28 agosto 2025
Aggiornato 05:00
Medio Oriente | La crisi siriana

Turchia: Non potremo accogliere più di 100.000 rifugiati siriani

Il Ministro degli Esteri Davutoglu: L'ONU crei campi profughi in zone cuscinetto. Il vice Presidente americano Biden riceve il re di Giordania. Si combatte ancora a Damasco e Aleppo. Brahimi: Stop alla violenza, serve dialogo tra Assad e ribelli

ANKARA - La Turchia non può accettare più di 100.000 rifugiati siriani sul suo territorio e una zona cuscinetto potrebbe essere indispensabile per contenere il flusso di rifugiati: è quanto ha detto il ministro turco degli Affari esteri, Ahmet Davutoglu, in un'intervista al quotidiano Hurriyet.
«Se il numero dei rifugiati aumenta fino a 100.000, non potremo più ospitarli in Turchia. Dobbiamo accoglierli nello stesso territorio siriano», ha spiegato il capo della diplomazia di Ankara.
In questo caso, Davutoglu ha suggerito che le Nazioni Unite installino dei campi profughi «alla frontiera con la Siria» in un'area cuscinetto appositamente creata per accogliere i rifugiati.
Davutoglu ha annunciato che la Turchia parteciperà a una riunione ministeriale al Consiglio di sicurezza dell'Onu, il prossimo 30 agosto, organizzata dalla Francia per esaminare la situazione umanitaria in Siria e nei paesi limitrofi.

Washington, il vice Presidente Biden riceve il re di Giordania - Il vice presidente americano Joe Biden riceverà oggi re Abdallah II di Giordania, paese vicino alla Siria e stretto alleato degli Stati Uniti in Medio Oriente. Lo ha annunciato la Casa Bianca.
L'incontro dovrebbe svolgersi nel pomeriggio, a partire dalle 16.15 (le 22.15 italiane), all'osservatorio navale di Washington, la residenza ufficiale dei numero due americani.
La presidenza americana non ha fornito altri dettagli nell'immediato sullo svolgimento di questi colloqui tra Biden ed Abdallah. La Giordania ha ricevuto più di 150mila rifugiati siriani dall'inizio della rivolta contro il regime del presidente Bashar al Assad: complessivamente, questo conflitto ha provocato più di 23mila morti, secondo l'Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh).

Si combatte ancora a Damasco e Aleppo - Nuovi combattimenti sono in corso da questa mattina a Damasco ed Aleppo, dove sono rimaste uccise almeno 16 persone, tra cui otto civili: lo ha riferito l'Osservatorio siriano sui diritti umani, spiegando che pesanti bombardamenti hanno avuto luogo nella seconda città della Siria. Ieri, nel primo giorno di Aid el Fitr che celebra la fine del ramadan, le violenze nel paese hanno fatto almeno 84 vittime. Intanto, il Consiglio nazionale siriano (Cns) ha denunciato la situazione «catastrofica» nella città meridionale di Herak. «Gli attacchi che il regime sanguinario conduce da oltre tre mesi su Herak impedisce l'approvvigionamento di cibo e medicine ed ha provocato una catastrofe umanitaria», ha reso noto il movimento di opposizione al regime. Int

Brahimi: Stop alla violenza, serve dialogo tra Assad e ribelli - In Siria «non è necessaria una grande missione» dell'Onu: «soprattutto, bisogna avviare un dialogo serio fra tutte le parti, se no, è inutile». E' quanto ha detto il nuovo inviato delle Nazioni Unite e della Lega araba per la crisi siriana, Lakhdar Brahimi, in un'intervista a France 24 e l'Entretien, la cui traduzione è stata pubblicata dal quotidiano la Repubblica.
Secondo Brahimi, «le dimissioni di Annan sono state un atto eminentemente politico a favore del popolo siriano». «Ha detto che bisogna smettere di accusarsi a vicenda e adottare una posizione comune in sostegno delle aspirazioni del popolo», ha sottolineato il nuovo mediatore.
Quanto alla sorte del presidente Bashar al Assad, ha spiegato ancora Brahimi, «non è ancora il momento di affrontare questo punto».