19 aprile 2024
Aggiornato 01:30
L'epilogo è ancora lontano

L'odissea infinita tra Turchia e Ue: un cinquantennio di negoziati falliti

Era il lontano 1963, quando per la prima volta si ventilò un avvicinamento significativo di Ankara in direzione dell'Europa. Oggi, la prospettiva di una Turchia nell'Ue è (per fortuna) ancora lontana

Il presidente turco Tayyp Recep Erdogan.
Il presidente turco Tayyp Recep Erdogan. Foto: Shutterstock

BRUXELLES - Era il lontano 1963, quando per la prima volta si ventilò un avvicinamento significativo della Turchia in direzione dell'Europa. In quell'anno, infatti, venne firmato un accordo di associazione tra la Comunità europea e il gigante turco. 24 anni più tardi, nel 1987, la Turchia chiedeva di aderire alla Cee, la Comunità economica europea. Oggi, trent'anni più tardi, il mondo è cambiato, ma non troppo: il muro di Berlino non c'è più, ma una barriera invisibile sembra contrapporre Ovest ed Est; il processo di integrazione europea ha portato alla costituzione dell'Unione, che però, ad oggi, è tutt'altro che in buona salute; e la Turchia, nonostante un decennio di negoziati ufficiali, ancora non ne fa parte.

Leggi anche «Se la Turchia 'tradisce' Europa e America con Russia e Cina»

Dal 1999 la Turchia è un Paese candidato per entrare nell'Ue
Il dossier turco, in effetti, ha una storia lunga, complessa e ricca di ostacoli. L'ultimo in ordine di tempo è la risoluzione votata dall'Europarlamento, non vincolante a livello normativo, che chiede uno stop dei negoziati a causa della deriva autoritaria del Paese e dello stato dei diritti umani. In effetti, mentre ad alcuni Paesi, per entrare nell'Ue, ci sono voluti non più di 3 anni, Ankara è bloccata nell'anticamera dell'Unione da dieci volte tanto. E' nel 1999 che la Turchia ha ufficialmente ottenuto lo status di Paese candidato, in seguito al Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999. Cinque anni più tardi, nella riunione del 16 e 17 dicembre 2004, il Consiglio europeo ha deciso che la Turchia soddisfaceva sufficientemente i criteri per l'avvio dei negoziati di adesione.

I negoziati sono in corso dal 2005
Negoziati che sono stati ufficialmente avviati nell'ottobre 2015,  nell'ambito di una conferenza intergovernativa. Tre anni dopo, il 18 febbraio 2008, il Consiglio ha adottato il partenariato per l'adesione riveduto con la Turchia. E se ad oggi la prospettiva dell'entrata di Ankara nell'Ue è sempre più lontana, non più di una decina di anni fa la partita sembrava ancora aperta, anche se non di semplice risoluzione. Il dibattito in proposito è stato favorito nel 2002 dalla prima vittoria dell'AKP alle elezioni, dopo una decisa campagna di riforme pro-Ue, che ha causato l'orientamento dell'opinione pubblica turca in senso occidentale.

L'ostacolo di Cipro
Una prima decisa battuta d'arresto nei negoziati è stata registrata nel dicembre 2006, a causa del rifiuto da parte della Turchia di aprire i suoi porti ed aeroporti al traffico da Cipro, come previsto dall’Unione doganale tra Ue e Turchia conclusa nel 1996. Il Governo turco ha motivato la sua decisione sostenendo che l’Unione non avrebbe rispettato la promessa di allentare una serie di restrizioni commerciali e di altro genere su Cipro Nord. In generale, l'annosa questione di Cipro, ancora aperta tra Atene e Ankara, ha rappresentato un grosso ostacolo all'esito positivo dei negoziati.

La confusione della classe politica
Anche la classe politica europa, sul tema, era piuttosto divisa, perché consapevole delle forti resistenze all'idea di una Turchia europea nell'opinione pubblica. Mentre da George Bush è giunta una sostanziale benedizione al processo negoziale che avrebbe favorito l'ingresso di Ankara, grande esercito della Nato, nell'Ue, uno dei Paesi più scettici in proposito era la Francia, timorosa, in particolare, di una nuova ondata di «immigrazione islamica». L'ex presidente Chirac, dopo essersi espresso positivamente sul dossier turco, si è fatto interprete delle perplessità dell’opinione pubblica, promettendo un referendum e facendo approvare una legge in tal senso. Il suo successore Sarkozy si è invece più volte espresso esplicitamente contro l'adesione della Turchia nell'Unione, prospettiva alla quale preferiva lo scenario di una «partnership privilegiata»

Merkel e Sarkozy i più dubbiosi
Ma il dibattito non ferveva, in quegli anni, solo in Francia. In Germania, la cancelliera Angela Merkel ha subito sostanzialmente condiviso la linea Sarkozy, pur non avendo mai chiesto che l'Ue ritrattasse gli impegni presi a Helsinki. Gli Stati membri più dubbiosi, insieme a Parigi e Berlino, erano Austria e Danimarca, mentre quelli che si segnalavano per l’aperto sostegno alla candidatura turca erano l’Italia, il Regno Unito, la Spagna, la Polonia e la Romania. Erano gli anni immediatamente successivi alla bocciatura della Costituzione europea, e il dibattito sull'identità cristiana dell’Europa era particolarmente sentito. Spalancare le porte dell’Ue alla Turchia avrebbe comportato una  ridefinizione dell’idea di Europa, sia dal punto di vista geografico che politico. Oltretutto, un «matrimonio» con Ankara avrebbe portato l’Ue a confinare con contesti mediorientali fortemente instabili, e avrebbe reso la Turchia a maggioranza islamica il secondo Paese più popoloso dell’Ue.

Il rapporto Ue del 2008: una brusca frenata
Perplessità che oggi rimangono, addirittura accresciute dall’inversione a U della Turchia di Erdogan, avviata sempre più sulla strada dell’autoritarismo. Già nel 2008 un rapporto della Commissione europea evidenziava la mancata attuazione, da parte del governo di Ankara, dei progetti di riforma richiesti per l’avanzamento dei negoziati: tra i punti più delicati, il divieto di utilizzare la lingua curda a scuola, in politica o nei media; le discriminazioni contro gli omosessuali; gli abusi di potere e le violenze della polizia; l’aumento dei casi di tortura; gli omicidi d'onore, la violenza domestica e i matrimoni forzati; la chiusura di diversi siti internet (tra cui You Tube); il reato, limitativo della libertà di espressione, vagamente definito di «offesa alla dignità turca».

2015: l'accordo sui migranti e il rilancio dei negoziati (per poco)
Nel 2015 il processo di adesione turca è stato rilanciato, dopo che, nel maggio 2015, la 53esima sessione del consiglio di associazione Ue-Turchia si è tenuta a Bruxelles per riesaminare le relazioni UE-Turchia, il processo di adesione e il dialogo di politica estera UE-Turchia su numerose questioni di interesse comune e in particolare su Siria e Iraq. L’accordo sui migranti stretto tra Bruxelles e Ankara ha costituito l’occasione per ridare un impulso al dialogo, visto che prevedeva, come «clausola» in cambio dell'impegno di Ankara a trattenere i rifugiati entro i propri confini, proprio l’accelerazione dei negoziati. Ma il colpo di stato e le successive repressioni attuate da Erdogan hanno sferrato la definitiva battuta d’arresto al processo. L’ultimo rapporto diffuso dalla Commissione europea ha avuto toni tutt’altro che positivi e sembra allontanare ulteriormente la prospettiva di un «matrimonio» turco-europeo.

Passi indietro
Secondo il documento, in Turchia «ci sono stati dei passi indietro nel settore pubblico e nella gestione delle risorse umane, in particolare nel periodo successivo al tentativo di colpo di stato», ma anche nell’area della libertà d’espressione e nel settore dell’indipendenza del potere giudiziario. Secondo Ankara, i provvedimenti straordinari che l’Ue tanto critica non sono che le risposte a un momento storico eccezionale. Secondo Omer Celik, ministro turco per gli Affari Ue, alcune sezioni del rapporto non sono obiettive e nemmeno costruttive. La Turchia, sottolinea Celik, ha dimostrato di essere una democrazia di prima classe, anzi, di aver riscritto la storia europea e mondiale della democrazia. Perciò, aggiunge Celik, la lotta senza quartiere ai gulenisti deve essere interpretata come una lotta in difesa della democrazia.

L'anticamera della Turchia per entrare in Ue è ancora lunga
Una versione che, però, non sembra convincere l’Europa. Le cui perplessità sono state vividamente fotografate dal recente voto del Parlamento europeo, che pure da Ankara hanno liquidato come inutile e privo di significato. La verità, ad ogni modo, è che l’anticamera dell’Ue per la Turchia pare ancora (fortunatamente, visto lo stato dell'arte) decisamente lunga, nonostante duri già da 50 anni. Tanto che Erdogan, ex migliore amico dell’Occidente, non ha mancato di ventilare nuovamente un avvicinamento all’Sco, e in particolare a Russia e Cina, ed è tornato a minacciare l’Europa di fare dell’accordo sui migranti carta straccia. Un’odissea che sembra ancora lontana dall’epilogo.