Renzi all’Onu: «putiniano» sulla Siria, leader in Libia (e chi più ne ha più ne metta)
Le «notizie» sono due: la candidatura ufficiale per un ruolo di leadership in Libia, e un avvicinamento a Putin sulla questione siriana. Per il resto, il discorso di Renzi all’Onu è pieno di carne al fuoco, e colmo di elogi all’Italia. Tutto fumo...?
NEW YORK – In quell’eclettico «show politico» che è la settantesima assemblea generale Onu, ha avuto i suoi minuti da protagonista anche il nostro premier Matteo Renzi. Dalla tribuna dove ha indirizzato il suo discorso agli «eccellenti colleghi», quella stessa da cui, il giorno prima, Barack Obama e Vladimir Putin si sono lanciati reciprocamente accuse tra il velato e l’infuocato, il Presidente del Consiglio italiano ha esposto, quasi a perdita di fiato, tutte le sfide che si stagliano di fronte all’Italia e al mondo intero: dalle migrazioni al terrorismo, dalla Siria alla Libia, passando per il Medio Oriente, per l’Expo, l’ambiente, la pena di morte e il ruolo del Belpaese nelle Nazioni Unite. Niente a che vedere, insomma, con l’assertiva ma ordinata argomentazione di Obama e Putin: il premier, in quel discorso, ha voluto dire tutto e «anche di più», come suggerisce Gerardo Pelosi sul Sole24Ore.
(Generica) leadership in Libia
Partiamo dal titolo che ricorre in tutti i quotidiani del Paese, e che riguarda la «notizia» più facile da estrapolare dalla facondia del premier fiorentino: «Italia pronta a un ruolo guida in Libia». Era un’affermazione che ci aspettavamo, e una conferma che giunge proprio mentre le parti in causa stanno decidendo se accettare o meno le proposte di Bernardino Leon: insomma, proprio mentre si decide il futuro del Paese. Non è ancora ben chiaro, dal discorso di Renzi, quale idea abbia l’Italia della missione da portare avanti nel Paese nordafricano – il premier ha parlato genericamente di «assistenza» e «stabilizzazione», e di collaborazione con il governo di unità nazionale –. Il punto fermo però rimane: l’Italia aspira ad essere protagonista; per il resto, si vedrà.
Con Mosca sulla Siria?
Ma c’è un’altra «notizia» che fa capolino dal discorso di Renzi: anche l’Italia, come già altri Paesi europei, sembra avvicinarsi progressivamente alla posizione russa in Siria, dove, ha riconosciuto il premier, il più urgente problema da risolvere è l’avanzata dell’Isis. «Abbiamo preso atto del fallimento dell’inerzia in Siria; ora l’unica via è quella di restituire la parola alla politica per avviare un processo verso la transizione». In effetti, in una recente intervista al Wall Street Journal il premier ha puntualizzato come la Russia non può che essere parte integrante nel processo di transizione del Paese. Un altro punto incassato da Putin, e per nulla scontato, vista la posizione divergente di Hollande, accodatosi agli Stati Uniti.
Inarrestabile orgoglio italiano
Il terrorismo islamico è stato uno dei punti chiave del discorso di Renzi, come lo è stata la crisi migratoria: a quest’ultimo tema il premier ha dedicato particolare attenzione, cogliendo l’occasione per incensare il proprio governo per il ruolo di «leadership» assunto in Europa nella gestione della crisi. In effetti, l’altro «punto fermo» del discorso di Renzi è proprio questo: il Presidente del Consiglio ha colto tutte le occasioni possibili per sciorinare il proprio elogio al Belpaese nel contesto internazionale. Prima, per le operazioni di soccorso nel Mediterraneo; poi, per essere stati i primi consapevoli della dimensione del fenomeno e della necessità di un approccio globale alla crisi; quindi, per il ruolo dei nostri carabinieri nella coalizione anti-Daesh a Baghdad, e dei nostri militari in Afghanistan; ancora, per l’impegno italiano verso lo sviluppo sostenibile e i temi ambientali, di cui Expo si fa orgogliosamente portavoce. Alla luce di tutto ciò, il premier non ha mancato di candidare l’Italia a ruoli di primo piano su vari fronti: in Libia, ma anche a Palmira, con lo scopo di creare una task force Onu-Unesco per difendere il patrimonio artistico del Medio Oriente minacciato dalla furia distruttiva dell’Isis; e soprattutto, come membro non permanente in Consiglio di Sicurezza per il 2017-18. Tra una candidatura e l’altra, Renzi ha auspicato la risoluzione della crisi ucraina, ma anche di quella mediorientale; ha assicurato l’implementazione dell’accordo sul nucleare iraniano, rassicurando però anche Israele. Insomma, come da suo stile, non si può dire che Renzi abbia messo poca carne al fuoco. Eppure - diranno i critici - rimane come al solito da verificare che, alla fine, non gli si confaccia il detto «tutto fumo e niente arrosto». Specialmente in Libia, dove la comunità internazionale ci attende ansiosamente al varco.