27 aprile 2024
Aggiornato 02:00
La Lega Nord guarda oltre confine per la riforma della scuola

Prataviera: «Per la scuola ispiriamoci al modello tedesco»

Nonostante sia stato uno dei cavalli di battaglia di Matteo Renzi, i contenuti del ddl sulla riforma della scuola sono ancora un mistero. Intanto, il Ministro Poletti ha dichiarato che tre mesi di vacanza, durante l'estate, per i nostri giovani sono troppi e che andrebbero ridimensionati. Ne abbiamo parlato con l'On. Emanuele Prataviera, deputato della Lega Nord.

ROMA – Nonostante sia stato uno dei cavalli di battaglia di Matteo Renzi, i contenuti del ddl sulla riforma della scuola sono ancora un mistero. Intanto, il Ministro Poletti ha dichiarato che tre mesi di vacanza, durante l'estate, per i nostri giovani sono troppi e che andrebbero ridimensionati. Ne abbiamo parlato con l'On. Emanuele Prataviera, deputato della Lega Nord.

Cosa cambierebbe nel sistema scolastico italiano?
«Personalmente ho sempre sognato un sistema scolastico come quello tedesco. Questo è assimilabile a una filiera che «forma» i giovani dall'infanzia all'età lavorativa, indirizzando i giovani verso le professioni più adatte in base alle loro capacità e non limitandone la libertà di scelta. Le scuole tedesche indicano ai ragazzi il percorso professionale da intraprendere, in base al fatto che siano più o meno portati per la matematica, per le materie artistiche o tecniche. Inoltre, per andare al ginnasio (il nostro liceo classico o scientifico) bisogna avere una media di voti a scuola piuttosto alta, non accettano tutti. E' una società che fin dall'età scolare educa al raggiungimento degli obiettivi. E' la scuola stessa, poi, a dare delle prospettive di lavoro a livello locale attraverso il connubio con i centri per l'impiego. C'è anche un altro modello molto interessante a cui guardare, che è quello svedese: da una decina d'anni in Svezia è stata infatti introdotta una nuova materia, estremamente utile, cioè «l'imprenditorialità». Non si tratta solo di una semplice materia in più all'interno del programma scolastico, è proprio un approccio formativo: se insegniamo ai ragazzi come diventare imprenditori creiamo delle alternative e delle possibilità lavorative offrendo loro i giusti strumenti. In Italia, invece, noi abbiamo un sistema scolastico che è fermo , bloccato da un atteggiamento ultra-difensivo da parte dei docenti.»

Il Ministro Poletti ha dichiarato che i tre mesi di vacanza durante l'estate sono un anacronismo da riconsiderare: che ne pensa?
«In merito all'affermazione di Poletti: bisogna capire se il fatto di lasciare oziare i ragazzi per tre mesi durante l'estate sia un vantaggio o un limite, e io la penso come lui. E le dirò di più: non solo i ragazzi dovrebbero impiegare quel tempo diversamente, ma anche i docenti, facendo magari dei corsi di aggiornamento. E' un po anacronistico questo sistema dei tre mesi vacanti, io consiglio a tutti di andare a lavorare durante l'estate.»

Cosa cambierebbe nella didattica?
«Va modernizzata, ed è un tema su cui confrontarsi per fare una vera integrazione europea. Dovrebbero essere favoriti gli scambi culturali con l'estero: Inoltre, bisognerebbe uniformare l'istruzione perché per esempio in Germania l'università finisce due anni prima rispetto a quella italiana. D'altra parte alcuni miei amici e colleghi, quando sono andati all'estero per esigenze di lavoro, si sono trovati con colleghi stranieri con capacità invero inferiori alle nostre perché il nostro sistema scolastico multidisciplinare è un valore aggiunto che permette di sviluppare una buona capacità critica.»

Ci sono notizie per quanto riguarda il ddl sulla riforma della Scuola, dei cui contenuti fino alla scorsa settimana erano ancora all'oscuro tutti i parlamentari indifferentemente dall'appartenenza politica?
«Non faccio parte della Commissione Cultura quindi non vorrei sbagliare, però poso dirle che non mi risulta affatto. Penso si tratti dell'ennesimo spot di Matteo Renzi, del quale discorrere a lungo ma senza affrontarlo concretamente.»

Tornando al modello tedesco: secondo Lei c'è il rischio che una scuola impostata in quel modo, possa creare delle barriere sociali alla formazione dei giovani, indirizzando all'università non solo coloro che lo meritano di più ma anche quelli che, semplicemente, hanno più possibilità economiche per studiare?
«Non credo. I fenomeni «devianti» ci sono in Germania, così come in Francia o in Italia, però se si imposta una società basata sul merito fin dalla scuola i risultati si vedono. Secondo me qui in Italia va rivisto anche il discorso della laurea breve: è una questione che va affrontata alla luce di questi ultimi anni.»

Secondo Lei sarebbe opportuno tornare alla vecchia laurea quinquennale?
«No, credo invece che sarebbe utile una differenziazione in base ai corsi di laurea: alcune specializzazioni andrebbero conseguite in tre anni, altri in quattro o cinque, dipende dagli obiettivi che si devono raggiungere. In realtà, la realtà italiana in questione serve soltanto ad alimentare l'industria e il business delle università. Bisognerebbe aprire un dibattito ampio, e c'è bisogno di una prospettiva di lungo termine che Matteo Renzi non mi sembra in grado di realizzare».