17 agosto 2025
Aggiornato 20:00
Ora la casa italiana fa paura ai big

Gigi Dall'Igna: «Così Honda e Yamaha vogliono penalizzare la Ducati»

Il direttore generale della Rossa di Borgo Panigale tuona sulla decisione di proibire le alette sulle moto a partire dalla prossima stagione: «Non sono realmente pericolose, è stata solo una strumentalizzazione per rallentarci»

Il direttore generale di Ducati corse Gigi Dall'Igna
Il direttore generale di Ducati corse Gigi Dall'Igna Foto: Ducati

BRNO – Proibire le alette sulle moto dalla prossima stagione? Solo uno stratagemma studiato dalle case giapponesi per azzoppare la Ducati. La protesta per il clamoroso dietrofront regolamentare sulle appendici aerodinamiche, di cui proprio la casa di Borgo Panigale è stata pioniera, riuscendo a raggiungere un'efficienza superiore a quella dei rivali, è scattata subito dopo la decisione della Federazione motociclistica internazionale. Ma a maggior ragione oggi che la Desmosedici GP ha dimostrato di essere una moto vincente e ambisce a infilarsi sempre più spesso nelle prime posizioni la voce della Rossa si fa sentire più forte che mai. Tanto che il direttore generale Gigi Dall'Igna, insieme ai suoi colleghi dei principali costruttori rivali, è stato convocato ad una conferenza stampa sul tema proprio al venerdì del Gran Premio della Repubblica Ceca. E ha tuonato: «Abbiamo utilizzato le ali per la prima volta all'inizio del 2015, per cui è passato un anno e mezzo da quando abbiamo iniziato a usarle – ha affermato Dall'Igna – In questo periodo ci sono stati tanti incidenti e non c'è stata alcuna prova che le ali siano pericolose per i piloti. Usare questa scusa per proibirle è pericoloso per il motociclismo: la sicurezza è uno dei problemi più importanti e non andrebbe usato per ridurre le prestazioni di un concorrente».

La difesa delle case giapponesi
Federazione e associazione dei costruttori avrebbero dunque strumentalizzato il tema della sicurezza con il secondo fine di penalizzare le prestazioni della Ducati. Una tesi che le aziende nipponiche, i cui rappresentanti erano anche loro presenti all'incontro con i giornalisti, respingono seccamente al mittente. «La Federazione ci ha chiesto di pensare seriamente alla sicurezza, che per noi è la cosa più importante», ribatte Kouichi Tsuji (Yamaha). «Poi non siamo riusciti a trovare un accordo unanime in associazione costruttori e dobbiamo accettare questa decisione», aggiunge Ken Kawauchi (Suzuki). «Non mi esprimo sulla sicurezza, ma i costi di sviluppo sono enormi – conclude Shuhei Nakamoto (Honda) – La sfida tecnologica è interessante, ma se si inizia a lavorare sull'aerodinamica, come è accaduto in F1 con gallerie del vento che funzionano 24 ore su 24 sette giorni alla settimana, il budget è enorme». Anche l'alibi dei costi, però, non sembra convincere Dall'Igna: «Abbiamo cercato un compromesso ragionevole sia sulla sicurezza che sui costi – risponde il boss della Rossa – Ma se questo significa avere alette lunghe un centimetro, meglio cancellarle del tutto senza trovare un accordo unanime. Di sicuro l'anno prossimo avremo un'aerodinamica diversa, che dovremo sviluppare, quindi i costi aumenteranno».

Meglio le ali che la radio
Per non parlare delle ricadute tecnologiche a lungo termine che questo blocco potrà avere anche sullo sviluppo delle moto di serie: «L'industria motociclistica deve sfruttare l'aerodinamica di più di quanto abbia fatto in passato – prosegue Dall'Igna – ma non ha le conoscenze per lavorarci ad alti livelli. Perciò proibire le alette è un problema per tutta l'industria, perché impedirà lo sviluppo futuro di sufficienti conoscenze aerodinamiche». E sull'ipotesi, ventilata la settimana scorsa, di introdurre un display digitale per comunicare tra muretto e pilota? «Potrebbe essere utile in alcune gare con il flag-to-flag – storce il naso l'ingegnere veneto – ma francamente preferirei spendere i nostri soldi sviluppando la tecnologia delle moto, ad esempio le ali!»