28 marzo 2024
Aggiornato 23:30
Il presidio della Lega Nord davanti all'istituto senese

Salvini: «Siamo pronti a occupare MPS per tutelare azionisti e lavoratori»

Aperta e chiusa l'assemblea di Banca Mps, che si è riunita in prima convocazione. All'apertura dei lavori era presente solo lo 0,018% del capitale. Fuori dalla sede di Mps intanto è arrivato il segretario della Lega, Matteo Salvini, per un presidio e un comizio.

SIENA (askanews) - Aperta e chiusa l'assemblea di Banca Mps, che si è riunita in prima convocazione. All'apertura dei lavori era presente solo lo 0,018% del capitale. L'assemblea sarà riunita nuovamente domani, anche se appare probabile un nuovo slittamento a giovedì in terza convocazione, sia per la parte ordinaria che per quella straordinaria. All'ordine del giorno dell'assemblea c'è, tra l'altro, il rinnovo del consiglio di amministrazione. Fuori dalla sede di Mps intanto sta per arrivare il segretario della Lega, Matteo Salvini, per un presidio e un comizio.

Salvini: Siamo pronti a occupare MPS, se Renzi non restituisce i soldi
«Se Renzi è veramente un rottamatore restituisca tutti i quattrini, e sono milioni, incassati dai responsabili e corresponsabili del disastro di Mps, altrimenti sarà solo un chiacchierone": ha detto il leader della Lega Matteo Salvini, parlando con i giornalisti davanti alla sede direzionale del Monte dei Paschi a Siena. «Chiediamo ai compagni del Pd - ha aggiunto - le cui casse sono piene di restituire alcuni milioni di euro: sarebbe un bel gesto da parte di Renzi visto che uomini di Mps responsabili di questo disastro hanno messo centinaia di migliaia di euro nelle casse del Pd».Salvini ha anche detto che «oggi siamo a dare l'avviso di sfratto: è soltanto l'inizio, ci saranno altre assemblee e noi siamo pronti a occupare le sedi del Monte dei Paschi a tutela degli azionisti e dei lavoratori che rischiano di rimetterci l'osso del collo per una sinistra incapace».

MPS deve applicare la sentenza e confrontarsi con i sindacati
E' «necessario» che Mps «applichi la sentenza e che si renda finalmente conto che l'unica strada percorribile è quella del confronto con le organizzazioni sindacali aziendali e che qualunque altra strada è destinata a produrre esclusivamente effetti negativi».Lo scrive la Fisac Cgil di Siena, dopo la sentenza di primo grado con cui ieri sera il Tribunale ha deciso che il Monte deve reintegrare nell'organico circa 250 lavoratori che avevano presentato il ricorso contro l'esternalizzazione e il passaggio a Fruendo. «Si tratta della certificazione - afferma la Fisac - che quel trasferimento di ramo d'azienda non era conforme alle norme legislative così come la Fisac Mps e la Fisac Fruendo hanno sempre sostenuto. Tra l'altro la banca ha insistito su quel percorso chiaramente sbagliato pur in presenza di controproposte sindacali capaci di rispondere alle esigenze di contenimento dei costi, nel rigoroso rispetto delle norme contrattuali e delle leggi in vigore».

Il giudice: reintegrate i lavoratori, il trasferimento a Fruendo non vale
Il passaggio del Consorzio di Mps a «Fruendo", con 1.064 dipendenti, non fu una effettiva «cessione di ramo d'azienda» perché a essere trasferita è stata «una entità creata ad hoc in vista ed in occasione del trasferimento».Lo scrive il giudice di Siena Delio Cammarosano, nella sentenza con cui ha deciso che Mps deve reintegrare circa 250 lavoratori passati a Fruendo, la joint venture creata da Bassilichi (60%) e Accenture. Per il giudice, si legge nella sentenza, non si è trattato «di cessione di un ramo di azienda suscettibile di trasferimento ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2112 del codice civile» perché la parte trasferita non era «una entità economica dotata di una propria individualità e sufficiente strutturazione ed autonomia funzionale, come insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria, altresì con carattere di preesistenza, e, in ogni caso, oggetto che non ha conservato nella cessione contrattuale la propria identità, necessitando per converso imponenti interventi integrativi imprenditoriali ad opera del cedente stesso, del cessionario, di terzi. Si è trattato, dunque - per il giudice senese - di una entità creata ad hoc in vista ed in occasione del trasferimento e come ramo aziendale unicamente identificata dalle parti del negozio traslativo, rivelandosi l'operazione, in definitiva, una mera esternalizzazione di servizi con cessione dei contratti di lavoro, che richiede per il suo perfezionamento il consenso dei lavoratori ceduti».Da qui, per il giudice, deriva «la invalidità ed inefficacia del trasferimento di azienda».