28 marzo 2024
Aggiornato 11:00
Dimissioni nonostante la vittoria del «no»

La fine da eroe di Varoufakis. Chapeau...

Una carriera costellata da colpi di teatro: come l'accusa, alla vigilia del voto, all'Europa di fare del «terrorismo». L'ultimo non ce lo aspettavamo: l'uscita di scena dopo la vittoria per non intralciare le trattative. Un ministro che, dall'inizio alla fine, ha rotto tutti i cliché

ATENE – Aveva promesso che, in caso di un «sì», avrebbe rassegnato le sue dimissioni. È arrivato il «no», ma Yanis Varoufakis si è dimesso lo stesso. E lo ha fatto in grande stile: dopo essersi mostrato, ieri, agli obiettivi di tutto il mondo con una semplice maglietta di cotone, in una lettera di «addio» pubblicata sul suo blog ha dichiarato di indossare «il disprezzo dei creditori con orgoglio». Il referendum è stata una straordinaria battaglia democratica, ha scritto, ma, come per tutte le battaglie che si rispettino, avrà un prezzo. E il pericolo era che la sua permanenza avrebbe messo a rischio lo «straordinario capitale che il voto del NO ha affidato al nostro governo», un «no» che dovrà potersi convertire in un «sì» a un «accordo sostenibile». Con lui, a quell’accordo non si sarebbe mai giunti.

Un ministro fuori dagli schemi
Il motivo? «Poco dopo l’annuncio dei risultati del referendum, mi è stato fatto sapere che alcuni partecipanti dell’Eurogruppo e altri nostri ‘partner’ avrebbero preferito che non partecipassi agli incontri», ha spiegato. Insomma, l’ex ministro non andava giù alla Merkel e ai «partner» europei. Che Varoufakis fosse un «tipo particolare» non era sfuggito nessuno. The Guardian lo descrive come «bold and brash», «calvo e impertinente», come a sottolineare che il suo aspetto – tanto lontano dal cliché del «ministro» – in fondo precede bene la sua natura. Il Corriere della Sera, addirittura, lo definisce «figaccione», e parla delle sue dimissioni come il colpo di scena a conclusione del suo show.

Senza peli sulla lingua
La sua performance è stata costellata da molti «colpi di teatro». Alla vigilia del voto, ha accusato le istituzioni europee di macchiarsi di «terrorismo» nell’instillare paura al popolo per spingerlo ad accettare i «dogmi neoliberali».  Lo scorso aprile, dopo che le sue controparti europee lo avevano definito un «dilettante», Varoufakis rispose cinguettando una frase di Roosevelt sui social: «Sono unanimi nel loro odio contro di me e io do il benvenuto al loro odio». A giugno, funzionari del governo greco prevedevano che il giovane ministro sarebbe stato un «pericolo per le relazioni del Paese con l’Europa». A tale timore, ha risposto con il più grande colpo di scena.

Estremo sacrificio, dopo la vendetta
La rete l’ha travestito, tra le altre cose, ora da Terminator, ora da Voldemort (nemico giurato di Harry Potter), ironizzando sui suoi lineamenti duri, sul fisico prestante e sui modi appariscenti: ora, questo epilogo potrebbe sembrare poco adatto a un «supereroe». In realtà, come osserva The Guardian, la «vendetta» in grande stile c’è stata: il «no» dei greci è stato una vittoria senza precedenti, vista la posta in gioco. E proprio come l’eroe di una tragedia greca, dopo la vittoria giunge l’estremo sacrificio: «Non più ministro!». Eppure, c’è chi scommette che questa non sarà la sua fine. Varoufakis rimarrà molto vicino a Tsipras, capace di influire dall’esterno, ma rischia anche, qualora l'accordo non si raggiungesse, di vivere nella memoria di qualcuno come il ministro che ha lasciato nel momento più difficile, dopo aver portato la Grecia a un punto di non ritorno. In ogni caso, di una cosa dobbiamo dargli atto: oltre a non avere l’aplomb del ministro, a Varoufakis manca anche una caratteristica tanto cara ai politici nostrani, la determinazione a rimanere abbarbicati alla poltrona, qualunque cosa accada. Chapeau.