Inflazione e crescita basse, la BCE resterà a guardare?
Dalla riunione di giovedì del Consiglio direttivo della Banca centrale europea la maggior parte degli analisti non si attende provvedimenti immediati. Per una serie di ragioni
FRANCOFORTE - Gli sviluppi non incoraggianti di diversi indicatori economici hanno aumentato le pressioni sulla Banca centrale europea, di fronte al nodo della persistente bassa inflazione. Un problema legato a doppio filo con quello della debolezza economica e che ha trovato spazio anche nel recente intervento del presidente Mario Draghi a Jackson Hole. Il tutto ha alimentato rinnovate attese di possibili nuove misure espansive, e conseguenti aggiustamenti al ribasso dell'euro. Tuttavia, dalla riunione di giovedì del Consiglio direttivo la maggior parte degli analisti non si attende provvedimenti immediati. Per una serie di ragioni.
NUOVO TAGLIO TASSI IMPROBABILE - Innanzitutto la Bce, come è sua consuetudine, potrebbe voler aspettare di verificare quali siano gli effetti concreti delle diverse manovra già attuate di recente. Le decisioni di politica monetaria verranno comunicate alle 13 e 45 mentre alle 14 e 30 Draghi terrà la consueta conferenza stampa esplicativa. Un numero più marginale di esperti non esclude invece un nuovo taglio dei tassi, una misura che visti i margini di manovra rimasti avrebbe più che alto un carattere simbolico. Ma intanto, rilevano altri esperti, il recente calo dell'euro - poco sopra 1,31 dollari è ormai ai minimi da un anno - attenua la tensione perché potrebbe contribuire a favorire una ripresa inflattiva. Laddove fino a poche settimane i rialzi della valuta condivisa avevano l'effetto opposto.
IMMISSIONE DI LIQUIDITÀ - Oltre alla riduzione dei tassi di luglio, con il principale riferimento ormai ad appena lo 0,15 per cento e i tassi sui depositi custoditi per conto delle banche per la prima volta a livelli negativi (meno 0,10 per cento), l'istituzione di Francoforte ha deciso di avviare una nuova massiccia immissione di liquidità nel sistema. Questo tramite ulteriori rifinanziamenti agevolati alle banche, simili a quelli usati durante la crisi dei debiti ma stavolta vincolati al riutilizzo nell'economia reale (Tltro). Le prime operazioni si svolgeranno proprio a settembre e da questo canale complessivamente potrebbero transitare fino a 1.000 miliardi di euro, a più riprese fino al 2016.
PERICOLO DEFLAZIONE - Ma intanto l'inflazione continua a calare. Ad agosto è finita ad un marginale 0,3 per cento nell'area euro, sempre più lontana dall'obiettivo ufficiale della Bce, che la vuole inferiore ma vicina al 2 per cento. Altro fattore preoccupante è che la battuta d'arresto dell'economia, se non le ricadute in recessione come nel caso dell'Italia, hanno provocato uno stallo della crescita di tutta Eurolandia nel secondo trimestre. Infine ma non ultimo l'ultima rilevazione condotta dalla stessa Bce ha evidenziato un indebolimento delle generali attese del pubblico sulle prospettive di inflazione. Per la prima volta da 5 anni sul lungo termine sono finite sotto il 2 per cento. E un deterioramento su questo versante era stato più volte citato dall'istituzione come un possibile innesco di eventuali interventi.
COSA DICONO GLI ANALISTI - Ma appunto molti analisti, come quelli di Crédit Suisse, ritengono che prima di fare altro l'Eurotower vorrà vedere cosa sortisce quanto già deciso. Inoltre, osservano gli economisti di UniCredit, il recente deprezzamento dell'euro gioca «a favore» di una ripresa inflattiva. E proprio per questo la loro revisione al ribasso effettuata oggi sulle prospettive di crescita dell'area (Pil solo al più 0,8 per cento quest'anno, invece del precedente più 1,2 per cento) non si è accompagnata da tagli sulle attese di caro vita. Sull'ipotesi di altri tagli ai tassi alcuni osservatori suggeriscono un taglio del principale riferimento allo 0,05 per cento. Anche a UniCredit non escludono del tutto qualcosa di simile, ma sarebbe un provvedimento più che altro «cosmetico». Se volesse sortire effetti più concreti, sempre che lo ritenga necessario, quello che la Bce dovrebbe fare sarebbe probabilmente un vasto piano di acquisti di titoli finanziari, pubblici e privati. Un «Quantitative Easing» che però sarebbe ben più problematico da far passare nel direttorio rispetto a quanto deciso finora. Specialmente se il quadro complessivo non dovesse mostrare drammaticità stridenti o marcati deterioramenti. E se il Pil del secondo trimestre non è cresciuto gli esperti non escludono che nei mesi successivi la situazione non possa migliorare, mentre il mercato del lavoro ha mostrato ulteriori stabilizzazioni.
UNIMPRESA, NON SI DEVE PERDERE TEMPO - «Non bisogna perdere tempo: la Bce giovedì deve dare il via libera al piano straordinario anticrisi, varando il cosiddetto quantitative easing, cioè il meccanismo che consente alla stessa Banca centrale di acquistare titoli di Stato. Questa misura, accanto alla liquidità a basso costo concessa alle banche per favorire il credito alle imprese, dovrebbe essere importante per mettere l'economia del Vecchio continente di agganciare l'auspicata ripresa. E' un piano straordinario ormai improcrastrinabile». Lo dichiara il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi, in vista della riunione della Banca centrale europea in programma giovedì. «La stagnazione diffusa in molti paesi dell'Unione europea, insieme con l'inflazione vicina allo zero e, in taluni casi, come l'Italia, negativa, sono fattori preoccupanti da combattere sin da subito», aggiunge Longobardi.
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