25 aprile 2024
Aggiornato 23:30
9 maggio, il "Giorno dell'Europa"

Cos'è rimasto oggi dell'Europa di Schuman: un mostruoso ammasso di crisi e povertà

Il 9 maggio 1950, l'allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman immaginava un'Europa faro della pace e della civiltà. Oggi, 66 anni dopo, ciò che ci troviamo di fronte è un autentico fallimento

A 66 anni dalla dichiarazione di Schuman, l'Europa è sull'orlo del baratro.
A 66 anni dalla dichiarazione di Schuman, l'Europa è sull'orlo del baratro. Foto: Shutterstock

BRUXELLES - Era il 9 maggio 1950, quando l'allora ministro degli Esteri francese Robert Schuman, in una dichiarazione poi passata alla storia, argomentò la sua idea di una nuova forma di cooperazione politica per l'Europa, che avrebbe reso uno scenario irrealizzabile lo scoppio di una guerra tra le nazioni. La sua ambizione, in particolare, era quella di creare un'istituzione che avrebbe messo in comune la produzione del carbone e dell'acciaio: da lì partirono tutte le altre forme di cooperazione su cui poi, negli anni, si è sviluppata l'Unione europea. Oggi, 66 anni dal progetto di Schuman, la cosiddetta «Festa dell'Europa» si celebra in maniera misera e drammatica. Forse nessuno degli illustri padri fondatori dell'Ue avrebbe potuto immaginare che cosa sarebbe diventata la loro amata creatura 60 anni più tardi: per usare le parole di El Paìs, un «mostruoso ammasso di crisi»

Le guerre sono meno evidenti, ma ci sono ancora
Potrebbe forse sembrare un'esagerazione, ma quella definizione, in realtà, all'odierna Bruxelles calza a pennello. E lo stesso nobile proposito di evitare nuove guerre non è poi così riuscito: perché è vero, le nazioni europee non si armano più palesemente l'una contro l'altra; ma il Vecchio Continente è diviso da muri e attraversato da «guerre» silenziose, divisioni profonde, battaglie quotidiane e tensioni continue. La narrativa di pace e prosperità è definitivamente tramontata, mentre l'Europa si ritrova in balia di crisi straordinarie per quantità e qualità, che sembrano sempre più trascinarla sull'orlo del baratro. Basti vedere il weekend appena trascorso, per un beffardo paradosso proprio quello che ha preceduto questo «Giorno dell'Europa»: dalla Grecia al Brennero, scontri e manifestazioni di piazza hanno testimoniato che cosa ne è, oggi, di quel progetto europeo utopisticamente vagheggiato tanti anni fa.

Una Grecia distrutta dall'austerità
In Grecia, l'approvazione da parte del Parlamento di una nuova riforma che prevede l'aumento di tasse ed Iva e copiosi tagli alle pensioni  è stata accompagnata dalle disperate proteste anti-austerità sfociate in scontri con la polizia, proprio in quella piazza Syntagma divenuta il simbolo per antonomasia della «tragedia greca». Dalla scorsa estate, le cronache internazionali se ne sono spesso dimenticate, ma la verità è che la crisi ellenica non è stata per nulla sventata. Tutt'altro: il Paese si sta impegnando a portare a casa nuove riforme «lacrime e sangue» nella speranza di accelerare i negoziati che porteranno a sbloccare una nuova tranche di aiuti e, possibilmente, un alleggerimento del debito, senza i quali Atene rischia ancora una volta il default entro il mese di luglio. Così la Grecia, il Paese che ha dato i natali alla democrazia europea, è la prima testimone del malfunzionamento di questa Unione, e di come, per usare le parole del quotidiano greco Ekathimerini, per le vittime sacrificali dell'austerity la catastrofe sia ormai tragicamente divenuta «la nuova normalità».

Un'Europa che crolla sul flusso dei profughi
E' stato un weekend di fuoco anche sul fronte della crisi migratoria, con i cortei antagonisti che, al Brennero, hanno protestato contro i nuovi controlli istituiti dall'Austria per evitare che i migranti giunti in Italia si rechino nel Nord Europa. Del resto, il controverso accordo stretto con la Turchia - e pagato a caro prezzo - ha certamente causato una nuova pressione sulla rotta mediterranea, e il nostro Paese si prepara a ricevere, con l'avvicinarsi dei mesi estivi, migliaia di disperati sulle proprie coste. La decisione di Vienna è la prova più evidente di come sia inimmaginabile una reale cooperazione per la gestione dei flussi migratori: tanto si è parlato di modificare il sistema Dublino che obbliga i migranti a fare richiesta d'asilo nel primo Paese d'arrivo, ma difficilmente il Nord Europa sarà disposto a farlo. Del resto, di simili tensioni ne sono scoppiate più volte lo scorso anno, quando erano i Paesi balcanici i più colpiti dalla crisi. Così, sull'onda di quel flusso di disperati che tenta di raggiungere la «terra promessa» europea, l'Europa si sta letteralmente dissolvendo. 

Brexit e TTIP
Poi c'è un altro fronte «caldo» da considerare: quello della Brexit. Nonostante l'accorato (e interessato) endorsement di Obama a favore della permanenza del Regno Unito nell'Ue e i continui appelli di Cameron, la verità è che il dibattito rimane infuocato. E soprattutto, dopo il referendum britannico potrebbe scatenarsi un vero e proprio effetto domino in Europa: al punto che il Financial Times avverte che in Italia e in Francia una buona fetta dell'opinione pubblica sarebbe pronta a replicare l'esperienza inglese. Si potrebbe completare il quadro ricordando il TTIP, quel trattato di parternariato transatlantico che, come da rivelazioni di Greenpeace, rischia di mettere in ginocchio il mercato europeo. Un trattato su cui, di recente, lo stesso Hollande si è mostrato particolarmente scettico, e che potrebbe forse costituire un nuovo scenario di tensione per il Vecchio Continente.

Un anniversario vuoto
Così, a 66 anni da quando Schuman vagheggiava il contributo che un'Europa «organizzata e vitale può apportare alla civiltà», quella stessa Europa sta per affondare. Le diverse crisi che la attanagliano non sono altro che il riflesso molteplice di un'unica grande crisi, quella che il Vecchio Continente sta vivendo con se stesso e la propria identità. Le armi di un tempo sono state sostituite da muri, fisici e ideali, la palese miseria della guerra da una più nascosta, ma sempre drammatica povertà indotta da politiche miopi e controproducenti. Il «giorno dell'Europa» è oggi un anniversario più retorico che realmente sentito. Forse, la verità è che quell'Europa che ha immaginato Schuman e tanti prima e dopo di lui non è mai esistita e mai esisterà.