Di Marco: «Puniscono i notai per favorire assicurazioni e banche»
Il ddl concorrenza del governo Renzi lede gli interessi di molte categorie professionali: farmacisti, tassisti, notai, il personale dei fondi pensione. Carmelo Di Marco, il Presidente della Federnotai (il Sindacato autonomo dei notai italiani), ha rilasciato un'intervista a DiariodelWeb.it per spiegare come mai si tratta di un decreto insoddisfacente.
ROMA – Il ddl concorrenza lede gli interessi di molte categorie professionali: farmacisti, tassisti, notai, il personale dei fondi pensione. Il Presidente della Federnotai, il Sindacato autonomo dei notai italiani, ha rilasciato un'intervista a DiariodelWeb.it per spiegare come mai si tratta di un decreto insoddisfacente.
Cosa ne pensate del ddl concorrenza e cosa prevede esattamente per voi notai?
«Riteniamo che sia un provvedimento preoccupante per il sistema del diritto privato italiano, e soprattutto per le fasce più deboli della popolazione: perché il ddl contiene previsioni secondo le quali nel mercato immobiliare verrebbe meno la garanzia di una tutela uguale per tutti i cittadini. Ci sarebbe infatti una specie di doppia velocità: al di sotto di una certa soglia di valori degli immobili si avrebbe solo una garanzia eventuale e alternativa, cioè quella di una semplice autentica di firma, ma senza controlli.»
Il ddl concorrenza dunque delega alcune vostre specifiche competenze ad altri professionisti, come gli avvocati. Ritenete che questa riforma sia un attacco alla vostra categoria?
«No, non l'abbiamo considerato come un attacco specificatamente rivolto alla categoria, semmai invece come il tentativo di smantellare una parte del sistema di regole che hanno sempre funzionato in maniera equa e a vantaggio di chiunque ne avesse bisogno. In altre parole, fin qui il mercato immobiliare è stato reso stabile dalla collaborazione tra i notai – che svolgevano controlli preventivi - e il sistema dei pubblici registri che gli stessi notai aggiornavano costantemente. Oggi questo sistema di regole viene messo in discussione – più che per colpire il notariato – per soddisfare le spinte liberiste di derivazione anglosassone a discapito dei soggetti contrattualmente deboli.»
Il ddl prevede anche alcune modifiche rispetto al reddito minimo. Non credete di essere dei privilegiati per il fatto di averlo?
«Ogni tanto si discute del fatto che i notai abbiano un reddito minimo garantito, ma questo non dipende dallo Stato, dipende dalla loro Cassa di Previdenza che è completamente autofinanziata e che prevede l'erogazione di assegni di integrazione del reddito per i colleghi che abbiano maggiori difficoltà; ma questo è sempre stato a carico della categoria e non dello Stato.»
Altre categorie professionali, come i farmacisti, hanno promesso battaglia per difendere i loro interessi: anche voi vi farete sentire o accetterete il ddl concorrenza così com'é?
«Ci sarà una fase di interlocuzione col governo perché è stato messo in evidenza che questo decreto così com'é non realizza le finalità previste in tema di concorrenza, scritte peraltro nella premessa della legge stessa. Si contrasta il provvedimento innanzitutto perché non è destinato a realizzare i suoi obiettivi. I notai da sempre applicano la legge, ma si propongono anche di interpretarla e migliorarla laddove fosse necessario, in accordo con la politica. Noi non abbiamo assunto iniziative preventive, come i farmacisti; ma ripeto ancora una volta che non stiamo parlando di un attacco mirato a una singola categoria, semmai a un sistema di regole che si vuole cambiare, e se lo si cambiasse in meglio non ci sarebbe da eccepire. Ma non è così.»
Alcuni ritengono che la vostra categoria, quella dei notai, sia una casta protetta perché avete un grande potere sulla politica: conoscete tutti i dati relativi alla proprietà delle case. Cosa rispondete?
«Non ci sentiamo una categoria protetta, e soprattutto non sulla base di questo argomento: perché tutti gli atti notarili vengono registrati e pubblicizzati da parte dei notai all'interno di documenti pubblici che sono di proprietà dello Stato e amministrati dallo Stato attraverso le Agenzie delle Entrate. Tutti i dati che noi creiamo sono patrimonio collettivo della società. Anzi, è connaturale all'attività notarile il fatto di creare questi dati, renderli certi, fruibili da tutti e immetterli correttamente nel sistema statale a vantaggio di tutti: questa è la differenza essenziale tra il sistema italiano e quello anglosassone, che è privo dei registri pubblici.»