29 marzo 2024
Aggiornato 06:30
Turchia

Turchia, un anno fa il fallito golpe contro Erdogan: da allora un Paese-carcere con 50mila epurazioni

Un anno fa una parte dell'esercito scese in strada coi carri armati per rovesciare il governo di Erdogan, ma l'azione venne fermata in poche ore durante le quali morirono oltre 240 persone. Oggi la Turchia è il Paese delle purghe

ANKARA - La Turchia ha organizzato una serie di eventi per celebrare il primo anniversario della sconfitta del tentato colpo di stato dello scorso anno. Una prova di forza del presidente Recep Tayyip. Un anno fa una parte dell'esercito scese in strada coi carri armati per rovesciare il governo di Erdogan, ma l'azione venne fermata in poche ore durante le quali morirono oltre 240 persone. Da quel giorno è cominciata la principale ondata di epurazioni nella storia della Turchia, con l'arresto di 50mila persone e il licenziamento da ruoli chiave o pubblici di altre 100mila e più. Erdogan ha poi aumentato la sua posizione vincendo il referendum del 16 aprile sul rafforzamento dei suoi poteri. Le autorità hanno proclamato il 15 luglio festa nazionale della "democrazia e dell'unità", definendo lo sventato colpo di stato una vittoria storica della democrazia turca.  Oggi la Turchia, a detta di molti analisi, è la più grande prigione di giornalisti al mondo.

O sei con il "Gendarme di Ankara" Erdogan, oppure vai in prigione
Un "Paese-carcere" lo definisce dalle pagine dell'Huffington Post l'esperto di Medio Oriente Umberto De Giovannangeli. Un luogo nel quale vengono rinchiusi attivisti per diritti umani, insegnanti, scrittori, avvocati, editori, funzionari pubblici, parlamentari curdi, blogger, femministe, sindacalisti indipendenti, operatori di borsa, ex militari. Insomma, tutti coloro che non sono allineati con il "Gendarme di Ankara": il presidente Recep Tayyp Erdogan. La Cnn turca ha dato notizia di un nuovo decreto governativo che ordina il licenziamento di 7.340 tra agenti di polizia e dipendenti dei ministeri. Secondo quanto precisato, la decisione riguarda duemila uomini delle forze dell'ordine, funzionari dei ministeri della Giustizia e degli Esteri, oltre a 300 accademici. Un Paese "sotto il tallone di ferro di un regime islamo-nazionalista che tratta ogni oppositore come una minaccia alla sicurezza dello Stato. E se lo combatti con la forza delle idee e con i tuoi scritti sei ancora più pericoloso». Ormai lo stato di diritto non esiste più. Può accadere qualsiasi cosa. Tantissimi giudici sono in galera. 

Numeri delle purghe sconvolgenti
"Le statistiche delle purghe in corso in Turchia sono sconvolgenti». Il giorno dopo il fallito golpe del 16 luglio 2016, il governo Erdogan ha licenziato 2.745 giudici, un terzo del totale. Non molto tempo dopo circa centomila funzionari pubblici, insegnanti e giornalisti hanno perso il lavoro. Il numero è oggi incredibilmente elevato: 142.247 funzionari, insegnanti e accademici statali licenziati, 50.987 arrestati. "All'interno delle carceri" spiega De Giovannangeli, "gli incontri tra detenuti e avvocati sono strettamente limitati e le loro riunioni attentamente monitorate, compromettendo inevitabilmente una difesa efficace. Non sono autorizzati contatti con l'esterno, fatta eccezione dei parenti più stretti, con i quali possono comunicare una volta a settimana, attraverso una finestra di vetro o via telefono".

Un presidente-gendarme che comanda tutto
Grazie allo stato d'emergenza, "il presidente-gendarme, che dopo la vittoria nel contestato referendum costituzionale ha avocato a sé tutti i poteri esecutivi, può in qualsiasi momento ordinare isolamenti, detenzioni, chiusure di organizzazioni e istituti, sequestri di proprietà private, coprifuochi». Il costo umano di queste purghe è elevatissimo. Almeno 37 delle persone arrestate si sono tolte la vita. La cifra è fornita dal Partito repubblicano del popolo (Chp), formazione d'opposizione, in un rapporto preparato dal suo vicepresidente Veli Ağbaba. "Diciassette delle persone che si sono suicidate erano agenti di polizia, quattro soldati e due guardie carcerarie. Nei giorni scorsi, i media di Stato hanno dato notizia della conclusione delle indagini per quanto accaduto un anno fa sul primo ponte sul Bosforo, ribattezzato poi "Ponte dei martiri del 15 luglio». In totale, sul ponte, morirono 34 persone, tra i quali anche due agenti di polizia. Il bilancio complessivo di quella notte insanguinata è di circa 250 morti e 2500 feriti». "Il 15 luglio è stato un punto di svolta per la Repubblica Turca. Da quella data nulla è più come prima", ha scandito Erdogan in una delle tante manifestazioni di questa settimana. Piccolo particolare che sottolinea De Giovannangeli: "Dal 2007 a oggi la Turchia ha ricevuto dall'Unione Europea circa un miliardo di euro per sviluppare le sue istituzioni democratiche e la sua società civile. Un miliardo per edificare e uno Stato-prigione: l'Erdoganistan".