Orban all'ONU: «Se la tendenza attuale non cambia, l'Europa sarà destabilizzata»
Il capo del governo di Budapest. «Questa non è una crisi di rifugiati, quelli che arrivano sono migranti economici, rifugiati, richiedenti asilo e foreign fighter». Ban è stato tutt'altro che diplomatico. «Il futuro non appartiene a coloro che cercano di costruire dei muri e sfruttare la paura».
NEW YORK - Viktor Orban, il primo ministro ungherese, s'è trovato ieri sulla difensiva, dopo che la sua linea sulla crisi dei migranti è stata attaccata di petto dal segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki-moon durante una riunione sui temi delle migrazioni organizzata al Palazzo di Vetro a latere dell'Assemblea generale dell'Onu. E ha affermato a sua difesa che, per l'Europa, l'afflusso massiccio di migranti porta con sé un rischio di destabilizzazione.
Ban è stato tutt'altro che diplomatico. «Il futuro non appartiene a coloro che cercano di costruire dei muri e sfruttare la paura». E nessuno ha avuto alcun dubbio che l'obiettivo dell'attacco fosse lui: il suo governo ha voluto una barriera di filo spinato lungo il confine con la Serbia, poi anche con quello con la Croazia, proprio per bloccare l'afflusso dei migranti, prevalentemente gente in fuga dal conflitto siriano e da altre guerre mediorientali e africane.
«L'Europa non può sopportare da sola questo fardello. Se la tendenza attuale non cambia, l'Europa sarà destabilizzata», ha detto il capo del governo di Budapest. «Questa non è una crisi di rifugiati», ha continuato, affermando che dentro ci sono «migranti economici, rifugiati, richiedenti asilo e foreign fighter».
Non sono argomenti nuovi per Orban
Il premier magiaro, in calo nei sondaggi in Ungheria, deve guardarsi le spalle da una concorrenza a destra - a partire dal movimento xenofobo Jobbik, percepito - che lo porta sempre più a scivolare verso una retorica anti-immigrazione. Da qui il richiamo continuo a una presunta minaccia per le radici cristiane dell'Europa, alla luce del fatto che una buona parte dei migranti sono di religione islamica.
La proposta, abbastanza provocatoria, partita da Orban è quella di «quote mondiali» per ripartire il peso delle migrazioni. Sostanzialmente, il primo ministro vorrebbe spalmare su scala globale quello che ha dovuto inghiottire forzatamente su base continentale, dopo che il Consiglio europeo ha deciso di applicare la logica delle quote obbligatorie tra i paesi dell'Unione europea.
Solo a settembre in Germania 270mila profughi
Al di là della posizione scomoda assunta da Orban, il tema delle migrazioni esiste. Diversi paesi hanno sottolineato il problema. L'Austria ha segnalato di aver visto passare nel suo territorio qualcosa come 80-90mila migranti. Alexis Tsipras, il rieletto primo ministro greco di sinistra, ha detto che «più di 300mila persone hanno attraversato la frontiera greca in rotta verso l'Europa del Nord». E nel solo mese di settembre in Germania sono arrivati tra 270mila e 280mila profughi.
Una soluzione l'ha proposta il primo ministro turco Ahmet Davutoglu, che ha suggerito ancora una volta, senza riscuotere grande successo, di tenere i siriani che fuggono dalla guerra in «zone sicure» in territorio siriano, vicino alla frontiera turca. Il Paese della mezzaluna ospita già due milioni di rifugiati, ben più di quanti siano arrivati in Europa.
Secondo l'Alto commisario dell'Onu per i rifugiati Antonio Guterres, i profughi causati da conflitti sono quadruplicati nel mondo, passando da 11mila persone al giorno nel 2010 e 42.500 nel 2014. «E il numero dei migranti economici non possono che aumentare negli anni a venire», ha aggiunto, invitando gli stati ad «assumersi le loro responsabilità».
L'appello è stato ascoltato dai paesi del G7 e quelli del Golfo, che si sono impegnati ieri sera a fornire 1,8 miliardi di dollari alle agenzie Onu che aiutano i siriani. Il Giappone, dal canto suo, ci ha aggiunto 1,5 miliardi. Tuttavia, più che i soldi, il tema sono le persone che si mettono in viaggio, rischiando la vita in mare, per trovare un futuro. E i paesi dovranno decidere se optare per una soluzione «ungherese», o ascoltare Ban che chiede ai paesi di ragionare «con creatività, compassione e coraggio».
(con fonte Askanews)
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