22 settembre 2023
Aggiornato 07:30
La lettera dell'Italia a Bruxelles

E ora Renzi pensa all'Immigration compact

Si vocifera che l'esecutivo stia preparando un «Immigration compact» per la gestione della crisi dei rifugiati, in vista di un'impennata di passaggi sulla rotta mediterranea dopo l'accordo con la Turchia. Ma il prerequisito è che l'Europa si mostri solidale, e non abbandoni il nostro Paese

BRUXELLES - Altro che «fiscal compact»: per l'Italia è ora di parlare di «Immigration compact». Dopo le tensioni con il governo austriaco negli scorsi giorni e l'allarme lanciato dal Viminale, Roma passa al contrattacco: e prepara per le cancellerie europee un appello per la gestione condivisa della crisi dei rifugiati. Crisi che, nelle ultime ore, sembra essere stata derubricata come problema dell'Italia, visto che, dopo l'accordo con la Turchia, la rotta mediterranea sta per subire un'impennata di passaggi. Lo spirito, dunque, è che «La crisi dei migranti si risolve tutti insieme». I muri - tra cui l'ultimo, in via di costruzione (pare) al Brennero - sono controproducenti. E soprattutto, l'Italia non è disposta ad essere trasformata in un gigantesco campo profughi a causa degli egoismi dei vicini poco solidali del Nord. 

Situazione difficile
Anche perché il Belpaese si trova in una situazione davvero difficile: al di là del mare ha la Libia, un Paese nel caos, con cui è difficile cooperare per disinnescare il pericolo di un vero e proprio esodo di massa. Il timore, come riporta Repubblica, sarebbe che le fazioni contrarie al governo di unità nazionale libico guidato da Al Sarraj usino la crisi dei rifugiati per screditarlo di fronte alla comunità internazionale. «Possono usare un milione di persone da riversare sulle nostre coste per dimostrare che Sarraj è debole e non controlla il territorio», spiega una fonte del governo italiano al quotidiano.

Cosa prevede l'Immigration compact
Pare quindi che l'esecutivo di Matteo Renzi stia studiando un piano - l'Immigration compact, appunto - per scongiurare il pericolo di dover gestire un numero apocalittico di arrivi, e per giunta da sola. La richiesta all'Europa sarebbe quella di smistare automaticamente i migranti giunti sul suolo italico nei Paesi Ue, ma anche (e questa sarebbe la novità) di accelerare gli accordi con i Paesi di origine e di transito dei flussi. Si chiede, in particolare, di liberare i fondi per bloccare le partenze. Ma soprattutto, si starebbe valutando (sempre secondo Repubblica)  «se e come inserire la Libia nella nostra iniziativa». Un'impresa quasi impossibile, visto che il governo di Serraj, per il momento, è tutt'altro che stabile e ancora non si sa quando riuscirà a mostrarsi operativo e sarà in grado di controllare il territorio. Difficile, dunque, cercare un accordo simile a quello stretto con la Turchia, che pure sarebbe l'opzione auspicata da Roma.

C'è speranza?
Eppure, qualche speranza c'è: perché pare che a giorni il premier libico debba destinare all'Europa le sue richieste d'aiuto per stabilizzare il Paese, partendo dall'invio di qualche centinaio di addestratori europei, cinquanta dei quali italiani. Quella potrebbe l'occasione giusta per spingereaffinché Serraj consenta l'estensione dell'operazione anti-scafisti nelle acque territoriali libiche e si renda disponibile per un patto «simil-Turchia».Ma il prerequisito di tutto ciò è la disponibilità dell'Europa a non lasciare sola l'Italia. Un impegno che, a parole, ha preso tante volte, per poi sconfessarlo sistematicamente. Chissà se questa sarà la volta buona.