Iran, non si fermano le proteste. Teheran accusa USA ed Europa
Teheran ha accusato oggi Stati Uniti ed Europa di sostenere le proteste in corso da 10 giorni nel Paese dopo la morte di Mahsa Amini deceduta dopo essere stata arrestata per aver indossato «in modo inappropriato» il velo

Teheran ha accusato oggi Stati Uniti ed Europa di sostenere le proteste in corso da 10 giorni nel Paese dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne originaria della provincia curda deceduta dopo essere stata arrestata nella capitale iraniana dalla «polizia della moralità» per aver indossato «in modo inappropriato» il velo. Proteste che hanno causato finora almeno 41 morti, stando al bilancio fornito dalle autorità iraniane, e che hanno portato all'arresto di oltre 1.000 persone.
«I leader politici americani ed europei, le loro agenzie di stampa e i media in lingua persiana sostenuti dall'Occidente hanno sfruttato il tragico incidente della morte di una giovane donna e hanno sostenuto rivoltosi e violatori della sicurezza nazionale del Paese con il motto di sostenere i diritti della nazione iraniana. Non hanno lasciato nulla di intentato al riguardo», ha detto oggi il portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanaani, sottolineando che «coloro che affermano di difendere i diritti della nazione iraniana» dovrebbero mettere fine a «decenni di sanzioni crudeli e disumane contro la nazione iraniana».
Iniziate nelle regioni curde del Paese subito dopo la morte di Mahsa, il 16 settembre scorso, le manifestazioni si sono poi estese a diverse città iraniane, dove sono state in particolare le donne a guidare le proteste, spesso togliendo il velo e dandolo alle fiamme, stando ai video fatti circolare sui social media. Tanti gli slogan contro il governo scanditi durante le dimostrazioni di piazza.
Ieri il presidente iraniano Ebrahim Raisi ha descritto le proteste come «rivolte», invitando «le autorità interessate ad agire con fermezza contro coloro che minano la sicurezza e la pace del Paese e della popolazione».
E oggi i Guardiani della rivoluzione hanno quindi riferito di aver messo a segno un nuovo attacco contro «postazioni di gruppi terroristici» nel Kurdistan iracheno, precisando che è iniziata sabato scorso «la prima fase degli attacchi contro i terroristi che hanno innescato rivolte e disordini lungo le città di confine nell'ovest dell'Iran». I media iracheni hanno confermato che si tratta del terzo giorno consecutivo di bombardamenti iraniani nell'area di Sidakan, nella provincia di Erbil, confinante con l'Iran. Al momento non risultano vittime.
Le autorità iraniane hanno inoltre arrestato 18 giornalisti dall'inizio delle proteste scatenate dalla morte il 16 settembre di una giovane donna, Mahsa Amini, arrestata dalla polizia locale, ha annunciato oggi il Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ).
Il CPJ ha affermato in un comunicato di «aver appreso da più fonti in Iran che almeno 18 giornalisti sono stati arrestati», di cui molti durante i raid notturni nelle loro case e «senza mandati di arresto o spiegazione delle accuse».
(con fonte Askanews)
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