L'arduo gioco diplomatico turco per ampliare cerchio alleanze
Dopo i passi di riconciliazione avviati con Israele e Russia è ora il turno della Siria. Ma le affermazioni contradditorie del primo ministro turco Binali Yildirim non sembrano ancora indicare una rotta così chiara. Il nodo ricade sempre nella figura del presidente siriano Bashar al-Assad, demonizzato per anni dal presidente Recep Tayyip Erdogan.
ISTANBUL - «Il cerchio dell'amicizia» di Ankara continua ad allargarsi. Dopo i passi di riconciliazione avviati con Israele e Russia è ora il turno della Siria. Ma le affermazioni contradditorie del primo ministro turco Binali Yildirim apparse in questi giorni sulla stampa non sembrano ancora indicare una rotta così chiara. Il nodo ricade sempre nella figura del presidente siriano Bashar al-Assad, demonizzato per anni dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Yildirim ieri aveva affermato che per Ankara «sviluppare rapporti positivi con la Siria è un obiettivo irrinunciabile». Ma parlando successivamente alla BBC, il premier ha detto che «prima che cambi al-Assad, in Turchia non cambierà niente» ed ha aggiunto che finchè resterà il leader siriano «i problemi non si risolveranno».
Normalizzazione Ankara-Damasco. Il fattore russo
Dunque si tratta di una marcia indietro nella «normalizzazione» dei rapporti del governo turco con i vicini? Per alcuni esperti è improprio anche solo utilizzare il termine «normalizzazione». Bisogna invece considerare le mosse dell'esecutivo turco come una naturale conseguenza di una politica fallimentare. «La politica di Ankara in Siria è già stata definitivamente sconfitta», sostiene ad esempio Kadri Gürsel che ritiene non sia possibile parlare dei rapporti tra Turchia e Siria, senza considerare quelli tra Ankara e Mosca. «La Turchia si dovrà adattare alle condizioni della Russia. Se non smetterà si fornire sostegno ai gruppi jihadsti che considera 'amici' come Ahrar al-Sham o al-Nusra» che combattono cotro il regime siriano «la questione non si risolverà», afferma Gürsel. Altri analisti ritengono che Ankara, Mosca e Damasco possano trovare un'intesa in funzione anticurda. Lo stabilirsi di un'entità autonoma curda nel Nord della Siria è lo scenario più temuto dal governo turco, che potrebbe anche arrivare a rinunciare alla condizione di rovesciare al-Assad, sebbene questa sia stata uno dei mantra Ankara sulla questione siriana a partire dal 2011, quando gli ottimi rapporti tra i due paesi si sono deteriorati. Lo stesso Gürsel ricorda come al-Assad abbia di fatto permesso l'affermarsi dell'entità curda nel Nord del paese «per punire la Turchia». Nelle considerazioni di Erdogan e dell'ex premier e ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, il presidente siriano sarebbe stato rovesciato in tempi brevi, così come già accaduto in Libia per Muammar Gaddafi. Ma i piani di Ankara riguardo ad una eventuale cacciata di al-Assad si sono dimostrati finora estremamente difficili da realizzare.
Siriani in Turchia. Condizioni difficili e prospettive incerte
Negli ultimi 5 anni di crisi con la Siria, il governo turco ha adottato una politica di porte aperte ai rifugiati del paese, il cui numero ufficiale ha attualmente raggiunto i 2,7 milioni. E mentre fino a poco tempo prima Ankara non esitava a utilizzare i migranti, che a centinaia cercavano di raggiungere dalle coste turche l'Europa, come un elemento di contrattazione con l'UE, è ora all'ordine del giorno la concessione della cittadinanza turca ai profughi siriani. Dichiarazioni contrastanti sono state rilasciate dalle autorità anche su questa intenzione dichiarata del governo, sollevando un'ampia polemica sia tra i frangenti kemalisti e nazionalisti della popolazione che tra la stessa base del Partito della giustizia e dello sviluppo (AKP). Ed arrivando negli ultimi giorni a generare numerosi discorsi razzisti nonchè vere e proprie aggressioni fisiche rivolte ai siriani. Una situazione, quella dei siriani in Turchia, per niente facile perchè privi dello status di rifugiati - e quindi dei relativi diritti che ne conseguirebbero. Sono solo 257mila i siriani che vivono nei campi allestiti del governo per loro. Per una gran parte di quelli che si devono mantenere con i propri mezzi la vita è molto dura e le prime vittime di questa situazione sono i bambini (non scolarizzati per oltre il 60%), le ragazze e le donne.
La proposta della cittadinanza: perchè ora?
Sono in molti a domandarsi il perchè della proposta del governo turco. L'opinione dominante è quella per cui l'AKP di Erdogan spererebbe di ottenere un bacino di consensi elettorali - sarebbero circa 1,5 milioni le persone in età di voto tra i siriani. I sondaggi mostrano che il progetto per il sistema presidenziale voluto dal capo di Stato non ha ancora sufficiente sostegno popolare, sebbene Erdogan sia riuscito a indebolire ulteriormente l'opposizione e il partito filo-curdo in particolare. Una seconda ipotesi vede nella proposta di Erdogan l'intenzione di migliorare i rapporti con l'UE, all'interno del discorso del «cerchio dell'amicizia» adottato dal premier Yildirim. L'obiettivo, in questo caso, sarebbe quello di dimostrare all'Europa che si sta prendendo un'iniziativa propositiva nella questione rifugiati, formando un'ulteriore barriera al loro esodo in UE. Con tutto ciò la proposta della cittadinanza ai siriani è vista con contrarietà da gran parte dell'opinione pubblica turca.
C'è poi un'altra questione che suscita la contrarietà. La cittadinanza verrà offerta anche a chi è stato coinvolto in attività terroristiche? Il premier Yildirim ha escluso categoricamente questa possibilità. Ma alcuni osservatori, tra cui Murat Yetkin di Hurriyet, si chiedono chi sia da considerarsi «un terrorista» per Ankara. "Per esempio, un membro della linea dura del Jeysh ul-Islam o di Ahrar ul-Sham che sono considerate delle forze ribelli e sostenute da parte della Turchia e dalla coalizione guidata dagli Stati Uniti, sarà in grado di ottenere la cittadinanza?" domanda Yetkin, sottolineando un' altra questione su cui la leadership turca non si è per ora espressa.
(con fonte Askanews)
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