siriano. Noi continueremo a farlo. Senza l’aiuto dell’Iran nessuna stabilità è possibile per il Medio Oriente». Non solo: il portavoce del Ministro degli Esteri iraniano ha chiesto agli Stati Uniti di «smettere di fornire armi ai principali sponsor del terrorismo», cioè proprio l’Arabia Saudita. Cosa per altro nota.
Italia coinvolta direttamente
L’interesse italiano, come spesso accade, va in direzione diametralmente opposta. Una distensione dei rapporti politici tra l’Iran e l’occidente aprirebbe sicuramente nuovi mercati alle esportazioni italiane. Non solo: investimenti nel settore degli idrocarburi - ma anche del settore agricolo - sarebbero a portata di mano per le aziende strategiche del settore, Eni in primis. I vertici politici, scientifici e culturali dell’Iran sono molto interessati all’apertura dei mercati, in particolare verso il nostro paese. Ma il Belpaese è bloccato sullo scacchiere geopolitico globale dal convitato di pietra, Vladimir Putin e la Russia. La prospettiva di una rottura dell’asse Iran-Russia appare molto più allettante agli Stati Uniti degli interessi economici italiani ed europei. Così il gioco, al massacro, del terrorismo unito alla propaganda continua nonostante l’elezione di Rohani.
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