Le 2 questioni di vita o di morte per l'Unione europea
Oggi e domani si terrà un Consiglio europeo di straordinaria importanza, che verterà sulle due questioni che da mesi, per diverse ragioni, turbano i sonni di Bruxelles: la Brexit e la crisi migratoria. E la sensazione è quella di trovarsi di fronte all'ultima spiaggia
BRUXELLES - Nonostante l'ostentato ottimismo delle istituzioni di Bruxelles, la sensazione è quella di trovarsi di fronte all'«ultima spiaggia». Tra oggi e domani, il Vecchio Continente apprenderà un poco di più sul futuro che lo attende: futuro che per ora - bisogna dirlo - appare decisamente fosco. In occasione del Consiglio europeo del 18 e 19 febbraio, infatti, verranno discussi temi di straordinaria importanza per la stessa sopravvivenza dell'Unione: la vicenda del Regno Unito e la crisi dei profughi. Temi che, negli ultimi mesi, hanno decisamente turbato i sonni dell'Ue, mentre si scopriva, tra incredulità e rassegnazione, un gigante dai piedi d'argilla.
Le richieste di Cameron e le perplessità altrui
David Cameron spera di raggiungere un accordo che accolga tutte le sue richieste di riforma dell'Ue, e di poter così intraprendere la campagna a favore della permanenza del Regno Unito in Europa in vista del referendum che si terrà, probabilmente, il 23 giugno. E se quest'ultimo punto - la permanenza del Regno nell'Unione - è oggetto della speranza anche dei suoi colleghi, il primo - l'accoglimento delle sue condizioni - pone delle difficoltà in più. Innanzitutto, Paesi come la Francia temono fortemente l'eventualità che la borsa londinese sia esentata dai vincoli applicati alle colleghe continentali, circostanza che - è evidente - creerebbe forti disequilibri e distorsioni nella concorrenza, favorendo nettamente la City.Poi ci sono i Paesi dell'Est europeo, che tremano al pensiero che Londra possa lesinare sui servizi sociali riservati agli immigrati comunitari per limitarne l'arrivo. L'eventualità più spaventosa è che questo provvedimento possa essere retroattivo, o esteso ai sussidi familiari: perché quei Paesi, i cui cittadini migrano o sono già emigrati in massa nel Regno Unito, hanno intere famiglie - e masse di elettori - da difendere. In più, esiste l'annosa questione del «precedente»: come evitare che, dopo l'esempio di Londra, altri Paesi non facciano altrettanto?
Brexit o non Brexit?
Così, quando con Cameron si troverà la quadra, il dibattito inglese si sposterà sulla questione fondamentale, forse la più complessa: a Londra conviene divorziare dall'Unione o rimanervi? Gli euroscettici assicurano che il Regno non perderebbe nulla, nemmeno dal punto di vista del commercio: a loro avviso continuerebbe a usufruire del mercato libero europeo, che ne assorbe la metà delle esportazioni, ma otterrebbe in più la libertà di non doversi attenere al finanziamento del bilancio europeo o all’accettazione della libera circolazione delle persone. I sostenitori del legame con Bruxelles, al contrario, fanno notare che Norvegia e Svizzera (Paesi che non appartengono all’Unione europea, ma che hanno accesso al suo mercato unico) devono comunque rispettare tutte le norme comunitarie, contribuire al finanziamento del bilancio europeo e consentire la libera circolazione delle persone, con l’unica differenza di non avere alcun diritto di voto a Bruxelles. L'unica cosa certa è che, per Bruxelles, è questione (quasi) di vita o di morte. Perché se il fronte euroscettico dovesse prevalere, si distruggerebbe uno dei principi su cui l'Unione si è sempre fondata: la propria irreversibilità. Con un effetto domino (quasi) assicurato.
La «minaccia» dei profughi, e le minacce europee
E poi, da discutere, c'è l'altra crisi che attanaglia il Vecchio Continente: quella dei profughi. Davanti alla quale Berlino, negli ultimi giorni, ha fatto la voce grossa, ricordando che, se tutti chiudono le frontiere, potrebbe essere costretta a fare lo stesso, sancendo definitivamente la morte dello spazio Schengen. Il messaggio era diretto non solo all'Europa dell'Est, storicamente restia all'accoglienza, ma anche alla Turchia, che, pur avendo ricevuto cospicui finanziamenti dall'Ue, è parsa poco propensa a mantenere la sua promessa di trattenere il flusso al di qua dell'Europa. Può darsi che, alla fine, le minacce della Germania funzioneranno. Eppure, il fatto di dover arrivare ad esse è piuttosto indicativo dello stato in cui oggi versa l'Unione. Intanto, la Grecia ha annunciato di aver quasi concluso la costruzione degli hotspot per identificare i migranti, dopo essere stata minacciata di essere chiusa fuori dallo spazio Schengen. Ancora minacce, appunto. E' però evidente che la prima ad essere minacciata è l'Europa stessa, minacciata, paradossalmente, da se stessa e da quello che è oggi diventata: un triste e goffo gigante con i piedi d'argilla.
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