17 agosto 2025
Aggiornato 13:30
In autunno arriva l'operazione «nonna»

Pensioni, Renzi cambia la legge Fornero e lancia «l’operazione nonna»

Il premier ha chiarito in diretta tv le intenzioni del governo, che in autunno metterà mano alle regole che determineranno le nostre pensioni. Ecco cosa cambierà.

ROMA  - La parola d’ordine è flessibilità. Il premier, Matteo Renzi, è intervenuto a Porta a Porta il giorno dopo il via al decreto sui rimborsi parziali delle pensioni per chiarire la volontà dell’Esecutivo: "L'impegno del governo è chiaro: vogliamo liberare dalla Fornero quella parte di popolazione che accettando una piccola riduzione può andare in pensione con un po' più di flessibilità. L'Inps deve dare a tutti la libertà di scelta», ha dichiarato il presidente del Consiglio. La necessità di rivedere la rigidità della disciplina previdenziale Fornero era già stata sollevata dallo stesso premier alcuni giorni fa: ora Matteo Renzi ha chiarito la direzione del cambiamento, ma ha anche precisato che sarà affrontata nella legge di stabilità, dopo la fine dell’estate, perché «è un tema vero, che c’è, ma se lo tiriamo fuori adesso sembra si tratti soltanto di uno strumento di campagna elettorale».

In autunno arriva «l’operazione nonna»
Quella in arrivo non sarebbe una vera e propria riforma, ma un nuovo meccanismo per permettere ai pensionati intorno ai sessant’anni d’età di lasciare l’attività lavorativa anticipatamente in cambio di un assegno ridotto. L’operazione «nonna» – come è stata ribattezzata dai media – è rivolta soprattutto a quelle donne «anta» che potrebbero essere intenzionate a rinunciare a una parte dei contributi pensionistici per dedicarsi alla famiglia: «Se una donna a 62 anni preferisce stare con il nipotino rinunciando 20-30 euro di pensione - ha spiegato il premier - bisognerà trovare le modalità per cui, sempre con attenzione ai denari, si possa permettere a questa nonna di andarsi a godere il nipotino». I costi dell’operazione, però, sono ancora sconosciuti e soprattutto l’entità di riduzione degli assegni che potrebbe arrivare perfino al 30% dello stipendio.

Le (non) pensioni di domani saranno prive del paracadute statale
Un paragrafo a sé, nel capitolo previdenza, è quello dedicato ai giovani. Con l’introduzione del calcolo contributivo sono cambiate le regole del gioco: per tutti coloro che hanno iniziato a versare i contributi dal 31 dicembre 1995, la pensione non sarà più una «retribuzione differita» (calcolata in base agli stipendi degli ultimi anni di lavoro), ma una media dei contributi versati durante tutto l’arco della vita lavorativa del soggetto.  Per ottenere una pensione dignitosa, perciò, è oggi necessario lavorare in modo continuativo e regolarizzato: una realtà ben lontana da quella della generazione mille euro, condizionata da un’attività lavorativa saltuaria e spesso irregolare, oltre che da un ingresso molto tardivo del mercato del lavoro medesimo. Per loro si prevede un assegno tra il 40 e il 70 per cento dello stipendio e un’età pensionabile intorno ai 70 anni. Inoltre, sparirà l’integrazione al minimo pensionistico: la cosiddetta «minima», pari a circa 500 euro, versata fin qui dallo Stato per coloro che non raggiungono neppure questa cifra.  Sarà perciò sempre più indispensabile il ricorso alla «terza gamba» previdenziale, quella privata, per la maggior parte dei contribuenti.