19 aprile 2024
Aggiornato 23:30
Nuovo successo per la politica energetica russa

Putin vince la partita del nucleare in Ungheria

L'Ue, dopo un lungo braccio di ferro, ha infine dato l'ok agli aiuti di Stato da parte dell'Ungheria per la costruzione di due nuove unità della centrale nucleare di Paks, da parte della russa Rosatom

BUDAPEST - La Commissione europea ha approvato il finanziamento ungherese per la costruzione di due nuove unità della centrale di Paks, nella parte meridionale del Paese. Una notizia da non prendere alla leggera, visto che i lavori saranno affidati alla società russa dell'energia Rosatom, dopo un lungo braccio di ferro. L'attuazione del progetto, a cui partecipa la Russia, è stata infatti sospesa per tre anni dall'Unione Europea, a causa dei requisiti da fornire come garanzia per mantenere la concorrenza nel settore dell'energia.

La centrale
La centrale nucleare di Paks fornisce circa il 40% dell'energia elettrica al Paese, che per il resto dipende dalla Russia per le importazioni di gas e petrolio. Ecco perché la decisione di affidare l'espansione della centrale nucleare a una società a controllo statale russo, in un contesto di forte dipendenza energetica da Mosca, è certamente significativa. Una decisione che risale al gennaio 2014, dopo che era stato annunciato un bando per lo svolgimento dell'operazione, già «adocchiato» da francesi e statunitensi. Quindi, la svolta: Budapest ha in seguito annunciato un accordo con Mosca, la cui offerta è stata definita la più vantaggiosa. Quest’ ultima avrebbe infatti promesso un prestito per realizzazione dei lavori intorno a 10 miliardi di euro, con condizioni di restituzione e interessi favorevoli, pagati addirittura a lavori ultimati.

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Le resistenze dell'Ue
Un «colpaccio», quello di Mosca, che naturalmente ha trovato in disaccordo l’Unione Europea, che, almeno dalla crisi ucraina, si è sempre più spesso interrogata sulle modalità per diminuire la dipendenza energetica dalla Russia. Così, l'Ue ha inizialmente opposto sia ragioni tecniche, come la mancanza di trasparenza nell’assegnazione dell’appalto, nonché la crescita del debito pubblico del Paese, fortemente colpito dalla crisi economica.

La visita di Putin
A «sbloccare» il dossier è stata la visita, dello scorso febbraio, di Putin a Budapest, per incontrare il primo ministro magiaro Viktor Orban, il quarto incontro bilaterale in quattro anni tra i due Paesi. In occasione di quel colloquio, il premier ungherese ha ribadito la sua vicinanza all'orbita russa, la sua contrarietà alle sanzioni internazionali, e la sua volontà di affidare a Mosca l'importante incarico del sito di Paks. Non solo: a margine dell’incontro bilaterale, Putin ha dichiarato che il gas naturale russo potrà raggiungere l’Ungheria anche dopo la scadenza degli accordi nel 2021, sia attraverso il Nord Stream che il Turkish Stream, rotte alternative a quella attuale in Ucraina.

Tra Budapest e Bruxelles rapporti complicati
D'altra parte, quella ungherese era una partita particolarmente complicata per l'Unione, visti i difficili rapporti che Bruxelles intrattiene con Orban, che già nel 2014 ha dimostrato maggiore disponibilità verso le richieste di Putin, con la chiusura delle forniture di gas in reverse flow verso l’Ucraina, strozzata dal blocco russo.

L'ok dell'Ue
L'accordo tra Budapest e Mosca rafforza dunque le relazioni economiche ed energetiche tra i due Paesi, rinsaldando la posizione della Russia nei suoi complicati rapporti con l'Europa. D'altra parte, l'ok della Commissione europea si inquadra in una politica energetica progressivamente più distensiva nei confronti di Mosca, dimostrata anche dalla decisione di aprire ulteriore capacità del gasdotto Opal a Gazprom e da uno spirito meno battagliero che in passato sulla controversia Nord Stream 2. La cui realizzazione è stata sostenuta dal vicecancelliere Gabriel, leader dei socialdemocratici tedeschi, lo scorso novembre, salvo poi, a febbraio, frenare nuovamente.

La reazione infuocata dell'Austria
Se però la partita del Nord Stream 2 è ancora da giocare, quella ungherese si è risolta con una prima «vittoria» della Russia. Ma il dossier non è ancora chiuso, almeno a sentire la reazione dell'Austria, Stato fortemente ostile al nucleare. Secondo il vicecancelliere austriaco, Reinhold Mitterlehner, «l'Austria non può accettare che la Commissione ritenga che» fornire aiuti di Stato per la «costruzione di centrali nucleari sia una scelta innocua» sia per l'economia di mercato, sia per quanto riguarda l'investimento in un'energia da qualcuno ritenuta a rischio. Mitterlehner ha quindi sottolineato che il via libera Ue è «un segnale sbagliato» e ha annunciato che Vienna cercherà di bloccare il progetto. «Esamineremo le opzioni legali e ci rivolgeremo alla Corte europea di Giustizia, se necessario», ha promesso. Putin, insomma, ha vinto una battaglia ma non ancora la guerra?