Borghi: Il «bazooka» di Draghi sparerà a salve
La BCE si prepara ad acquistare titoli di mercato per un valore di 500 miliardi - e con un programma che potrebbe durare fino al 2016 - per cercare di combattere la deflazione dell'area euro. Ma il bazooka di Mario Draghi rischia di sparare a salve: il perché ce lo spiega, nell'intervista rilasciata a DiariodelWeb.it, il responsabile della Lega Nord, Claudio Borghi.
ROMA - Il 22 gennaio, i governatori centrali della moneta unica raggiungeranno Draghi a Francoforte per prendere delle decisioni fondamentali per il futuro dell'Eurozona. La BCE si prepara ad acquistare titoli di mercato per un valore di 500 miliardi - e con un programma che potrebbe durare fino al 2016 - per cercare di combattere la deflazione dell'area euro. Ma il bazooka di Mario Draghi rischia di sparare a salve: il perché ce lo spiega, nell'intervista rilasciata a DiariodelWeb.it, il responsabile della Lega Nord, Claudio Borghi.
La BCE si prepara a usare il quantitative easing, con un programma di acquisto per almeno 500 miliardi, per combattere la deflazione e riportare il tasso di inflazione intorno al 2%. Funzionerà il bazooka di Draghi?
«Per essere efficace, o per lo meno per avere un qualche tipo di senso, il QE dovrebbe essere concentrato su titoli italiani piuttosto che tedeschi in modo da ridurre lo spread, oppure su crediti molto problematici. Se invece, come sembra, l'acquisto sarà spalmato nell'intera eurozona gli effetti saranno vanificati. Inoltre, la differenza tra detenere titoli di stato che rendono poco o nulla e detenere moneta non esiste più, è pressoché vanificata. Quindi non ci sarà nessun miglioramento, né alcun effetto positivo di contrasto alla deflazione. La stessa cosa sta accadendo in Giappone: dove a nulla sono servite le massicce iniezioni di liquidità e gli acquisti sul mercato. Il bazooka di Draghi non solo non avrà particolari effetti, ma se – come si pensa – il rischio dei titoli acquistati da parte della BCE dovesse poi ricadere sulle banche centrali nazionali, la cura potrebbe essere addirittura peggiore della malattia. Sarebbe un disastro.»
Secondo lei sarà questa la scelta definitiva di Draghi: quella di far ricadere il rischio dei crediti sui singoli stati, piuttosto che confermare il tradizionale e più rassicurante risk sharing?
«Il discorso è fondamentale, ma piuttosto banale. Il titolo di stato dovrebbe per definizione essere un'attività priva di rischio. Prendiamo la Fed: la banca centrale americana quando compra titoli e li ricolloca sul mercato non consegna una previsione di rischio, perché la garanzia dei suoi titoli di stato è la Fed medesima. Se invece parliamo di rischio per quanto riguarda i titoli di stato, ecco che stiamo mettendo in conto un rischio che non dovrebbe esserci affatto. E se la BCE lo rimanda al mittente, la situazione è ancora più paradossale. Si tratta di un'assurdità. Il fatto stesso che esista il problema, e se ne parli, è assurdo. Non sono queste le basi per un piano che ci faccia uscire dalla crisi.»
Quindi l'obiettivo di combattere la deflazione mediante questa operazione di QE, sperando di riportare l'inflazione intorno al 2%, è un'utopia?
«Assolutamente sì.»
Quali strumenti dovrebbe utilizzare allora la BCE per combattere la deflazione?
«L'unico modo per combattere la deflazione, riportando il tasso d'inflazione a livelli positivi, è quello di aumentare i salari. La strada dell'acquisto dei titoli di mercato, come dimostrano le vicende più recenti del Giappone, è inutile e dispendiosa. Solo un aumento dei salari può far risalire i prezzi. E qui torniamo al ruolo negativo dell'Europa: un'Europa che continua a richiedere la compressione dei salari da un lato – per mantenere alta il più possibile la competitività – e dall'altra parte spera che invece i prezzi tornino a salire. Vorrei che qualcuno mi spiegasse come ritiene possibile che pompando meno soldi, e riducendo gli stipendi, contemporaneamente possano salire i prezzi dei prodotti sugli scaffali.»
Qual è la strada per far aumentare i salari e vincere così la deflazione?
«Bisognerebbe tornare a una moneta per ogni singolo paese, finalmente libera di riposizionarsi sul mercato, affinché lo Stato possa decidere di aumentare i salari e lasciarli crescere: a quel punto la sua competitività verrebbe automaticamente corretta dalle svalutazioni e dall'apprezzamento della sua moneta. Ma in Europa non si può fare.»
Quindi continuare a pompare liquidità sarebbe oltremodo controproducente. Quali sono i rischi della politica di Draghi?
«Prendiamo ad esempio il titolo tedesco, che ha rendimenti negativi fino a cinque anni. Se sostituisco la mia moneta circolante con un titolo che ha rendimenti negativi, paradossalmente non cambia nulla. Anzi, incredibilmente guadagno di più con il rendimento nullo della moneta, piuttosto che con l'investimento sui rendimenti negativi! Inutile illudersi: la politica di Draghi e l'operazione del QE non potrà avere effetti positivi, ma solo trascinare ulteriormente verso il basso la nostra deflazione.»
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