29 marzo 2024
Aggiornato 10:30
Uno studio pubblicato sull'Economist descrive uno scenario apocalittico

Se dovesse arrivare un'altra crisi economica avrebbe l'effetto di uno tsunami

Durante l’ultima crisi finanziaria internazionale i governi hanno esaurito quasi completamente i loro arsenali economici, e con essi la possibilità di reagire tempestivamente a una nuova crisi

ROMA – Uno studio realizzato da l’Economist fa venire i brividi. L’economia globale, stando alla recentissima pubblicazione, sarebbe destinata a entrare in un’altra recessione. Ma, oltre a questa brutta notizia, c’è di peggio. A differenza dell’ultima volta, infatti, se dovesse sopraggiungere una nuova crisi economica globale i governi non sarebbero più in grado di farvi fronte.

Una previsione apocalittica
Un recente articolo pubblicato sull’Economist descrive uno scenario dai risvolti apocalittici. Durante l’ultima crisi finanziaria internazionale i governi hanno esaurito quasi completamente i loro arsenali economici, e con essi la possibilità di reagire tempestivamente a una nuova crisi. Per aiutare l’economia, la strada intrapresa dalla politica economica internazionale è stata quella di abbassare drasticamente i tassi d’interesse e aumentare la spesa pubblica. Gli effetti devastanti della crisi del 2007 sono stati così arginati. Ora, però, i tassi di riferimento delle banche centrali si sono assestati poco al di sopra dello zero e il debito pubblico di molti paesi è cresciuto in maniera esponenziale. Questo significa che la maggior parte dei paesi sviluppati oggi si trova nell’impossibilità di reagire a una nuova crisi economica.

La trappola della liquidità
Secondo lo studio pubblicato dal quotidiano britannico, i tassi d’interesse delle banche centrali hanno raggiunto un livello molto basso rispetto alle serie storiche in archivio, e la media dei paesi ricchi corrisponde oggi circa allo 0,3%. Questo significa che la politica monetaria ha un margine di manovra quasi nullo, perché siamo vicini alla famosa «trappola della liquidità» keynesiana. In economia con questa definizione si fa riferimento a una situazione nella quale i tassi d’interesse non possono più essere abbassati per rilanciare gli investimenti (e con essi l’economia reale). Il costo del denaro è talmente basso da risultare ormai ininfluente, e per questa ragione la domanda di moneta è infinitamente elastica: le persone preferiscono detenere i loro risparmi in forma «liquida» appunto, rinunciando agli investimenti perché non sono più remunerativi.  

La tempesta in arrivo ci coglierebbe impreparati
Oltre a ciò, i governi devono oggi vedersela anche con l’enorme debito pubblico accumulato a partire dal 2007, che in media è del 50% più alto rispetto all’anno prima dello scoppio della crisi. Tenendo conto di questi due fattori – tassi d’interesse e debito pubblico – l’Economist ha descritto un quadro allarmante. Solo tre paesi virtuosi - la Norvegia, la Corea del Sud e l’Australia - hanno mantenuto i loro tassi d’interesse lontani dallo zero e hanno un debito abbastanza ridotto; mentre il margine di manovra degli altri paesi internazionali si è ristretto di circa un terzo dal 2007. Più grave ancora la situazione dei paesi europei in maggiori difficoltà – come Grecia, Italia e Spagna -: in questo caso la capacità di reagire a un’eventuale recessione è pressoché dimezzata. Significa che non sopravvivrebbero, economicamente parlando, a un’altra recessione. C’è da augurarsi che non sopraggiunga alcuna tempesta, altrimenti avrebbe su di noi l’impatto devastante di uno tsunami.