Fisco, in Italia si pagano le tasse più alte d'Europa: ecco perché dobbiamo rispolverare la «curva di Laffer»
All'Italia va la maglia nera dell'Ue per l'evasione dell'Iva. Ma non è l'unico record negativo: nel Belpaese si pagano anche le tasse più alte d'Europa. Ecco cosa non funziona nel sistema fiscale italiano e perché

ROMA – Nell'Unione Europea, l'Italia si è aggiudicata la maglia nera per l'evasione dell'Iva. La Commissione ha stimato che le imposte non pagate nel 2014 sono pari a 36,9 miliardi di euro. Questo dato rivela il paradosso di cui è vittima il Belpaese, afflitto da tasse molto alte e da un rispetto delle norme molto basso. Ma la «curva di Laffer» può spiegarci perché in Italia le cose stanno così e perché, invece, altrove funzionano molto diversamente.
All'Italia va la maglia nera dell'Ue
Nell'Unione Europea, l'Italia si è aggiudicata la maglia nera per l'evasione dell'Iva. Dei circa 160 miliardi di euro evasi in Europa nel 2014, infatti, la quota italiana è la più voluminosa: 36,9 miliardi di euro. Secondo la Commissione europea si tratta «ancora una volta di livelli inaccettabili», e l'Italia per l'Ocse è «il paese dei paradossi: dove le tasse sono alte, ma il rispetto delle norme è molto basso, sopratutto sull'Iva.» Sembra un ossimoro, ma i due concetti potrebbero non essere affatto in antitesi.
I cittadini italiani pagano le tasse più alte
Come riporta Francesca Angeli su Il Giornale, le tasse in Italia sono le più alte d'Europa e i cittadini italiani sono i più vessati dal Fisco tra tutti i popoli europei. Negli ultimi dieci anni, infatti (dal 2005 al 2015) la pressione fiscale è salita dal 39% al 43,5% dello scorso anno e il paragone con gli altri stati è davvero impietoso. Se restiamo in Europa, possiamo considerare la Germania, dove la pressione fiscale è passata dal 38,4% del 2005 al 39,6% del Pil. Oppure confrontare il dato italiano con quello medio dell'intera Eurozona, che ora è al 41% ed è aumentato di soli due punti percentuali rispetto al 2005.
Il prelievo fiscale negli Stati Uniti
Negli Stati Uniti, invece, il prelievo fiscale è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi dieci anni, limitandosi a oscillare dal 26,3% al 26,4%. Il dato più rilevante, però, del Fisco italiano è che l'aumento della pressione fiscale nel Belpaese non si è tradotto in un miglioramento dei conti pubblici, come si potrebbe supporre. Nonostante l'incremento considerevole delle tasse, infatti, proprio l'anno scorso è stato toccato il record negativo del periodo preso in considerazione per quanto riguarda il rapporto debito/Pil. Per spiegare questo dato occorrerà considerare prima qualche altra cifra.
Il caso della Florida
Secondo un'analisi del Centro Studi di Unimpresa, in Italia si registra il livello più alto sia per le imposte sui consumi (Iva) con un'aliquota massima al 22%, sia per quanto riguarda le imposte personali sul reddito (Irpef) con un'aliquota massima al 48,9%, sia – infine – per quanto riguarda le imposte sul reddito delle società (Ires) con un'aliquota massima al 31,4%. Per capire meglio questi dati è opportuno tornare (virtualmente) negli Stati Uniti per fare un paragone esemplificativo con uno stato dove la pressione fiscale è relativamente bassa: la Florida. Qui non sono previste tasse sui redditi personali, mentre il prelievo per le società è pari al 5,5%.
I vantaggi fiscali di Miami
Ma non finisce qui. La città di Miami, in particolare, offre dei vantaggi ulteriori per quanto riguarda la pressione fiscale, al fine di favorire le imprese che intendono stabilirvi la propria attività. Eccole: nessuna tassa statale sul reddito personale, nessuna tassa locale sui redditi personali, nessuna tassa di proprietà sulle merci in transito fino a 180 giorni, nessuna tassa societaria per le limited partnership, nessuna tassa su merci prodotte in Florida e destinate all’esportazione. Inoltre sono previste esenzioni fiscali su particolari merci e transazioni.
Arthur Laffer e Ronald Reagan
Evidentemente, qui devono aver imparato almeno due lezioni tutt'ora sconosciute nel Belpaese. La prima è che una pressione fiscale troppo alta è il principale ostacolo alla crescita economica di un paese perché si trasforma in una pesante zavorra per l'economia reale. La seconda è che oltre un certo livello di prelievo fiscale, l'evasione aumenta in modo significativo e più che proporzionale. Gli economisti conoscono bene il fenomeno e lo rappresentano attraverso la cosiddetta «curva di Laffer».
La curva di Laffer
Arthur Laffer la utilizzò per convincere Ronald Reagan, durante la sua campagna presidenziale per le elezioni del 1980, a diminuire le imposte dirette e da allora è stata largamente impiegata nel sistema fiscale statunitense. La curva di Laffer mette in relazione l'aliquota di imposta con le entrate fiscali e dimostra l'esistenza di un livello di prelievo fiscale oltre il quale non è più conveniente aumentare le tasse perché il gettito fiscale tenderebbe a zero a causa dell'evasione. Ecco perché il paradosso di cui parla l'Ocse quando fa riferimento a un paese – l'Italia - in cui le tasse sono molto alte, ma il rispetto delle regole è basso, non ci sembra tale. Piuttosto si tratta di una relazione causale dalle evidenti conseguenze economiche. Nel Belpaese l'evasione è uno degli effetti collaterali di una pressione fiscale troppo alta.
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