19 aprile 2024
Aggiornato 22:30
Obama, Kerry, o...?

Siria, chi decide (davvero) il corso della politica estera americana

Mentre l'Occidente è impegnato ad accusare la Russia per la tregua fallita, emergono nuovi particolari sull'attacco Usa all'esercito siriano che ha contribuito a infrangere le speranze

DAMASCO - Se gli eventi dell'ultima settimana da soli non fossero sufficienti, a fotografare la tensione che aleggia sulla comunità internazionale in merito al dossier Siria ci ha pensato l'ultimo Consiglio di sicurezza, convocato d'emergenza su richiesta di Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia. Una riunione giunta dopo che le ultime speranze sulla tregua promulgata da Mosca e Washington si sono inesorabilmente infrante. Prima, le bombe sganciate «per errore» dagli Usa sull'esercito siriano; poi, l'attacco al convoglio umanitario imputato dall'Occidente alla Russia, ma di cui, secondo Mosca, sarebbero responsabili i ribelli; quindi, la ripresa delle ostilità, con bombardamenti a pioggia su Aleppo che aggravano una situazione umanitaria già disperata.

La cortina di ferro nel Consiglio di sicurezza
In effetti, il Consiglio Onu è sembrato diviso da una vera e propria cortina di ferro. Pesantissime accuse sono state rivolte al presidente siriano Assad e alla Russia, colpevole di sostenerlo. Le parole più dure sono state pronunciate dall'ambasciatrice statunitense all'Onu, Samantha Power: «Ciò che la Russia sostiene e fa» ad Aleppo «non è lotta al terrorismo, è barbarie», ha tuonato. «Una carneficina», ha aggiunto la diplomatica Usa, secondo la quale Mosca «abusa del privilegio storico» di essere membro permanente del Consiglio Onu con diritto di veto.

Mosca ha respinto le accuse
Il suo omologo russo Vitaly Churkin ha respinto tutte le accuse, ribadendo le condizioni poste da Mosca, tra cui la necessità di separare i gruppi di opposizione moderata e gli estremisti come Al Nusra. «Centinaia di gruppi sono stati armati, il Paese è stato bombardato indiscriminatamente», ha detto. «In queste condizioni portare la pace oggi è un compito quasi impossibile». Resta la speranza di invertire la rotta. «E' l'obiettivo che vorremmo raggiungere, la ripresa dei negoziati», ha spiegato Churkin. Ma serve uno sforzo «collettivo», non soltanto della Russia, ha aggiunto.

Chi ha fatto fallire la tregua?
Ma gli attacchi alla Russia non sono finiti: l'ambasciatore francese all'Onu Francois Delattre ha accusato Mosca e Damasco di «crimini di guerra» ad Aleppo, che «non possono restare impuniti». Tutte dichiarazioni definite dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov «inaccettabili». In effetti, di una cosa almeno lo «schieramento occidentale» non sembra tenere conto: la tregua ha cominciato a incrinarsi davvero dopo che Washington ha colpito con le sue bombe l'esercito siriano. Di conseguenza, se anche fosse provata la responsabilità russa nel bombardamento del convoglio Onu (e, si badi bene, non lo è), la «colpa» non potrebbe comunque essere del tutto addossata a Mosca.

Bombe americane sull'esercito siriano: è stato un errore?
Ma proprio in merito all'attacco americano all'esercito di Damasco rimangono tanti dubbi e troppe domande senza risposta. Perché quell’attacco è stato tanto deliberatamente provocatorio, quanto obiettivamente difficile da ricondurre a un «errore» tecnico. Proprio a questo proposito, c'è da dire che anche negli Stati Uniti c'è chi non è rimasto appiattito sulla vulgata: come il senatore della Virginia Richard Black, da anni decisamente contrario alla tattica americana di armare i ribelli, che ha scritto una vera e propria lettera di scuse ufficiali all'ambasciatore siriano presso le Nazioni Unite, Bashar Ja'fari.

Nessun errore
Ad ogni modo, tra alcuni media (non mainstream, ovviamente), serpeggia l’ipotesi che quel famigerato «errore» sia in realtà un attacco deliberato, frutto della differenza di vedute tra Pentagono e Dipartimento di Stato di cui noi vi abbiamo già parlato, e che è stata anche «denunciata» (almeno in parte) dal New York Times. Secondo questa versione, dunque, John Kerry e Barack Obama sarebbero in certo qual modo le «vittime» della forzatura del Pentagono stesso, determinato a far fallire la tregua. Deporrebbe a favore di tale tesi la notizia secondo cui lo stesso Obama avrebbe aperto un’inchiesta interna per far luce su quanto accaduto. L’assunto implicito è che non si sia trattato di un errore militare, spiegazione che in ogni caso sembrerebbe incredibile anche agli occhi del più accanito filo-americano.

Il Partito della Guerra
A questo proposito, il russologo di Princeton Stephen Cohen si è chiesto: «Chi fa la politica estera americana, l’occasionale presidente  oppure il Partito della Guerra?». Visto quello che è accaduto, la domanda è lecita. Perché se davvero sabotaggio c’è stato, quel sabotaggio dev’essere stato compiuto da un potentissimo «War Party» trasversale, e che comprenderebbe non soltanto il Pentagono ma anche la Cia. La quale spesso, peraltro, ha mancato a propria volta di coordinarsi con il Pentagono.

Il ruolo delle forze speciali USA
Un vero e proprio caos letale, ben fotografato dal sito SOFREP («Special Operations Forces Report»),  blog curato da alti ufficiali delle forze speciali americane. Degno di nota, in particolare, un articolo eloquentemente intitolato: «Finito clamorosamente male il sabotaggio della politica della Casa Bianca attuato da Forze Speciali americane con operazioni segrete in Siria». Articolo che riporta testimonianze di alcuni Berretti verdi, di questo tenore: «Sul terreno, tutti sappiamo che sono jihadisti. Nessuno  sul campo crede a questa missione o a questo sforzo; sanno che stanno semplicemente addestrando alle armi la prossima generazione di terroristi jihadisti, sicché lo stanno sabotando,  vaffanculo, freghiamocene». E ancora: «Io non voglio essere responsabile del fatto che i tipi di Al Nusrah possano dire che sono stati addestrati da noi americani».

Il ruolo della Cia
C’è chi addirittura (tra i siti legati all’apparato militare) scrive esplicitamente che la priorità della Cia non è affatto l’Isis, ma che l’agenzia è «neuroticamente concentrata a rimuovere Assad con qualunque mezzo.  Questo compito è stato assegnato da Brennan (un ex capo della Cia) ed è condiviso da quasi tutta  l’Amministrazione Obama». Nonostante tale comunanza di intenti, l’agenzia di intelligence americana sarebbe comunque divisa al suo interno, con almeno tre correnti a competere per il potere. Un quadro decisamente complesso, che getta un’ombra scura sulle modalità con cui la Superpotenza conduce le proprie operazioni in giro per il mondo. E se è vero che, come qualcuno sostiene, questo «Partito della Guerra» ha in Hillary Clinton una solerte rappresentante, quest’ombra scura arriva a inglobare anche le prossime elezioni.