19 aprile 2024
Aggiornato 15:30
Sfondata la maggioranza assoluta

Con Cameron, vincono l'«Europa-forse» e l'immigrazione «moderata»

Dovevano essere le elezioni più incerte della storia britannica; invece, il primo ministro uscente David Cameron ha sfondato la maggioranza assoluta. Una conferma basata sì sui dati economici, ma anche su un programma preciso: un referendum per decidere la permanenza nell'Ue, e una strategia molto prudente sull'immigrazione.

LONDRA – Prima sarebbe dovuto essere il vincitore a colpo sicuro, sull’onda dei dati macoreconomici di ripresa; poi, si è parlato delle «elezioni più incerte della storia britannica», con i sondaggi pronti ad escludere una maggioranza assoluta e pure un vincitore netto. Invece, pare proprio che David Cameron l’abbia scampata. Il primo ministro uscente ha sfondato la maggioranza assoluta, e la Bbc, con l’eloquente titolo «Conservatives closing in on majority», ha previsto fin da questa mattina che ce l'avrebbe fatta.

Un risultato inatteso
Un risultato inatteso, stando alle analisi internazionali degli ultimi giorni, che consideravano impossibile una vittoria netta, e men che meno il raggiungimento della maggioranza. Dall’altra parte, Ed Miliband è uscito con la coda tra le gambe da quel campo dove aveva sperato, fino all’ultimo, di poter dare perlomeno del filo da torcere all’avversario.

Sfiora con un dito la maggioranza assoluta
In effetti, l’analisi pubblicata poche ore prima degli spogli dall’Huffington Post e firmata Ned Simons asseriva che «Perderanno tutti»: «per tradizione il ‘vincitore’ delle elezioni generali britanniche è quel partito, laburista o conservatore, in grado d'assicurarsi la maggioranza del numero complessivo dei deputati alla Camera dei Comuni, cioè 326 su 650. Ma se i sondaggi d'opinione hanno ragione, questo semplicemente non accadrà». Insomma, nessuno immaginava che Cameron avrebbe letteralmente sfiorato con un dito la maggioranza assoluta, per poi sfondarla per cinque seggi, assicurando con tale evidenza la sua vittoria sui laburisti.

L'anti-Europa di Farage
D'altra parte, l'indiscussa perdita di influenza di Cameron in area conservatrice può essere associata a un altro macrofenomeno: l’avanzata da destra di Nigel Farage, vero trionfatore delle europee dello scorso maggio, e che i sondaggi davano particolarmente traballante. In realtà, il partito anti-Europa e anti-immigrati sembra uscire bene da queste elezioni: il 12% dei voti, pur assegnando al movimento solo un seggio e un pugno di deputati, fa dell’Ukip (che chiede a gran voce l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea) il terzo partito su scala nazionale. Il suo più evidente risultato, l’impatto divisorio che ha avuto sul centrodestra britannico. Tutto a discapito di Cameron.

Tra l'«Europa-sì» di Miliband e l'«Europa-no» di Farage
Insomma, a giudicare dai dati, Cameron è in trionfo. Con lui vince il suo programma, che promette un aumento della spesa destinata al servizio sanitario nazionale di otto miliardi all’anno entro il 2020 e una garanzia di accesso al servizio sanitario sette giorni su sette. A livello economico, è previsto un innalzamento della soglia dei redditi non tassabili a 12.500 sterline e una riduzione del tetto dei benefit e dei sussidi che si possono incassare da 24.000 a 23.000 sterline. Soprattutto, a livello europeo, Cameron rappresenta una «via di mezzo» rispetto all’estremismo anti-Europa di Farage e la risposta certamente europea (seppur favorevole a un «cambiamento» delle regole su cui si fonda l’Unione) dei laburisti: il primo ministro uscente, infatti,  ha promesso un referendum sulla permanenza nell’Unione europea entro il 2017, e l’uscita immediata dalla Convenzione europea sui diritti umani a favore dell’introduzione di una Dichiarazione dei diritti britannica.

Immigrazione molto moderata
La stessa «medietà» è incarnata da Cameron su un altro tema scottante: l’immigrazione. Senza sfociare nei toni xenofobi di Farage, che addirittura vorrebbe introdurre un modello migratorio ispirato a quello australiano, che «restrittivo» è dire poco, il primo ministro uscente, però, intende consentire l’immigrazione nel Paese a un massimo di «qualche decina di migliaia» di persone, e negoziare nuove norme con l’Unione europea, in modo che gli immigrati possano accedere a sussidi e benefit solo dopo aver lavorato per un certo numero di anni nel Paese.

Un modello che prevale in Europa
Insomma: con Cameron vince la Gran Bretagna della ripresa, ma anche dell’«Europa-forse» e dell’immigrazione «molto moderata». Un preciso modello che sembra avere particolarmente successo in tutto il continente,  parallelamente alla cavalcata dei movimenti del tutto anti-europei e anti-immigrazione, in grado sì di smuovere gli animi, ma non ancora capaci di prendere il volo.