19 aprile 2024
Aggiornato 00:00
Migranti, ora è anche emergenza sanitaria

Scola: l’Italia diventi come il Libano

A Milano c’è già un focolaio di scabbia e anche casi di malaria. A Roma Tiburtina è guerriglia con i clandestini. Cinque sud americani tagliano un braccio ad un controllore su un treno. Salvini: «Andrò in Nigeria a capire perche scappano».

ROMA - «Denutriti, stanchi, malati, tanto da far temere epidemie». Non sono parole estratte da uno slogan anti immigrati di Matteo Salvini, ma l’apertura di un articolo di cronaca firmato da Alessandro Coppola e pubblicato sulla prima pagina del Corriere della Sera. Il giornalista del Corriere in poche battute ha fotografato per i suoi lettori cosa sta avvenendo nella Stazione Centrale di Milano, invasa da settimane da centinaia di migranti in cerca di un riparo o di un treno che li porti nei paesi del Nord.

MILANO CENTRALE SCOPPIA -«Ne ho contati 88 che dormivano qui fuori. Altri 126 erano stesi nel mezzanino», spiega Giorgio Cicolani, direttore del servizio igiene della Asl che ha competenza sulla
stazione. Il responsabile sanitario è andato ad ispezionare personalmente le condizioni in cui versano uomini, donne e bambini che vivono fra marciapiedi dei binari, sale da attesa, corridoi, svincoli delle scale
mobili. Le preoccupazioni del responsabile dell’igiene della stazione purtroppo si sono rivelate fondate: » Dal primo giugno si sono contati 108 casi scabbia. E stamattina abbiamo riscontrati anche casi di
malaria», ha rivelato Mario Mantovani, assessore regionale alla sanità.

PAURE ED UNTORI -«Non bisogna alimentare la paura», ha immediatamente ammonito il cardinale Bagnasco, ed è giusto. Diffondere il panico in un Paese che sembra avere già perso molto del suo buon senso è
l’ultima cosa da augurarsi. Ma può essere tacciato di untore chi racconta agli italiani quello sta accadendo o azzarda proiezioni a breve sugli effetti che nel giro di poco tempo provocherà un esodo che non ha precedenti, perlomeno per la velocità con la quale si sta verificando?

SCOLA: L’ITALIA COME IL LIBANO - "Pensiamo a cosa stanno facendo certi Paesi del Medio Oriente, in Libano sono 1,8 milioni gli immigrati dalle regioni disastrate di Siria e Iraq», ha ricordato un altro
eminente uomo di chiesa, il cardinale Scola, arcivescovo di Milano. Forse il cardinale ha dimenticato quali effetti ha prodotto su quel paese l’invasione dei rifugiati dai paesi limitrofi. Si è dimenticato che il Libano qualche decennio fa era chiamato «la Svizzera del medio oriente». Questo prima che la guerra fra fazioni, ma anche l’accalcarsi di milioni di rifugiati, migranti, fuggiaschi (come ha ricordato Scola) lo trasformasse in un territorio martoriato, impoverito, disastrato. Con tutto il rispetto, cardinale Scola, l’esempio del Libano deve farci inorridire solo ad evocarlo. Credo che nella nostra storia, nella nostra tradizione e nelle nostre condizioni, mediante politiche equilibrate, dobbiamo sapere e poter accogliere queste persone nel modo dovuto", ha aggiunto il cardinale Scola.

L’ ITALIA SUI BARCONI - Ma l’Italia è in condizioni di «accogliere nel modo dovuto queste persone», come ci suggerisce di fare il cardinale Scola? O rischiamo di affogare noi con loro? "A Milano è in corso un evento mondiale come l'Expo e la stazione Centrale viene trasformata in un centro d'accoglienza di fortuna per immigrati e scoppia l'emergenza sanitaria, con quasi 500 casi di scabbia dall'inizio del 2015». Forse sbaglia Giorgia Meloni a ricordarci quanto il nostro Paese ha investito nell’Expo, quali speranze vi ha riposto, nel tentativo di fronteggiare quel buco nero rappresentato da quasi 3,5 milioni di disoccupati italiani? Come si coniuga tutto questo con una epidemia di scabbia o addirittura di malaria?

A BRUXELLES VINCE IL CINISMO - "Qui vediamo a questo livello il grande affaticamento dell'Europa», ha dovuto ammettere anche il cardinale Scola. Né possiamo criticarlo per i toni curiali con i quali mette il dito
sulla piaga dell’Unione. Il cardinale usa le parole adatte al suo mestiere. Ma chi non deve rispettare i doveri della porpora deve avere il coraggio di dire che l’Europa su questa tragedia dell’immigrazione si sta comportando con un cinismo devastante e il governo di Renzi non sta facendo nulla per mettere i poteri forti di Bruxelles davanti alle loro responsabilità. Altro che «affaticamento» gentile cardinale Scola. L’Europa usa la frusta con la Grecia per difendere il Fondo monetario Internazionale, ma non muove un dito per frenare lo tsunami di clandestini e rifugiati che sta investendo le sue isole, nonostante il turismo rappresenti l’unica fonte di reddito consistente sul quale Atene possa contare. Chi richiama ad ogni piè sospinto la solidarietà andrebbe chiesto di non chiudere gli occhi davanti ad un fenomeno epocale, ma di adoperarsi per trovare soluzioni che si adoperino per trovare soluzioni alla radice del problema.

SALVINI VA IN NIGERIA - L’Occidente non ha esitato un momento a scatenare la sua potenza di fuoco su regimi «canaglia», in Afganistan, in Iraq, in Libia. Eppure non spende una parola su quanto sta
accadendo sull’intero continente africano. «A luglio andrò in Nigeria per chiedere al governo nigeriano da chi scappano e capire come aiutarli», annunciato Matteo Salvini. Va riconosciuto al segretario della Lega di essere l’unico, al di là delle polemiche strumentali di bassa politica, ad indicare la strada che bisogna seguire se non si vuol restare sopraffatti da una tragedia umanitaria che può diventare anche più esplosiva di un conflitto guerreggiato. L’Africa è un continente dalle potenzialità infinite, ma è anche una mina vagante in grado di far saltare il banco europeo. Ma l’Occidente, i grandi della terra, hanno nei loro pensieri di mettere l’Africa al primo posto dell’agenda? Per ora, Stati Uniti, Europa, Cina, e Russia, riunite a Ginevra stanno facendo un buconell’acqua nel cercare di mettere d’accodo le tribù che si contendono la Libia del dopo Gheddafi.

LA RICETTA DELLA LEGA - Per svegliare i «grandi» dal loro torpore, Salvini propone: «Se Bruxelles se ne frega di noi, Renzi cominci a non pagare più i 16 miliardi di euro che ogni anno l'Italia dà all'Europa».
Gli si può dare torto?