23 aprile 2024
Aggiornato 09:00
L'intervista

Dominici: «Così l’Italia si sta trasformando nello Stato del Draghistan»

Al DiariodelWeb.it parla il professor Gandolfo Dominici, docente di marketing e cibernetica all’università di Palermo, che ha coniato il termine «Draghistan»

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi
Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi Foto: Filippo Attili ANSA

L’Italia si sta trasformando nello Stato del «Draghistan»? Questo è ciò che sostiene il professor Gandolfo Dominici, docente di marketing e cibernetica all'università di Palermo, che per primo ha coniato questo termine che poi tanta fortuna ha avuto, venendo ripreso nelle analisi politiche in tutto il mondo. Prima attraverso la gestione della pandemia e oggi della guerra, il governo ha accentrato su di sé i poteri, compresso il dibattito democratico, limitato i diritti costituzionali dei cittadini e ridicolizzato, se non addirittura censurato, il dissenso. Mosse che, sostiene il professore al DiariodelWeb.it, rientrerebbero in una strategia ben precisa a lungo termine.

Professor Gandolfo Dominici, come è nato il termine «Draghistan»?
Inizialmente con un hashtag su Twitter, la scorsa estate. Ai tempi l'unico Paese che aveva introdotto l'obbligo vaccinale era il Turkmenistan. La politica di Draghi mi sembrava ispirata a quello Stato, ma non solo. Anche all'Afghanistan per il talebanismo vaccinale, all'Uzbekistan che era stato Paese dell'anno per l'Economist nel 2019 mentre l'Italia nel 2021 e al Kazakistan dove si sperimentavano le armi atomiche durante l'Unione sovietica, mentre da noi si sperimentava la compressione dei diritti. Questo termine è stato poi adottato da tanti, anche a livello internazionale, fino al Times.

Non è un concetto politico, dunque, ma socio-culturale: la cancellazione di tutto ciò che si allontana dall'ortodossia della narrazione governativa.
Già con i governi Conte si era usciti dai canoni della democrazia e dello Stato di diritto liberale. Ma non c'era il culto della personalità del tiranno. Draghi invece viene descritto come l'uomo più importante, il dio in terra. Vespa ha scritto un libro sostenendo che riuscirà dove Mussolini ha fallito, non capendo che in questo modo lo sta dipingendo come un dittatore.

Anzi, un dittatore ancora più bravo di quelli di prima.
Beninteso, non è una dinamica soltanto italiana. Draghi, lo sappiamo benissimo e lo stiamo vedendo, è totalmente eterodiretto da quella che io chiamo la cupola globalista dem americana. Già dall'operazione Covid ci siamo resi conto di come si utilizzasse la stessa programmazione neurolinguistica in tutto il blocco occidentale.

Quindi c'è una strategia organizzata. Con quale obiettivo?
Instaurare il credito sociale, dapprima con i telefonini, poi con dei braccialetti, fino ad arrivare al famigerato chip, e con questo il controllo sociale totale. Non si tratta di fantasie: è tutto scritto nei libri di Schwab e negli atti del World economic forum, dove tra l'altro si parla del fatto che le pandemie serviranno per farlo accettare.

Dunque il coronavirus è stato il primo passo.
Il primo campanello di allarme mi è scattato prima ancora del lockdown, quando assistevo ad un bombardamento mediatico esagerato. Per carità, si tratta di un virus mortale, ma non è il primo che vediamo, né la prima volta in cui le terapie intensive erano piene. Solo che prima andavano a finire dopo i necrologi, sulle pagine dei giornali.

Questo è un tema importante: che ruolo giocano la propaganda e la manipolazione dell'informazione in questo disegno?
Fortissimo. Negli atti del World economic forum si scrive che bisogna controllare i media e inviare degli esperti che propagandassero i messaggi pandemici voluti dai governi. Nero su bianco, esattamente quello che abbiamo visto: questi virologi, in pieno conflitto d'interessi, che seminavano panico e terrore invocando i lockdown. Sin dall'inizio è stata operata un'inversione semantica orwelliana: il green pass è libertà.

Lo vediamo anche a livello politico, dove il ricorso al dibattito parlamentare è totalmente annullato.
Assolutamente. Il parlamento è diventato un orpello. Questo accadeva già da anni, ma ora si è accentuato: nel 2021 sono stati emessi oltre trecento decreti, ma le leggi non sono state più di una trentina. Il governo è passato dal potere esecutivo a quello legislativo. E questo è avvenuto anche grazie alla distruzione del parlamento realizzata dal Movimento 5 stelle.

In che senso?
A parte la futura riduzione del numero dei parlamentari, ma mi riferisco anche all'eliminazione dei vitalizi. So di dire una cosa impopolare, ma questa misura, molto populistica ma anche ingenua, ha fatto sì che il parlamento voglia per forza arrivare a fine legislatura a qualunque costo. Perché molti degli eletti sanno che, se vanno a casa, non hanno più i soldi per pagarsi il mutuo.

Il modello del governo Draghi, insomma, è «non disturbate il manovratore».
Pensiamo al finto stato di emergenza. Che nel nostro Paese non esiste se non nel caso in cui ci dichiarino guerra e veniamo bombardati. Sulla legge sulla protezione civile non c'è affatto scritto che il governo, a colpi di Dpcm, può limitare i diritti costituzionali. Questo fu il metodo utilizzato da Hitler nella Repubblica di Weimar: l'incendio al parlamento da parte dei comunisti, lo stato d'assedio e i pieni poteri a lui come cancelliere. Per questo nella legge italiana non fu previsto. Ma se ne sono fregati e lo hanno imposto lo stesso, a livello mediatico. Per questo ora gli italiani si stupiscono che ci siano ancora restrizioni anche se non c'è più lo stato di emergenza: il motivo è che non c'è mai stato.

Ora con la guerra in Ucraina si sta ripetendo il medesimo copione?
Sì, ma con due differenze. La prima è che si fa fatica a trovare esperti allineati. Il campo degli studi geopolitici è molto meno finanziato dalle grandi compagnie, rispetto a quello medico, dunque molto meno asservito. Infatti non ne trovano uno che sostenga che Putin è pazzo e una mattina si è svegliato e ha deciso di giocare a Risiko. Al contrario, c’è un problema geopolitico di superpotenze, inclusa la Cina, che pretendono il loro spazio.

E la seconda differenza?
La seconda è che, sulla propaganda, la Russia non è brava come l'Occidente, altrimenti non avrebbe avuto bisogno di fare la guerra. Parliamoci chiaro: gli ucraini resistono perché sono stati indottrinati ormai da vent'anni, Zelensky è stato eletto grazie ad una serie televisiva in cui la fiction non si distingue più dalla realtà. E i russi, nonostante parlino quasi la stessa lingua, non sono riusciti a controbilanciare questa propaganda filoccidentale. Quindi, purtroppo, sono dovuti passare alle maniere forti.