29 marzo 2024
Aggiornato 09:00
Verso il Grexit

Dopo l'«oki» dei greci, ora il taglio del debito

E’ un dato di fatto che i greci non siano in grado di ripagare l’intero debito e l’unica strada percorribile sarebbe quella di una ristrutturazione. Tuttavia, la Germania continua a pretendere che Atene onori l’importo fino all’ultimo euro

ROMA – Dopo l’ «oki» dei greci, l’Unione Europea è entrata definitivamente in un territorio inesplorato. Oggi alle 23 si terrà un vertice straordinario tra i ministri delle finanze della zona euro, ma non ci sarà Yanis Varoufakis: il ministro ellenico si è dimesso questa mattina per agevolare le trattative tra Atene e Bruxelles. Alexis Tsipras si dice pronto al compromesso e intende riprendere i negoziati, forte del successo popolare, ma Angela Merkel ha gelato le cancellerie europee sottolineando che «Non ci sono i presupposti per nuove trattative.» Dove porterà il muro contro muro tra la Grecia e la Germania?

Ora tocca alla BCE
La prossima deadline è quella del 20 luglio. E adesso, dopo che i greci hanno espresso liberamente e democraticamente la loro volontà, la palla passa alla BCE. Il mancato pagamento da parte del governo greco della rata destinata al FMI (il mese scorso) ha fatto scattare la procedura di default selettivo, e tecnicamente la Grecia ora risulta in «arretrato». Ma il peggio deve ancora venire.  Atene deve rimborsare entro il 20 di questo mese 3,6 miliardi di euro alla BCE, e se non dovesse rispettare l’accordo, il default sarebbe inevitabile. Inoltre è già emergenza liquidità, perché nel ventre delle banche elleniche è rimasto solo un miliardo di euro, e la Grecia non potrà sopravvivere a lungo. Al momento sembra impossibile che gli sportelli bancari possano riaprire questa settimana, come aveva assicurato Varoufakis prima dello svolgimento del referendum, e la prima a doversi esprimere sarà proprio la BCE.

L’austerity ha fallito
 E’ un dato di fatto che i greci non siano in grado di ripagare l’intero debito e l’unica strada percorribile sarebbe quella di una ristrutturazione. Tuttavia, la Germania continua a pretendere che Atene onori l’importo fino all’ultimo euro, anche le la Grecia è chiaramente in bancarotta e la sua economia nazionale al collasso. Il debito pubblico greco oggi vale 323 miliardi di euro, ed è pari a circa il 175% del Pil. Forzare ancora la mano significherebbe spingere l’Unione Europea – non solo la Grecia – verso un suicidio collettivo, perché il Grexit potrebbe determinare un effetto domino e il caos sui mercati finanziari. E’ giusto che Bruxelles pretenda delle riforme da parte del governo ateniese, ma un hair cut è quantomeno indispensabile: così come, d’altronde, è stato fatto per il debito pubblico tedesco nel 1953. Vale la pena ricordare che dal 2010 al 2014 si è registrato un paradossale aumento del debito (proprio durante il «salvataggio» e le ricette della Troika) passando dal 129,7% del 2010 al 177,1% del 2014: ma come, non doveva funzionare l’austerity? 

Cambiare si può
Inoltre il 77% di tutti gli aiuti è finito esclusivamente nel settore finanziario, allo scopo di salvare le banche europee esposte nei confronti della Grecia. In pratica, una partita di giro: nel 2009 le banche francesi erano esposte per oltre 78 miliardi di euro e quelle tedesche per 45; nel 2014 l’esposizione è passata rispettivamente a meno di due nel caso della Francia e a 13,5 nel caso della Germania. L’austerity, invece, ha avuto pesanti effetti collaterali sull’economia greca:  dal 2009 ad oggi la disoccupazione è aumenta di oltre 8 punti percentuali passando dal 18 al 26,5%. Il crollo degli investimenti pubblici, dal 20,9% (sul Pil) del 2009 all’11,6% si è accompagnata ad una contrazione del Pil pro-capite di quasi 6000 euro. Allo stato attuale, il debito pubblico ateniese è carta straccia: semplicemente perché non può essere restituito.  A questo punto della storia non importa di chi sia la colpa - se dei tedeschi, dei greci o dell’Europa tutta – serve un cambio di rotta, di prospettiva, di intenti. O a pagarne le conseguenze sarà l’intero continente, non Alexis Tsipras.