29 marzo 2024
Aggiornato 12:30
L’Italia ferma in Europa

Pil, per l'Italia crescita zero negli ultimi 17 anni. Germania +23,7%

L’analisi della Cgia: dal 2000 al 2017 la ricchezza nel Paese è cresciuta mediamente di appena lo 0,15% ogni anno. Crollano gli investimenti

Il Premier Gentiloni con la Cancelliera Angela Merkel
Il Premier Gentiloni con la Cancelliera Angela Merkel Foto: ANSA

MILANO - Secondo una ricostruzione statistica realizzata dall'Ufficio studi della CGIA, dall'inizio del 2000 fino al 2017 la ricchezza nel nostro Paese (Pil) è cresciuta mediamente di appena lo 0,15 per cento ogni anno.
«Come sostengono molti esperti, siamo in una fase di stagnazione secolare - dichiara in un comunicato il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo - e sebbene la ripresa si stia consolidando in tutta Europa, anche a seguito di una congiuntura internazionale favorevole, gli effetti positivi non stanno interessando tutte le aree territoriali e le classi sociali del nostro Paese. Il popolo delle partite Iva, ad esempio, continua ad arrancare; schiacciato come è da un carico fiscale eccessivo, da una burocrazia oppressiva e da una domanda interna che stenta a decollare».

Rispetto al 2007, anno pre-crisi, dobbiamo ancora recuperare 5,4 punti percentuali di Pil. Tra le componenti che compongono quest'ultimo indicatore economico, nel 2017 la spesa della Pubblica amministrazione presenta una dimensione inferiore a quella di 10 anni fa di 1,7 punti percentuali, la spesa delle famiglie di 2,8 punti e gli investimenti addirittura di 24,3 punti percentuali in meno.

FANALINO DI CODA IN EUROPA - La crescita registrata dai nostri principali partner economici dell'area dell'euro è stata molto superiore alla nostra. Se in Italia negli ultimi 17 anni il Pil è aumentato di soli 2,6 punti percentuali (variazione calcolata su valori reali), in Francia l'incremento è stato del 21,7 per cento, in Germania del 23,7 per cento e in Spagna addirittura del 31,3 per cento. L'Area dell'euro (senza Italia), invece, ha riportato una variazione positiva del 25,9 per cento. Tra i 19 paesi che hanno adottato la moneta unica solo il Portogallo (-1,2 punti percentuali), l'Italia (-5,4) e la Grecia (-25,2) devono ancora recuperare, in termini di Pil, la situazione ante crisi.
Se, però, sempre in questo arco temporale analizziamo l'andamento dei nostri conti pubblici, il rigore non è mai venuto meno.

«Negli ultimi 17 anni - dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason - solo in un anno, il 2009, il saldo primario, dato dalla differenza tra le entrate totali e la spesa pubblica totale al netto degli interessi sul debito pubblico, è stato negativo. In tutti gli altri anni, invece, è stato di segno positivo e, pertanto, la spesa primaria è stata inferiore alle entrate. A ulteriore dimostrazione che in questi ultimi decenni l'Italia ha mantenuto l'impegno di risanare i propri conti pubblici, nonostante gli effetti della crisi economica siano stati più pesanti qui da noi che altrove».

PRODUZIONE INDUSTRIALE - Anche sul fronte della produzione industriale, lo score dell'Italia registrato in questi ultimi 17 anni è stato abbastanza deludente. Rispetto al 2000, oggi scontiamo un differenziale negativo di 19,1 punti percentuali, con punte del -35,3 per cento nel tessile/abbigliamento e calzature, del -39,8 per cento nel settore dell'informatica e del -53,5 per cento nelle apparecchiature elettriche. Di segno opposto, invece, solo gli alimentari e le bevande (+11,2 per cento) e la farmaceutica (+28,3 per cento) (vedi Tab. 3).

Se, come sostenevamo più sopra, negli ultimi 17 anni la produzione manifatturiera in Italia è diminuita di 19,1 punti percentuali, nessun altro tra i principali paesi avanzati dell'Ue ha fatto peggio. Sebbene Spagna e Francia abbiano ottenuto dei risultati con scostamenti non molto diversi dal nostro, è invece significativa la performance registrata dal settore industriale tedesco. Tra il 2000 e il 2017 la produzione manifatturiera in Germania è aumentata di quasi 30 punti percentuali.

Secondo la CGIA, comunque, il tema degli investimenti rimane centrale per delineare qualsiasi politica di sviluppo economico.