18 aprile 2024
Aggiornato 23:00
Il welfare italiano il più caro d'Europa

Welfare mio quanto mi costi, ma il problema non sono le pensioni

Il costo del welfare, in Italia, corrisponde a circa il 27% del Pil e grava per oltre il 54% sull'intera spesa pubblica. Più che dalle pensioni, però, i problemi derivano dai contributi assistenziali

Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan.
Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan. Foto: Giuseppe Lami ANSA

ROMA – Il Welfare italiano è il più caro d'Europa. Lo rivela, a sorpresa, il Quarto rapporto di Itinerari previdenziali che accende un faro sul confronto con gli altri paesi comunitari. Chi credeva che i paesi scandinavi spendessero più del piccolo Stivale per le prestazioni sociali si sbagliava, e non di poco. La spesa del Belpaese nel 2015 ammontava a circa 447,396 miliardi di euro. Una cifra monstre che incide per il oltre il 54% sull'intera spesa pubblica, peraltro comprensiva anche degli interessi sul debito.

La spesa per il welfare è il 27% del Pil
La spesa destinata al Welfare, in Italia, corrisponde a circa il 27,34% del Pil. Una zavorra enorme per la crescita economica nazionale e un onore difficilmente sostenibile nel lungo periodo. Secondo i dati appena pubblicati del Quarto rapporto di Itinerari previdenziali, per pagare il conto totale delle prestazioni sociali occorrono (il riferimento è all'anno 2014) tutti i contributi previdenziali, quelli versati all'Inail, tutta l'Irpef, l'Ires, l'Irap e il 36% dell'Isos. In poche parole, il welfare italiano è un macigno che grava sulle spalle delle generazioni future, perché limita in maniera significativa i margini di manovra dell'Esecutivo per destinare le risorse pubbliche a investimenti in ricerca e sviluppo.

Troppi contributi assistenziali in Italia
Ma dallo studio in questione emerge un altro dato rilevante sulla questione. La spesa netta per le pensioni è stabile e in linea con la media dell'Unione europea, sono invece le spese assistenziali a fare la differenza con gli altri paesi comunitari. Come riporta Paolo Baroni su La Stampa, nel 2015 ne hanno beneficiato circa 8.305.859 persone (che corrisponde al 51,34% dei pensionati!) per una spesa totale di 103 miliardi, completamente a carico della fiscalità generale. Negli ultimi 5 anni, in particolare, si è andato rafforzando un trend di continua crescita per le pensioni di invalidità civile e le indennità di accompagnamento, oltre alle pensioni e gli assegni sociali.

La distribuzione regionale del welfare
In diminuzione sono solo le pensioni di guerra (per evidenti ragioni anagrafiche dei beneficiari). Un altro dato rilevante emerso dallo studio di Itinerari previdenziali riguarda la distribuzione territoriale delle spese per il welfare. Le regioni con la percentuale più elevata di pensioni di anzianità erogate sul totale sono quelle del Nord Italia (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Veneto), mentre in fondo alla classifica si trovano le regioni del Centro-Sud (a eccezione della Sicilia che è a metà classifica). Ma l'unica regione con un saldo positivo è il Trentino Alto Adige, mentre le altre riescono a coprire le spese per il welfare solo grazie all'aiuto dello Stato centrale.

Torna lo spettro del «welfare shopping»
La Lombardia in questo senso è la più virtuosa, con un tasso di copertura intorno al 97%, seguono Lazio ed Emilia Romagna con valori intorno all'87%. Non sorprende quindi che con la diffusione del Quarto rapporto di Itinerari previdenziali si (ri)affacci anche lo spettro del «welfare shopping» e la paura che l'arrivo di rifugiati e migranti in paesi particolarmente generosi per quanto riguarda le prestazioni sociali si trasformi in un macigno capace di far affogare l'intero sistema paese, che ha già evidenti difficoltà di galleggiamento. I welfare più sviluppati, come quello italiano (che ha una delle spese per assistenza sanitaria più alte d'Europa), attraggono un numero sempre crescente di indigenti stranieri e per questo potrebbero ritrovarsi invischiati in una spirale rovinosa per l'economia nazionale.