28 agosto 2025
Aggiornato 01:00
Governo Renzi

Renzi, l'autunno porterà consiglio

Per ora Matteo Renzi va avanti come se niente fosse: la crescita che non arriva e le imboscate al Senato non lo spingono a dare ultimatum e, anzi, davanti alla direzione Pd il premier insiste a parlare di «mille giorni» di orizzonte per il governo.

ROMA - Per ora Matteo Renzi va avanti come se niente fosse: la crescita che non arriva e le imboscate al Senato non lo spingono a dare ultimatum e, anzi, davanti alla direzione Pd il premier insiste a parlare di «mille giorni» di orizzonte per il governo. L'economia stenta, ma non solo in Italia e, peraltro, ci sono anche dati positivi: «A me settembre non fa paura, è chiaro? Io non vivo nella paura del domani e non perché sono uno scriteriato, ma perché vedo i dati, vedo due mesi dove crescono gli occupati». I franchi tiratori colpiscono sulle riforme, ma non bisogna drammatizzare evocando i famigerati «101» che impallinarono Prodi sulla soglia del Quirinale, anche perché «non credo sia una vicenda tutta interna al Pd...», altri si sono uniti all'agguato sui temi etici.

Addirittura, Renzi pensa di non intervenire alla Camera per togliere di nuovo al Senato i temi etici, pur di non dover tornare poi a palazzo Madama per un'ulteriore lettura. Il dato è che il premier, per ora, deve tenere conto del 'niet' di Giorgio Napolitano all'ipotesi di elezioni in autunno, durante il semestre e con l'esercizio provvisorio. Ma è anche vero, racconta uno dei suoi, che davvero Renzi è convinto di potercela fare, alla lunga.

L'economia va al rallentatore in tutta Europa, è il ragionamento di Renzi, e a Bruxelles ne dovranno tenere conto: «Le cose vanno cambiate non perchè noi abbiamo bisogno di tempo ma perchè sennò salta l'Eurozona», è l'avvertimento che lancia durante la direzione Pd.

Ma è significativa l'insistenza con la quale il premier torna a parlare di modifiche della legge elettorale, il terreno sul quale si preparano a dare battaglia la minoranza Pd, Sel e gli alleati: parla di «alzare la soglia di sbarramento», probabilmente al 40%, di «trovare un modo coerente sulle soglie di sbarramento che ritengo comunque giuste e doverose» e persino di «introdurre le preferenze». Un pacchetto, assicurano i suoi, sul quale sarebbe stata raggiunta un'intesa di massima con Fi, partito dal quale il premier non intende prescindere per non trovarsi completamente ostaggio della minoranza interna e dell'ostruzionismo di Sel.

Proprio questo, in realtà, è il vero timore di Renzi: le riforme dovranno affrontare molti voti segreti anche alla Camera e Pier Luigi Bersani continua a dire che «bisognerà tenere conto dell'equilibrio complessivo che si crea con la riforma del Senato». Per questo Renzi è netto anche quando Roberto Giachetti gli chiede di non cedere alle preferenze: «Si può discutere su capilista bloccati e preferenze, dall'altro sui collegi. Non ho alcun problema sui collegi uninominali, ma la rimettiamo alla discussione coi contraenti, ribadendo che per me se si fa tutti insieme è un valore». Un modo per dire che non romperà con Fi solo per evitare le preferenze.

Lo scenario elettorale, però, resta sullo sfondo, assicura più di un renziano, e si capisce anche da alcuni passaggi del premier: l'insistenza nel ribadire che «le coperture per gli 80 euro ci sono anche per il 2015», l'avvertimento che «ogni settimana di ostruzionismo è un punto in più per noi», la sfida a Sel che «mi accusa di volere un modello pre-fascista: io non faccio accordi con chi mi insulta, vadano per i fatti loro». Perché alla fine, è il ragionamento, devono sapere che se loro rendono impossibile governare il voto sarà l'unica soluzione.