13 gennaio 2025
Aggiornato 14:30
Vittoria dei Tories

Brexit, e adesso che succede?

Il Premier Boris Johnson promette di realizzare il divorzio dall'UE entro il 31 gennaio 2020. Lunedì rimpasto governativo a Downing Street, poi voto in Parlamento, ma la strada è ancora lunga

Boris Johnson e Carrie Symonds
Boris Johnson e Carrie Symonds Foto: ANSA

LONDRA - Dopo la schiacciante vittoria dei conservatori alle elezioni di ieri, la Gran Bretagna si avvia verso un secondo governo guidato da Boris Johnson, che promette di realizzare il divorzio dall'Ue entro il 31 gennaio 2020. Questo non significa che la Brexit sarà compiuta nel giro di un mese e mezzo. La strada per la riorganizzazione dei rapporti Ue-Gb si prospetta in realtà ancora lunga e non è detto che sarà una passeggiata. Secondo fonti dei Tories citate dalla Bbc, lunedì ci sarà un «contenuto» rimpasto governativo a Downing Street. Poi venerdì prossimo il Brexit Withdrawal Agreement Bill, l'accordo di recesso, sarà messo al voto della nuova Camera dei Comuni. Con la maggioranza assoluta nel nuovo parlamento, la legge per l'uscita dall'Ue dovrebbe passare senza grossi problemi, proiettando il Regno Unito verso la Brexit il 31 gennaio.

Sui tempi della Brexit cautela generale

Ma questo non significa missione compiuta, anzi. Johnson dovrà negoziare nuovi accordi con l'Ue per regolare le relazioni, i vari settori di mutuo interesse durante un periodo di transizione: commercio, migranti, diritti dei cittadini Ue residenti nel Regno Unito, oneri finanziari. Secondo il programma dei Tories, un nuovo accordo dovrà essere pronto per il 2021, ma l'obiettivo temporale è giudicato da molte parti ottimistico. Da Bruxelles il presidente del Consiglio Ue Charles Michel ha fatto sapere subito che l'Ue «è pronta a discutere gli aspetti operativi» dei futuri rapporti. Sui tempi, cautela generale. L'Accordo di recesso e la Dichiarazione sul quadro delle future relazioni sono stati rivisti e approvati dal Consiglio europeo a metà ottobre, senza cambiare molto rispetto a quanto negoziato dall'ex premier britannica Theresa May. In particolare, il periodo di transizione è previsto sino a fine 2020 e può essere esteso di uno o due anni.

Capitolo Irlanda del Nord

La principale differenza riguarda l'Irlanda del Nord, con la sostituzione del cosiddetto «backstop» con un meccanismo altrettanto criticato per evitare il ritorno di una «frontiera fisica» (hard frontier) tra le due Irlande. In sostanza, dopo la fine della transizione, per quattro anni il Nordirlanda resta dal punto di vista legale sottoposto alle normative europee, anche se dal punto di vista formale sarà nello spazio doganale britannico: per permettere questa doppia identità, non ci saranno controlli doganali su terra irlandese, ma nei porti o al largo. Allo scadere dei quattro anni, sarà Belfast a decidere se continuare così o cambiare regime. Dopo aver puntato sul modello norvegese, e anche svizzero, l'obiettivo in linea di massima condiviso da Londra e Bruxelles sarebbe ora quello di un accordo di libero scambio tipo il Ceta, l'Accordo economico e commerciale globale con il Canada.