Renzi: Ora «cambiare verso» all'Europa
L’Italia ora è più forte in Europa e potrà chiedere un cambio di passo nelle politiche comunitarie, a maggior ragione dopo la batosta dei partiti di governo nella stragrande maggioranza dei paesi Ue. Ma anche nel grande risiko che si apre nelle nomine tra Bruxelles e Strasburgo da martedì il Belpaese chiede maggiore rispetto.
ROMA - «Cento giorni fa era un giovane promettente, oggi è insieme alla Merkel l'espressione della leadership europea». Dallo staff di Matteo Renzi sintetizzano così l'investitura arrivata dalle urne per il premier. Un peso che già stasera Renzi inizierà a far valere: prima nel prevertice del Pse, dove il segretario Pd arriva come leader del partito con il maggior numero di seggi all'interno dei Socialisti e Democratici, poi al Consiglio Europeo informale, dove il presidente del Consiglio - sottolineano i suoi - sarà, sempre insieme alla Merkel, «l'unico capo di governo ad essere uscito vincente dalle urne».
Tutte le condizioni, è la convinzione degli uomini di Renzi, per imprimere alla Europa quella svolta invocata nella campagna elettorale, per «cambiare verso» a Bruxelles come il premier promette di fare in Italia. Ma attenzione, «non chiediamo di cambiare le regole di bilancio, chiediamo di cambiare l'impostazione dell'Europa», ha spiegato ieri lo stesso Renzi. Prima ancora delle cariche europee, ha ribadito anche dopo la vittoria, conterà dunque il progetto: «Il problema non è che commissario ci tocca, vogliamo cambiare l'Europa. Non stiamo a mettere bandierine di qua o di là. Vogliamo concorrere con amici e partner europei a un'idea di Europa: sulla base di questa, se il commissario X è italiano, spagnolo o tedesco non è decisivo. L'importante è che abbia un'idea di Europa coerente con il presidente della Commissione e del Consiglio». Ma nessuno si nasconde che il peso del Pd all'interno del Pse potrà essere fatto valere anche al momento della scelta di chi occuperà le caselle di vertice europee per la legislatura appena iniziata. Una partita lunga, che richiederà mesi, e che oggi - spiegano da palazzo Chigi - vedrà solo «un primo giro di orizzonte».
Tanto più che anche nel governo italiano l'ipotesi di un 'terzo uomo' - o donna, vista l'insistenza con cui circola il nome di Christine Lagarde - per superare il dualismo Juncker-Schulz viene vista come possibile. Al punto che c'è chi, nel Pd, ipotizza addirittura che possa essere italiano il nome che mette d'accordo la larga coalizione necessaria per arrivare a quel 50% più uno con cui l'Europarlamento dovrà approvare l'indicazione de Consiglio Europeo a presidente della Commissione: «Enrico Letta riscuote consensi sia nel Pse che nel Ppe, è apprezzato in Germania, ed è europeista convinto. Potrebbe essere lui il nome». Inaugurando magari quell'asse italo-tedesco su cui ieri il premier ha glissato: «Ma effettivamente è lui l'interlocutore più forte per la Merkel», sottolineano dal suo staff.
Ma la partita è lunga e complicata, e le carte - quelle buone - per ora restano tutte coperte. Sapendo che con ogni probabilità l'Italia potrà puntare ad un commissario di peso. Ad esempio l'Agricoltura: «Tocca a un Paese del Mediterraneo, e gestisce buona parte del bilancio europeo», dice un renziano doc. Ma senza dimenticare che il valzer coinvolge Parlamento, presidenza, Consiglio, Eurogruppo e alto rappresentate della politica estera. C'è poi la partita all'interno del Pse, dove il Pd potrebbe ottenere il capogruppo con Simona Bonafè (la più votata), Gianni Pittella (il più esperto) o Renato Soru. Di sicuro, già alla cena di stasera con gli altri capi di Stato e di governo Renzi dimostrerà che «l'Italia c'è», che può guidare l'Europa nel percorso di riforme necessario per arginare l'ondata populista, che può diventare «l'Europa che salva le famiglie e le persone e non solo gli Stati». Per «cambiare il verso» dal rigore e dall'austerity al lavoro e alla crescita.
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