Attento Obama, la Cina sta con Putin
Nella questione siriana, Washington ha un altro, minaccioso nemico: Pechino, che da sempre sposa la linea russa a sostegno di Assad. E mentre il web e i media cinesi sostengono apertamente Putin, circolano voci su un prossimo maggiore attivismo cinese nello scenario mediorientale...
PECHINO – Tra Mosca e Washington spunta il terzo incomodo (specialmente per Washington): Pechino. Se la Siria è il principale teatro dove si sta giocando la Guerra fredda del nuovo millennio, qualcuno ventila la possibilità che diventi anche l’orizzonte su cui la tanto temuta (e ancora scricchiolante) alleanza Russia-Cina potrà cementificarsi. Nelle scorse settimane, infatti, è circolata sul web la notizia secondo cui la portaerei cinese Liaoning sarebbe arrivata in Siria per affiancare i russi nella lotta all’Isis. La fonte è il sito arabo Al Masdar News, che ha fatto riferimento addirittura a una non ben specificata nave cinese che avrebbe attraversato il Canale di Suez con destinazione non conosciuta, ma probabilmente coincidente con la Siria. La Pravda ha quindi rilanciato, sostenendo che – come riferito dal senatore russo Igor Morozov – la Cina avrebbe aderito all’operazione anti-Isis di Mosca ordinando a un suo incrociatore di entrare nel Mediterraneo. E’ questo l’inizio di un’intesa più ampia, un’intesa che potrebbe spaventare Washington?
Pechino tifa per Assad
Forse è ancora presto per dirlo. Di certo, Pechino deve aver compreso che, per «accattivarsi» gli Ayatollah, la parte «giusta» con cui schierarsi non è quella americana. D’altra parte, come membro del Consiglio di Sicurezza Onu, i cinesi hanno da sempre opposto il veto all’intervento armato in Siria contro Assad, sposando la linea di Putin e suscitando l’ira dell’Occidente. Fino ad ora, Pechino ha studiato la situazione da dietro le quinte, limitandosi a bloccare i tentativi internazionali di rimuovere il presidente siriano dall’alto del suo seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, e a incitare i Paesi europei ad accogliere più rifugiati. Ma secondo alcuni, il grande Paese dell’Estremo Oriente starebbe lentamente virando verso una linea più attiva e decisa.
I media e il web sostengono Putin
Quello che, per ora, è certo è che l’intervento russo in Siria è stato accolto dall’opinione pubblica e dai media cinesi con inedito entusiasmo. Come sottolineato da Foreign Policy, il web ideogrammato è sommerso da manifestazione di sostegno e ammirazione verso quel Putin che, spalleggiando Assad, sta progressivamente isolando la superpotenza americana, da sempre interessata a far cadere il «tiranno». «La Russia sta decisamente mettendo le cose a posto», commenta un «cittadino della rete» cinese. C’è chi, addirittura, attribuisce al presidente russo il titolo di «Imperatore Putin», riconoscendolo vittorioso nella battaglia ingaggiata con Obama. I media orientali, poi, considerano l’intervento di Putin come una misura attesa e necessaria, accolta con favore tanto dal governo quanto dal popolo siriano. Il 12 ottobre, un editoriale dell’agenzia Xinuha definiva l’attivismo russo una mossa cruciale per garantire l’auspicata soluzione politica in Siria. Nei giorni immediatamente successivi, la testata statale Global Times, dopo la manifestazione pro-Mosca del 13 ottobre, titolava: «Il popolo siriano raccolto per ringraziare la Russia». L’interpretazione fornita da Pechino della crisi siriana è insomma del tutto concorde alla linea sposata da Putin: mentre l’intervento americano a favore dei ribelli è illegale perché non rispetta la sovranità della Siria, al contrario, quello di Mosca, richiesto da Assad, è perfettamente legittimo, e, quel che più conta, assolutamente necessario.
Le colpe di Washington agli occhi di Pechino
I media cinesi, peraltro, imputano a Washington di equivocare costantemente le mosse del suo eterno rivale russo. Per l’agenzia Xinuha, le accuse americane riguardo all’obiettivo dei raid russi – che non sarebbe tanto lo Stato islamico, quanto i ribelli – sono del tutto prive di significato: il punto sarebbe invece la differente definizione del «target Stato islamico» accordata da Stati Uniti e Russia. Addirittura, il quotidiano del Partito Comunista cinese People’s Daily ritiene Washington e i media occidentali colpevoli di rivitalizzare «mentalmente» la Guerra fredda con il pretesto della Siria, quando la Russia non sta facendo altro che combattere legittimamente il terrorismo. La testata ha inoltre suggerito la possibilità che l’intervento di Mosca giovi, invece, alle relazioni con l’Occidente, in vista della costruzione di nuovi canali di collaborazione con la Russia.
Con Russia e Iran, un asse pericoloso
Che un tale sostegno di media statali e opinione pubblica cinese sia la spia di un vicino concreto intervento militare di Pechino a fianco di Putin è per ora impossibile sostenerlo. Neppure la presenza di una nave militare cinese è un indizio sufficiente per sposare questa interpretazione. Quel che più conta, però, è che quella mossa militare, così come l’endorsement della stampa (di Stato) e del web, hanno un innegabile significato politico: significato davanti al quale Washigton, che non da oggi guarda con apprensione le dinamiche mediorientali dell’asse Russia-Cina-Iran, difficilmente potrà chiudere gli occhi e dormire sonni tranquilli.
- 27/10/2019 La fine di al-Baghdadi, Donald Trump: «E' morto da codardo»
- 03/04/2019 Isis sconfitto o «disperso»? Il rischio del «mito» del Califfato
- 09/01/2019 Terrorismo e immigrazione clandestina, tunisino pentito: in Italia rischio di un esercito di kamikaze
- 21/12/2018 Il «pacifico» Marocco torna ad essere patria di jihadisti?