23 aprile 2024
Aggiornato 10:30
L'esercito di riserva alla deriva

Erdogan parla di «vittoria contro i crociati». Ecco cosa c'entra questo con i migranti che affollano i nostri Paesi

Il voto nei paesi che più hanno accolto la comunità turca emigrante lascia senza parole. Clima infuocato e parole vecchie di ottocento anni: stiamo creando un mondo brutale, dominato dall'odio

ANKARA - «Sconfitti i crociati»: queste le sobrie parole con cui il presidente turco Erdogan ha celebrato la sedicente vittoria nel sedicente referendum che di fatto trasforma la Turchia in una democratura, ovvero una crasi tra la democrazia plebiscitaria e la dittatura. Oddio, qualcuno potrebbe far notare che anche in Italia, solo pochi mesi fa, c’è stato chi ha tentato di imporre una riforma costituzionale di stampo chiaramente cesaristico, a voler essere eleganti nel linguaggio. Quindi gli odierni commenti indignati per il risultato turco, da parte dei soloni che al tempo esaltavano le riforme Renzi-Boschi-Verdini paiono un po’ grottesche. Ma questa è un'altra storia.

I crociati, cioè noi
Quindi, tornando alla Turchia, anche per carità di patria nostra, «i crociati sono stati sconfitti». Ce ne rallegriamo.
Questa affermazione, di per sé, dovrebbe far gelare il sangue nelle vene a chiunque desideri non riportare indietro nel tempo, di almeno ottocento anni, l’orologio della storia. La retorica da sempre è parte preponderante del discorso politico, ma da molto tempo non si sentiva più parlare di «crociata», non solo in Turchia ma nel mondo.

Guerra di religione?
Erdogan, con una sola frase, dimostra una mentalità medioevale: non verso i valori culturali dell’occidente, per altro decaduti e sviliti, bensì verso la tradizione religiosa di un continente. In un mondo sempre più secolarizzato, ma forse sarebbe meglio dire catatonico e apatico, Erdogan porta una prospettiva da guerra di religione, e fomenta un Islam fondamentalista in funzione anti cristiana, seppur in una edulcorata forma metacognitiva. Probabilmente si sente l’erede di due grandi condottieri che provenivano dall’est, e su cui fonda la sua figura: Temucin, fondatore dell’impero mongolo, e il sultano Salah al Din, sovrano e condottiero curdo, mussulmano sunnita, che vinse contro i Crociati, quelli veri, nel 1187 a Hattin, aprendo la strada alla riconquista islamica di Gerusalmme. Salah, al Din, è sepolto a Damasco, per altro il vero obbiettivo del turco Erdogan, che non fa mistero della sua brama espansiva proprio verso la Siria che, è bene ricordarlo, è un paese laico.

In Europa contro i crociati
Quindi il nuovo sultano turco, Erdgann, è molto più forte. Ha vinto, diciamo così perché i brogli appaiono lapalissiani, anche grazie al voto della vastissima comunità turca emigrata in Europa. E questo è un dato di fatto. Secondo i dati diffusi nella notte dall’agenzia di stampa ufficiale turca Anadolu questi sono i risultati del voto turco in Europa: Germania, (1,4 milioni gli aventi diritto), il 63,1% degli elettori ha detto Sì alla riforma costituzionale.
In Austria hanno votato Sì il 73,5% e in Belgio ben il 75%.In Olanda ha votato per il Sì il 71%. In Italia si è imposto il No.

La crociata è piaciuta ai turchi in Europa
Questi dati dovrebbero portare ad una profonda riflessione inerente i flussi migratori. Partiamo da un dato di fatto: la comunità turca, non tutta ovviamente ma un parte consistente, approva la deriva autoritaria di un uomo che valuta l’Europa come un continente di crociati. C'é da ridere per non piangere, ma così è. Seppur tra mille sfumature, indubbiamente. Quelle del presidente turco non sono parole al vento, sparate elettorali per raccogliere consenso nelle fasce più umili della popolazione che poi passeranno. Sono in sé parole incendiarie, che sedimentano, per altro non corrispondenti in alcun modo a un dato di fatto. L’Europa, l’unica crociata che sta conducendo, è al massimo contro se stessa e da diversi anni. Eppure questo messaggio, vagamente delirante, ha fatto breccia in buona parte della popolazione di origine turca che vive in Europa, perfino nelle generazioni che sono nate e cresciute all’ombra di uno stato sociale che in Turchia è solo un lontano sogno. Perché accade questo?

Enorme crisi sociale
Da tempo assistiamo al ribollimento delle periferie urbane in quasi tutte le grandi metropoli europee. Non si tratta solo dei turchi, o di altri immigrati: si tratta di una classe, immensa e frastagliata, che non è più in grado di fruire dell’ascensore sociale. Immobilità condivisa con buona parte di italiani, francesi, spagnoli, greci e, in parte, anche dei tedeschi. Questo significa che già oggi il risentimento sociale, quantomeno della comunità turca – che, ripetiamo, rincorre un presidente che vaneggia di «crociate» – vive nelle strade delle nostre città. Dobbiamo prendere atto di questo, ennesimo, grave segnale di sfilacciamento del tessuto connettivo urbano. Nel furore che le élites globali spendono nella fanaitca distruzione di tutto ciò che di buono è stato creato nel ‘900, un posto nel rogo è riservato indubbiamente alla deregolamentazione del mercato del lavoro. Portata avanti con potenti colpi al giuslavorismo post bellico, procede anche con la creazione di un imponente esercito di riserva, continuamente ampliato da flussi migratori fuori controllo.

Perché i turchi emigrati hanno votato per Erdogan
I migranti, siano essi economici o meno poca importa, vanno a costituire giorno dopo giorno nuove sacche di povertà, più o meno salariata, ove pullula un vasto risentimento per l'occidente. Quando si parla di razzismo, sarebbe bene raccontare le variegate sfaccettature di cui esso è composto: la creazione di una sempre più vasta classe di migranti zombi, buttati a vegetare nel caso migliore e senza la minima possibilità di integrazione, se non con una qualche forma di schiavitù, è una di quelle. Il problema è che poi questa deriva si ritorce: e il voto della comunità turca è il segnale di ciò. Il giudizio smaccatamente pro Erdogan che serpeggia nei paesi del nord Europa, quelli che negli ultimi anni hanno maggiormente accolto la comunità turca, dovrebbe far riflettere sulla visione che abbiamo dei migranti. Fiduciosi che queste masse possano essere conquistate dalla mollezza occidentale, comprate a suon di Coca Cola e lucine, non ci accorgiamo che esse covano rabbia e risentimento, al punto che giungono a sostenere la sgangherata visione del mondo di un uomo che crede di vivere nel 1200.