Milan: inizia il processo a Gattuso, ma il problema non è tattico
La sconfitta contro il Napoli di Ancelotti è stata dura da digerire, specie dopo il vantaggio iniziale di due gol. Da rivedere però non è tanto l’atteggiamento tattico, quanto la tenuta mentale della squadra

MILANO - A Milanello il day after di Napoli-Milan è ancora più doloroso della sconfitta. Dentro il malessere che pervade società, staff tecnico e calciatori c’è tutta la consapevolezza di essere ancora ben distanti della solidità mentale, ancor prima che tecnico-tattica, necessaria per tentare la scalata alle prime posizioni della classifica. Perchè alla fine solo di quello si tratta. All’indomani del match del San Paolo, tra opinionisti, addetti ai lavori e naturalmente i tifosi, si è fatto un gran parlare dei limiti del Milan quanto ad intraprendenza e coraggio, di un baricentro eccessivamente basso e di un atteggiamento troppo remissivo da opporre al famelico Napoli casalingo.
Eppure è stato proprio con questa lettura tattica del tutto sensata che Gennaro Gattuso aveva letteralmente imbrigliato i partenopei, se è vero che nei primi 50 minuti di gioco, al di là del risultato che diceva Napoli-Milan 0-2, la statistica dei tiri in porta era mortificante per gli uomini di Ancelotti.
Inizio da favola
Insomma la partita sembrava essersi messa sui binari giusti dopo un primo tempo giocato con attenzione, cautela e capacità di pungere al momento giusto la difesa napoletana, senza al contempo rischiare granchè dietro. In apertura di ripresa era arrivata addirittura la sontuosa elaborazione tecnica del Milan che ha portato al gol del raddoppio di Calabria, un'azione conclusa dopo oltre 2 minuti ininterrotti di possesso palla che ha letteralmente irretito la squadra napoletana e che ha fatto intravedere ai tifosi milanisti una vittoria che in casa degli azzurri manca dal lontano 2010.
Poi il buio
Paradossalmente quello che doveva rappresentare il punto esclamativo su un match fin lì condotto con estrema intelligenza dal Milan, si è trasformato rapidamente in una sorta di calvario con sconfitta finale. Colpa di un pallone sanguinoso perso nella trequarti difensiva rossonera (responsabili al 50% Mateo Musacchio e Lucas Biglia, entrambi ancora lontani anni luce dai brillanti calciatori apprezzati nelle rispettive esperienze al Villarreal e alla Lazio) che ha scatenato la ripartenza azzurra.
La prima rete di Zielinski è stata solo l’inevitabile conseguenza di una leggerezza individuale. A quel punto però, malgrado i tentativi di Gattuso di ricordare ai suoi ragazzi che in vantaggio era ancora il Milan, la resistenza rossonera si è liquefatta. Insigne, Callejon, Mertens e naturalmente il polacco ex Empoli, come lame nel burro hanno iniziato a perforare la difesa del Milan con una facilità irrisoria e la partita è finita malissimo per i rossoneri.
Errori comprensibili
Ha ragione mister Gattuso quando dice che un errore in fase di impostazione ci può stare, specie se l’obiettivo di squadra è quello di gestire sempre il gioco e far ripartire l’azione dal basso e palla al piede, senza buttarla mai via. Ciò che però è inaccettabile, è l’allenatore rossonero ne è perfettamente conscio, è quella luce drammaticamente spenta subito dopo il primo gol partenopeo. Esattamente quanto Gattuso, in fase di presentazione della trasferta, aveva raccomandato ai suoi di evitare.
Serve una svolta
Da qui però a gettare la croce addosso a Gattuso per aver messo in campo una squadra senza attributi, senza carattere, senza uno straccio di idea tattica, sembra del tutto ingeneroso. Questo è un Milan giovane e certe battute d’arresto fanno sicuramente parte del naturale processo di crescita di una squadra. L’importante però è fare in fretta a metabolizzare determinate lezioni. Le altre grandi corrono forte e per conquistare un posto Champions ci vorrà ben più che la baldanzosa intraprendenza messa in mostra nei primi 52 minuti al San Paolo. Occorre la maturità per reagire ad una disavventura anche a partita in corso, l’unico modo per evitare tracolli come quello di Napoli.
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