28 aprile 2024
Aggiornato 20:30
Demografia

Perché l'Italia è un paese destinato a morire (ma nessuno ne parla)

Della crisi demografica italiana non si parla abbastanza eppure ci riguarda tutti da vicino e comporta gravi conseguenze per il nostro Paese a causa dell'invecchiamento della popolazione nazionale

La crisi demografica affligge il Belpaese e avrà gravi conseguenze per il nostro futuro.
La crisi demografica affligge il Belpaese e avrà gravi conseguenze per il nostro futuro. Foto: ANSA/CESARE ABBATE/ ANSA

ROMA – Dell' «altra» crisi non si parla abbastanza. La prima è la crisi economica, che ha investito tutto il continente dal 2008, e i politici nostrani – vedi l'ex premier Matteo Renzi e il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan - si sono già varie volte affrettati a dire che ormai l'abbiamo superata (ma noi ne dubitiamo). La seconda, invece, è la crisi demografica che tutt'ora affligge il Belpaese. E questa non trova molto spazio nei media, anche se ci riguarda da vicino e comporta gravi conseguenze socio-economiche nel medio e lungo periodo per tutto il Paese. A fare il punto della questione è stato il Professor Gian Carlo Blangiardo dell'Università Bicocca di Milano, che ci ha illustrato quale sarà il destino dello Stivale se i governi presenti e futuri non decideranno di correre ai ripari al più presto.

La crisi demografica italiana
La popolazione italiana continua a diminuire. Basti pensare che nel 2016 all'appello mancavano ben 76mila persone rispetto al 2015. Le nascite hanno raggiunto il record negativo più basso di sempre, il saldo naturale (il numero dei nuovi nati meno il numero dei decessi) è negativo da diversi anni e il trend resta immutato, mentre aumentano i giovani che lasciano il Paese per cercare un lavoro all'estero. Il risultato è una crisi demografica senza precedenti. Ed evidentemente qualcosa in Italia sta cambiando, ma non nel verso giusto.

Il fenomeno delle «culle vuote»
Vale la pena sottolineare che prima del 2016 la popolazione italiana non si era mai ridotta così tanto a partire dal 1862, neppure durante la prima guerra mondiale. Nel 2016, infatti, abbiamo raggiunto il minimo storico delle nascite nazionali. Non solo. Il fenomeno delle «culle vuote» è in crescita e lascia presupporre che l'Italia sia un Paese destinato a morire dal punto di vista demografico. Taluni ritengono speranzosi che l'antidoto a questo tragico destino sia l'immigrazione, ma secondo il Professor Blangiardo questo non è vero «perché anche le famiglie straniere risentono delle difficoltà economiche e sociali che attanagliano l'Italia e stanno riducendo drasticamente anche il loro tasso di natalità».

L'invecchiamento della popolazione
Perciò le conseguenze non sono difficili da immaginare. Innanzitutto l'invecchiamento della popolazione italiana. Considerate che se intorno al 1950 la maggior parte della popolazione dello Stivale aveva meno di trentacinque anni, oggi l'età media è intorno ai cinquant'anni d'età e nel 2066 gli italiani saranno soprattutto anziani (dai sessant'anni in su). Ma una società che invecchia – e con questa velocità - è molto difficile da gestire sia dal punto di vista economico che da quello sociale. Uno dei problemi più rilevanti riguarderà il mercato del lavoro, perché le uscite saranno di gran lunga superiori alle entrate e il tasso di produttività crollerà a picco con ricadute significative sul Pil nazionale e la crescita economica.

I problemi del futuro mercato del lavoro
Il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ritiene che la soluzione siano i flussi migratori in ingresso che dovrebbero introdurre nel Belpaese nuova forza lavoro (per giunta a basso costo). Ma il Professor Blangiardo sottolinea che sarebbe il caso di agire prima su un altro dato: l'occupazione femminile, che in Italia è molto bassa. Aiutare le donne a entrare nel mercato del lavoro e a mantenere il proprio impiego anche dopo la maternità sarebbe il primo passo da compiere per convertire le risorse inoccupate in nuova occupazione. Poi sarebbe altresì importante promuovere un'immigrazione «sostenibile», quella che permetterebbe sia ai migranti che al paese ospitante di ottenere reciproci vantaggi.

Il welfare sulle spalle dei (pochi) giovani
Ma le conseguenze negative dell'invecchiamento della popolazione italiana non finiscono qui. Un altro tasto dolente sarà quello della sanità, com'è fin troppo facile intuire. Poiché gli ultranovantenni e gli ultracentenari sono destinati ad aumentare, cresceranno enormemente anche i costi che dovrà affrontare il Sistema Sanitario Nazionale. Basti pensare che nel 2060 gli ultracentenari, che oggi sono circa 17mila, saranno oltre 140mila. Il welfare sarà perciò tutto sulle spalle dei più giovani (quali?). E c'è dell'altro, perché anche i conti dell'Inps potrebbero non essere più sostenibili entro qualche decina d'anni. Per evitare il peggio occorre quindi iniziare a prendere seri provvedimenti fin da ora, innanzitutto investendo sulle politiche per la famiglia e sensibilizzando l'opinione pubblica sulla crisi demografica, che ci riguarda tutti. Inevitabilmente.