Il Milan e il nuovo tecnico: quando vincere è l’unica cosa che non conta
L'addio di Gattuso a giugno è ormai scontato, i contatti con diversi allenatori sconfortano più di quanto non sembri. E intanto Conte....

MILANO - A prescindere da come finirà il campionato, il Milan e Gennaro Gattuso si saluteranno il prossimo 27 maggio, il lunedì successivo a Spal-Milan, data dell'ultima giornata della serie A. Che sia quarto posto e qualificazione in Coppa dei Campioni o quinto/sesto e quindi ancora Coppa Uefa, le strade del tecnico calabrese e dei rossoneri si divideranno, col rammarico di non aver chiuso come volevano il loro rapporto. Gli screzi con Leonardo, le cervellotiche scelte tattiche ed una mentalità vincente mai inculcata nei calciatori stanno costando la panchina ad un Gattuso ormai lontano dal Milan anche con quel quarto posto che doveva essere la panacea di ogni male.
Sostituti
Scontata dunque la separazione con l'attuale allenatore, il già citato Leonardo e Paolo Maldini andranno a caccia del nuovo tecnico che dal 1 luglio si insidierà a Milanello. In pole position ci sono Maurizio Sarri, che il Chelsea sta (ovviamente) per scaricare dopo l'inguardabile stagione a cui l'ex allenatore del Napoli ha loro malgrado sottoposto i Blues e che ha già dato una disponibilità di massima al suo ritorno in serie A, prima alla Roma e poi al Milan, nonostante le dichiarazioni di facciata con amore giurato ai londinesi, ed Eusebio Di Francesco, reduce dall’esonero a Roma. In seconda fila c'è Gian Piero Gasperini, quindi Marco Giampaolo, tutti legati da un unico filo conduttore, ovvero quello di avere il numero zero alla voce vittorie e trofei, nonostante siano tutti ben oltre i 50 anni di età e con tanta serie A ormai alle spalle. Defilato il francese Rudi Garcia, paradossalmente l'unico ad avere nella bacheca personale lo straccio di un titolo, ovvero lo scudetto e la Coppa di Francia, conquistati entrambi a Lille nel 2011. Inarrivabile o quasi, invece, Mauricio Pochettino, legato al Tottenham.
Quali garanzie?
Il Milan, lo ha detto la proprietà e lo hanno più volte ribadito i dirigenti, vuole tornare grande, in Italia e in Europa. Quando non si è capito, del resto il club, pur dando per scontata la volontà di emergere (anzi, di riemergere) rilascia l'impressione di non avere la benché minima idea di come fare per riuscirci. I rossoneri navigano a vista, i dirigenti annaspano, vanno a tastoni, le provano tutte, ma la sensazione è che i manici non reggano e che basti una pressione anche bassa per far crollare tutto. Ma l'ambizione del Milan è realmente quella di tornare a vincere, di sfidare la Juventus come a bei tempi, oppure ci si accontenta dei semplici piazzamenti che peraltro è pure complicato raggiungere? L’ambizione dovrebbe essere sempre massima e se poi il massimo non si dovesse concretizzare, allora si raccoglie il resto.
Progetto vincente
Il Milan, viceversa, si accontenta di vivacchiare per la conquista del quarto posto, incassando i soldi della qualificazione alla Coppa dei Campioni se va bene (e sembra lontanissimo anche questo obiettivo), senza minimamente preoccuparsi, ad esempio, di riportare un trofeo nella bacheca milanista. I tifosi chiedono il ritorno di un Milan vincente, almeno competitivo per vincere, ben venga il quarto posto che non può però essere l'obiettivo finale, bensì la base di partenza per un nuovo ciclo vincente. E come si vince? Semplice: affidandosi a chi ha già vinto. Il nome è sempre lo stesso, Antonio, il cognome pure, Conte. E invece il Milan che fa? Va ancora alla ricerca di esperimenti, di fallaci progetti a lungo termine, di cibi a lunga scadenza che forse un giorno qualcuno mangerà. La strada è a un bivio: con Conte ci si prepara a vincere, con gli altri si rimanda ancora. La scelta estiva di società e dirigenza spiegherà tanto sulla voglia di vincere del nuovo Milan. Ammesso che ci sia.