16 aprile 2024
Aggiornato 23:00
I maggiori giornali americani avanzano qualche dubbio in proposito

Immigrazione, missione Ue contro scafisti: come la vedono da oltreoceano?

L'Europa ha approvato un intervento navale e aereo in Libia contro i trafficanti di esseri umani. Ma dal punto di vista strategico, com'è vista la missione al di là dell'Atlantico? Giornalisti e osservatori hanno qualcosa da obiettare

BRUXELLES – E’ ufficiale: l’Europa dichiara guerra ai trafficanti. I ministri degli Esteri e della Difesa dell’Unione, durante il vertice di ieri, hanno concordato un intervento navale e aereo volto a intercettare i trafficanti e catturare, sequestrare e distruggere le loro imbarcazioni.

Il nodo del Consiglio di Sicurezza Onu
La decisione, dunque, è presa. Ma com’è vista questa strategia al di là dell’Atlantico? Ad un oceano di distanza, chiari appaiono subito, alla stampa, i punti deboli e le difficoltà che un tale approccio comporta. Prima questione, per così dire logistica: l’Europa necessita dell’approvazione del Consiglio di Sicurezza Onu, e non è scontato che la ottenga facilmente. Lo fa notare Griff Witte, firma del Washington Post, che ricorda come la Russia abbia ufficialmente espresso più di qualche dubbio su una missione che vedrà le forze navali europee operare in acque nazionali libiche.

Migranti ancora più in pericolo?
Non solo. Anche molti gruppi per i diritti umani hanno espresso perplessità, soprattutto perché la missione potrebbe comportare per i migranti pericoli ancora maggiori di quelli che già affrontano. Lo stesso segretario generale ONU Ban Ki-Moon ha ribadito che non esiste soluzione militare al problema immigrazione, e ha invitato l’Europa a tenere un approccio «olistico», che tenga conto delle radici, delle cause che hanno scatenato l’emergenza.

Approccio poco lungimirante
Ecco l’altro punto – forse il più importante – su cui si soffermano gli osservatori statunitensi. L’approccio prescelto dall’Ue, cioè, sarebbe poco lungimirante, perché, di fatto, non affronta le cause profonde dell’emergenza. Lo sottolinea James Kanter sul New York Times, quando scrive: «(L’Europa, ndr) sembra fare molto poco per affrontare le cause della migrazione di massa o le peripezie di quanti sono affluiti sulle battigie del Nord Africa nella speranza di raggiungere l’Europa». A supportare la sua tesi, le parole di Elizabeth Collett, direttore del Migration Policy Institute Europe: «Non sono sicura che i ministri abbiano compreso la complessità delle dinamiche migratorie», afferma. «Le operazioni militari nel Mediterraneo sembrano poter avere un impatto solo su un pezzetto molto piccolo di una strategia infinitamente più generale per affrontare i trafficanti».

Europa colpevole
Insomma: a un oceano di distanza, l’approccio dell’Unione appare piuttosto parziale e poco consapevole delle cause dell’emergenza. Cause che, peraltro, il Washington Post non si esime dall’addebitare all’Unione stessa, almeno per quanto riguarda le tante, tragiche morti in mare degli ultimi tempi. Un articolo di Rick Noack individua addirittura tre ragioni per cui l’Europa debba essere ritenuta responsabile del sangue sparso nel Mediterraneo: primo, il rifiuto di sovvenzionare una Mare Nostrum europea, e la conseguente interruzione di quella italiana; secondo, la quasi totale inesistenza di vie legali di arrivo per i rifugiati; terzo – ancora più a monte –, il bombardamento, da parte di Europa e Nato, della Libia nel 2011, in mancanza di un piano per ricostruire il Paese.

Strategia non risolutiva
D’altra parte, anche l’edizione Usa di The Guardian, in un’intervista ad alcuni uomini della Guardia Costiera italiana, rileva criticità simili. «Il problema dell’immigrazione, delle persone disperate, non si risolverà di certo con misure militari», afferma il Capitano Paolo Cafaro. «Assumerà altre forme. E i migranti troveranno altri modi per arrivare». Insomma, a un oceano di distanza, la soddisfazione espressa da Federica Mogherini lascia spazio a considerazioni più caute e avvedute. Che reputano la missione contro i trafficanti una risposta troppo parziale a un problema infinitamente più complesso e sfaccettato.