19 aprile 2024
Aggiornato 22:30
La «gaffe» della Banca d'Inghilterra? Uno strumento di distrazione di massa

Dietro l'ipotesi del Brexit, gli interessi comuni di Londra e Berlino

La Bank of England ha reso note per errore delle informazioni riservate sull'ipotesi dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Ma l'alleanza tra David Cameron, Angela Merkel e Francois Hollande potrebbe essere più solida di quanto si pensi.

ROMA – Un errore imperdonabile, quello della Bank of England. Un documento super segreto che spiega in dettaglio la creazione di un’unità speciale per studiare i rischi finanziari del Brexit è stato pubblicato sul quotidiano The Guardian. Come sia arrivato ai media è presto detto: un dirigente della Banca d’Inghilterra avrebbe inviato  «per sbaglio» una mail con le informazioni confidenziali proprio alla redazione del giornale inglese.

Il project Bookend doveva restare segreto (?)
Il progetto, dal nome in codice Project Bookend, stava analizzando le conseguenze economico-finanziarie di un’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue e doveva restare segretissimo. L’Ansa l’ha definita una «gaffe clamorosa», ma è evidente che non si tratti semplicemente di un «incidente increscioso», per usare le parole poco convincenti di un portavoce della Bank of England. Il governo inglese voleva che queste informazioni venissero divulgate, e la domanda da porsi è: perché? Il referendum sull’adesione all’Unione europea, promesso da David Cameron in campagna elettorale, potrebbe essere anticipato al 2016 e c’è grande inquietudine sui mercati finanziari per l’esito della consultazione popolare.

Il referendum inglese come strumento di contrattazione
Il mondo della finanza teme il Brexit ed è favorevole al mercato unico perché da esso dipendono 3,5 milioni di posti di lavoro. Come riporta l’articolo di Anna Maria Merlo su sbilanciamoci.info, secondo le stime dell’Open Europe l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe costare agli inglesi un calo del 2,3% del Pil. In realtà, però, Londra ha tutto l’interesse a preservare questo status quo: la sua permanenza nell’Unione europea senza far parte dell’Eurozona le permette di conservare i vantaggi della valuta nazionale (e soprattutto gli interessi della City) salvaguardando anche le relazioni commerciali con gli altri stati europei. Non a caso i sondaggi prevedono che il 67% dei votanti risponderebbe «sì» alla fatidica domanda posta dal referendum: restare o meno nell’Ue. Il Brexit, perciò, ci sembra piuttosto uno strumento di contrattazione per ottenere qualcos’altro: l’obiettivo di Cameron è quello di restare in Europa, ma negoziando una riforma radicale per essere più liberi.

Dietro la «gaffe» della Banca d'Inghilterra si nascondono gli interessi collegiali di Francia, Germania e Regno Unito
Il referendum potrebbe essere anticipato al 2016 perché l’anno prossimo Francia e Germania saranno più propense a scendere a patti con gli inglesi, mentre nel 2017 dovranno fare i conti con le elezioni politiche interne e con la ricerca del consenso popolare in campagna elettorale. Sul tavolo della contrattazione di Cameron ci sono l’euro, Schengen e la Carta dei diritti fondamentali. Ma è soprattutto il nodo cruciale dell’immigrazione a rendere inquieti gli inglesi, come dimostra l’escalation del partito di Nigel Farage, l’UKIP. La Gran Bretagna è decisa a rifiutare l'ipotesi di nuove ondate di immigrati extra europei e a rifiutare la proposta delle «quote» lanciata da Jean-Claude Juncker. L’emergenza sbarchi è il vero problema della partita europea, ma la nostra sensazione è che esistano già due fronti contrapposti: quello degli inglesi, dei tedeschi e dei francesi (che dicono «no» agli immigrati) e quello dei paesi meridionali dell’Europa (costretti come l’Italia e la Grecia a fare i conti con il dramma quotidiano dei morti nel Mediterraneo). In questo senso, gli interessi di Londra appaiono ai nostri occhi piuttosto vicini a quelli di Berlino e di Parigi. Ecco allora che la «finta» fuga d’informazioni dalla Banca d’Inghilterra potrebbe essere non tanto un monito per Bruxelles (un altolà per estorcere qualcosa in più nella contrattazione con l'Ue), quanto un malriuscito tentativo di distogliere l’opinione pubblica dall’evidenza di interessi geopolitici comuni ben più concreti dell’ipotesi del Brexit.