PD: il giorno della verità sull'articolo 18
Dal Partito Democratico a Forza Italia: i politici si esprimono sulla riforma del lavoro, puntando il dito su contraddizioni e necessità del Paese. Zanda è convinto che oggi sarà fumata nera: al voto la prossima settimana, ma oggi in Senato l'incontro per discutere della riforma.
ROMA - In Senato è iniziato l'incontro tra il gruppo del Pd, il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, e il responsabile economico del partito, Filippo Taddei, in vista dell'esame della delega sul lavoro da parte dell'Aula di Palazzo Madama. Alle ore 19 scade il termine per gli emendamenti per l'Aula e la minoranza del Pd potrebbe presentare richieste di modifica al testo approvato dalla commissione lavoro che apre la strada a modifiche dello Statuto dei lavoratori e dell'articolo 18.
ZANDA: OGGI SARÀ FUMATA NERA - Luigi Zanda sembra convinto che non si chiuderanno oggi i lavori sul Jobs Act, asserendo che la complessità della materia determinerà il voto solo durante il prossimo incontro, prima che l'Aula del Senato, la prossima settimana, inizi a votare la delega. Intanto favorevoli e contrari si esprimono sulla riforma del lavoro, delineando i possibili sviluppi politici di alleanze cui l'art.18 porterà.
LE CONTRADDIZIONI DELL'ART.18 - «Se è vero che il diritto è universale, perché Renzi propone una riforma dell'articolo 18 che mantiene una tutela di serie A per me che lavoro e invece una tutela di serie B per mio figlio che entrerà nel mondo del lavoro? Questo non lo capisco e credo sia una contraddizione». Queste le parole di Cesare Damiano (Pd), presidente della Commissione Lavoro alla Camera, intervenendo alla trasmissione televisiva 'Agorà': «Smettiamo di dire che l'articolo 18 è quello del 1970 - ha aggiunto Damiano -. Lo abbiamo riformato due anni fa, con un accordo, tra Forza Italia e Pd, che ha copiato il modello tedesco, nel quale la reintegrazione nel posto di lavoro esiste. La differenza è che da noi agisce per le aziende che hanno più di quindici dipendenti, mentre in Germania agisce nelle aziende che hanno almeno dieci dipendenti. Allora la storia che non si investe in Italia perché ci sarebbe l'articolo 18 non ha fondamento».
AL NORD-EST ART.18 INCENTIVA NANISMO AZIENDE - Elisabetta Gardini, europarlamentare di Forza Italia, intervenendo a 'Omnibus' su La7 ha affermato che «è vero che negli altri Paesi esiste un articolo 18, ma per come è articolato in Italia è considerato come un costo aggiuntivo che pesa sul costo del lavoro. Io vengo dal Nord-Est, dal Veneto: l'articolo 18 è visto anche come una causa del nanismo delle aziende».
CUPERLO: ART.18 NON E' FULCRO DEL PAESE - Dal canto suo, Gianni Cuperlo, tra gli esponenti della sinistra del Partito democratico protagonisti del disappunto sulla strada intrapresa dal premier, Matteo Renzi, in relazione alla questione lavoro, afferma che "non vale la logica del prendere o lasciare. Chi vince il Congresso ha il diritto e il dovere di dirigere un partito, non di comandare. Però, per citare Don Milani, siamo in grado di sortirne insieme». Parla al Corriere della Sera, Cuperlo, e prima di cominciare a discutere di lavoro e articolo 18 asserisce: «Non dirò neanche mezza parola in polemica con Renzi. È negli Stati Uniti e non si polemizza col premier mentre all'estero rappresenta gli interessi del paese». L'esponente del Pd continua: «Io sono per una discontinuità coraggiosa. I panni del conservatore li lascio alla destra che teorizza la flessibilità spinta alla precarietà. Li lascio a chi usa gli incentivi pubblici per abbassare il costo del lavoro senza innovazione. A chi non dice una parola sul fatto che le nostre imprese hanno un patrimonio inferiore al risparmio delle famiglie. Io non so che farmene di una sinistra rivolta al passato». Cuperlo si interroga poi se nella situazione in cui verte il Pese oggi sia così necessario fare dell'articolo 18 il centro di tante discussioni: «Non leggo Marx, anche se lo trovo più attuale di Davide Serra, ma Piketty. La diseguaglianza è la radice di questa crisi. Stiamo facendo una discussione paradossale. Sono io che chiedo, per risvegliare l'Italia sono più importanti 5 mila cause all'anno sull'articolo 18 o il recupero anche solo di metà dei 120 miliardi di evasione? È più importante l'articolo 18 o ricordare che siamo fanalino di coda nell'occupazione femminile? Se è così marginale, perchè fare dell'articolo 18 il fulcro? È un depistaggio dopo che abbiamo perso il 25 per cento della produzione industriale? Perchè non si parte dal fatto che la Germania per l'inserimento al lavoro spende 9 miliardi e noi 500 milioni? Perchè non si mette al centro che l'accesso ai servizi per il lavoro oggi è un diritto di cittadinanza? Io voglio trovare una soluzione. Lo scriviamo che la reintegra non si discute in caso di discriminazione per motivi religiosi, politici e sindacali, di etnia, genere, orientamento sessuale? E perchè negare la possibilità per il giudice di valutare tra l'indennizzo e il reintegro? Sono numeri piccoli, ma questo anche perchè la norma ha avuto un effetto deterrente. Anche lì c'è un pezzo della dignità del lavoro. Discutiamo di tutto, anche della durata in cui si arriva alla tutela, ma rispettando i principi».
FI: L'ART.18 NON AIUTA DA SOLO LO SVILUPPO - La posizione di Forza Italia si esplicita attraverso le parole di Licia Ronzulli - membro del Comitato di Presidenza del partito - che ad 'Agorà' afferma: «L'articolo 18 è un totem ideologico, è un problema interno al Partito democratico, che è in congresso perenne e su questo punto si divide e si logora, e cerca di fermare il cambiamento", e continua: «Vedremo se nel Pd riusciranno a portarla a termine o se saranno vittime del ricatto all'interno dello stesso partito. Da sola però serve a poco per rilanciare il mercato. L'art.18 non aiuta lo sviluppo e i consumi, ci vuole un concorso di cose. L'art.18 è la minima parte».
CI SI ATTARDA SULL'ART.18 PER CONSERVARE INEFFICIENZA- Secondo quanto riferito da Davide Faraone del Pd su Rai3, l'articolo 18 è «un tema importante ma non è assolutamente esclusivo. Noi dovremmo capire come tagliare le tasse per il lavoro, dovremmo discutere sulle garanzie e sulle tutele dei lavoratori o di quelli che tutele non ne hanno. Invece ci si attarda, perché diverte qualche sindacato o parlamentare, a discutere di come conservare una situazione che non funziona».
ORFINI: NECESSARIA SEMPLIFICAZIONE DELLE 40 FORME CONTRATTUALI - «È necessario modificare il testo della delega». In un'intervista al quotidiano 'la Repubblica', si esprime così il presidente del Pd, Matteo Orfini, sul testo del Jobs act emendato dalla commissione lavoro del Senato e che passa ora all'esame dell'Aula. Orfini, però, è pensando alle minoranze del suo partito che asserisce che «nel voto non può esserci libertà di coscienza», e punta il dito contro i sindacati che «hanno fallito"- e continua - «se milioni di precari non si sentono rappresentati, non è colpa mia o di Renzi: il sindacato dovrebbe rappresentare tutto il mondo del lavoro e non solo una parte, altrimenti è il fallimento della sua funzione storica». «Il testo della delega non è sufficiente -va avanti il presidente del Pd, parlando ancora del Jobs act - . Occorre esplicitare il disboscamento delle 40 forme contrattuali per i precari, riducendole a due: una a tempo determinato e una indeterminato a tutele crescenti. E ancora, correzioni per evitare torsioni autoritarie nei posti di lavoro». Sull'articolo 18 Orfini afferma che «la delega è ambigua, bisogna dettagliarla»: «Possiamo discutere sulla progressività per il raggiungimento delle piene tutele ? per un periodo di anni ? ma il reintegro per i licenziamenti senza giusta causa deve essere mantenuto».