29 marzo 2024
Aggiornato 00:30
Renzi punta al gioco dei due forni

Maggioranze invariabili, ma equilibri instabili

Dopo l'incontro senza esito con Berlusconi il premier lascia scivolare la carta Grillo. Alfano minaccia di far saltare il banco e tutto apparentamente torna in ordine. Intanto i grillini dimostrano che alla Consulta si va solo con un loro lasciapassare.

ROMA - Tre indizi non fanno una prova in tribunale, ma in politica a volte basta anche meno per capire da che parte spiri il vento.

DAGLI INDIZI ALLE PROVE - Ecco le strane convergenze che nel giro di 24 ore si sono verificate fra Matteo Renzi e Beppe Grillo. La prima, e più significativa, ha visto la luce in commissione Giustizia del Senato dove, grazie ai voti di Pd e M5S, è passata la responsabilità civile dei giudici, un tema che si trascina in Parlamento dai tempi di Bettino Craxi e che ha già provocato in passato morti e feriti nelle alleanze di governo. Un secondo indizio è arrivato praticamente nelle stesse ore, con il via libera, dal blog di Grillo, al candidato per la Consulta del Partito Democratico, e la contestuale bocciatura del candidato di Berlusconi.

GRILLO CAVALIERE BIANCO? - Infine arriva il terzo: la Boschi, rispondendo ai distinguo di Brunetta dice chiaro e tondo che la nuova legge elettorale di Renzi, se non la vota Forza Italia, ci sarà pure qualcuno in Parlamento disposto ad appoggiarla. Non è difficile immaginare chi potrebbe essere questo qualcuno evocato da Maria Elena Boschi: di certo non è Sel, o Fratelli d'Italia, o la Lega di Salvini, i cui numeri comunque sarebbero insufficienti a regge l'urto del voto. Quindi quel «qualcuno» con i numeri in tasca in grado di sostituire Forza Italia, qualora il Cavaliere decidesse di sfilarsi dal patto Nazareno, non potrebbe essere che Grillo.

IL RISVEGLIO DI ALFANO - Troppi rumors per non svegliare il can che dorme. E infatti Il risultato di questi sussulti a catena dei renziani è stato che Angelino Alfano ha mandato un primo avvertimento a Palazzo Chigi mandando in avanscoperta Maurizio Sacconi. L'ex ministro del Lavoro non se lo è fatto ripetere due volte e non potendosi dimettere da incarichi istituzionali che al momento non ha, per protestare contro l'anomala intesa a due sulla responsabilità delle toghe, in prima mattinata non ha trovato di meglio che annunciare di volersi dimettere da capogruppo dell'Ncd alla Camera.

LA VIA D'USCITA DI SACCONI - Di per se, la minaccia di Sacconi è di quelle che non spaventano nessuno, ma qualcuno deve avere avere avvertito Matteo Renzi che questa volta Alfano, a costo di rimetterci l'osso del collo, era pronto a rovesciare il tavolo. Di Renzi si può dire tutto, ma non che non sia reattivo, che non stia perennemente connesso, che sia lento nel reagire. Non erano passati che pochi minuti dall'annuncio di Sacconi che il presidente del consiglio era già pronto a pestare i tasti del suo smart phone per rassicurare gli alleati in merito all'inedito spirito collaborativo di Grillo e Casaleggio.

RENZI FA IL POMPIERE - Inoltre questa volta Renzi ha ritenuto opportuno aggiungere ai messaggini un confronto faccia a faccia tramite il vecchio telefono, al termine del quale Maurizio Sacconi ha rilasciato questa dichiarazione: «Ho avuto un proficuo colloquio con il presidente del Consiglio Matteo Renzi che mi ha telefonato per garantire il suo impegno a che non si producano mai maggioranze diverse da quella che sostiene il governo, sulla giustizia come su ogni altro contenuto legislativo. In particolare, ha assunto l'impegno a che la maggioranza sia quanto prima ricomposta sullo specifico argomento della responsabilità civile e contabile dei magistrati in relazione al prosieguo dell'iter parlamentare. Gli ho espresso la mia soddisfazione per il rispetto che egli ha dimostrato nei confronti della composizione plurale della maggioranza e, dopo avere riferito il colloquio al presidente Alfano, ho convenuto con lui di proseguire nel mio ruolo di capogruppo in funzione di una maggioranza operosamente unita a sostegno del governo».

L'OMBRA DI CASALEGGIO & C. - Il sole è dunque tornato a risplendere sull'asse Renzi- Alfano? I soliti maliziosi a questo punto, per mettere sull'avviso Sacconi, hanno rispolverato l'ormai famoso: «Enricostaisereno». Ma, guarda caso, proprio nello stesso tempo Renzi dava l'ultima versione del leggendario hashtag indirizzato ad Enrico Letta: «Quando l'ho inviato io ci credevo , lui no», ha spiegato il premier. Dopo poche ore Montecitorio mandava alla Consulta Silvana Sciarra, candidata del Partito Democratico, la quale è stata eletta con i voti di Grillo. E tanto per far capire quali possono essere i futuri equilibri l'M5S ha invece rispedito al mittente la candidata di Berlusconi. Cosa avrà scritto Beppe a Matteo, dopo questa giornatina dagli equilibri instabili, se non variabili? «Sereno Matteo, ci sono io».