29 marzo 2024
Aggiornato 15:00
La crisi egiziana

Giornalisti Al Jazeera, gli USA chiedono la grazia all'Egitto

In una nota la Casa Bianca definisce l'arresto e la persecuzione dei reporter, che sono stati accusati dalle autorità egiziane di fare propaganda per la Fratellanza Musulmana e riportare notizie false, una violazione «dei più basilari principi della libertà di stampa» e «un colpo al progresso democratico in Egitto». Amnesty: «Giornata nera per la libertà di stampa».

WASHINGTON - Gli Stati Uniti esortano l'Egitto a graziare i tre giornalisti di Al-Jazeera che sono stati condannati oggi da un tribunale a diversi anni di reclusione. In una nota la Casa Bianca definisce l'arresto e la persecuzione dei reporter, che sono stati accusati dalle autorità egiziane di fare propaganda per la Fratellanza Musulmana e riportare notizie false, una violazione «dei più basilari principi della libertà di stampa» e «un colpo al progresso democratico in Egitto».
Secondo Washington, il verdetto (che condanna Peter Greste e Mohamed Fahmy a sette anni, e Baher Mohamed a dieci per possesso di munizioni a sua detta raccolte durante una manifestazione) è solo l'ultimo di una serie di sentenze incompatibili con «i precetti base dei diritti umani e del governo democratico».
La Casa Bianca ha dunque invitato il presidente egiziano al-Sisi a graziare i tre giornalisti, o commutare le loro pene in modo da garantire il loro rilascio, e «garantire clemenza per tutte le sentenze politiche».
«Gli Stati Uniti», conclude il comunicato, «continueranno a stare dalla parte del popolo egiziano nella realizzazione di quei diritti per i quali hanno a lungo lottato».

Le critiche di Ban ki-moon
Il segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-moon, ha criticato oggi le recenti decisioni della giustizia in Egitto, definendo «molto preoccupanti» la conferma di 183 condanne a morte e le pene detentive per tre giornalisti di al Jazeera. Secondo un portavoce, Stephane Dujarric, il leader dell'Onu ritiene che «questi processi non rispettano le norme di base di un processo equo».
Per Ban «la partecipazione a proteste pacifiche o le critiche al governo non possono essere ragioni alla base di arresti e procedimenti giudiziari».

Amnesty: Giornata nera per la libertà di stampa
«Un feroce attacco alla libertà di stampa, una giornata nera per l'Egitto»: così Amnesty International ha commentato la condanna di tre giornalisti di Al Jazeera English, giudicati oggi colpevoli di aver diffuso notizie false e di aver favorito il movimento fuorilegge della Fratellanza musulmana. Peter Greste, Mohamed Fahmy e Baher Mohamed, arrestati il 29 dicembre 2013, sono stati condannati a sette anni. A Baher Mohamed sono stati inflitti altri tre anni perché era stato trovato in possesso di un bossolo.
«Si tratta di un verdetto devastante per i tre uomini e le loro famiglie. Quando dei giornalisti vengono arrestati e giudicati terroristi solo per aver svolto il loro lavoro è davvero una giornata nera per la libertà di stampa. Sono stati condannati solo perché alle autorità egiziane non è andato bene ciò che hanno detto - ha dichiarato Philip Luther, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty - oggi in Egitto chiunque osi sfidare la narrativa ufficiale è considerato un bersaglio legittimo. Per noi Greste, Fahmy e Mohamed sono prigionieri di coscienza, di cui chiediamo il rilascio immediato e incondizionato».
Degli altri sei imputati processati insieme ai tre giornalisti di Al Jazeera, due solo stati assolti e quattro sono stati condannati a sette anni. Altri giornalisti sono stati condannati, in contumacia, a 10 anni di carcere, tra cui Sue Turton e Dominic Kane (di nazionalità britannica) e Rena Netjies (olandese).

Il processo una vergogna totale
Un osservatore di Amnesty al processo ha riscontrato numerose irregolarità e una lunga serie di inettitudini. In 12 udienze, la pubblica accusa non è stata in grado di presentare una sola prova concreta che collegasse i giornalisti a un'organizzazione terrorista o che confermasse che gli imputati avessero «falsificato» delle immagini televisive.
«Il processo è stato una vergogna totale. Mandare in prigione per anni questi uomini, dopo uno spettacolo grottesco di questo genere, rappresenta una parodia della giustizia», ha sottolineato Luther.
La pubblica accusa ha ostacolato le richieste della difesa di riesaminare e contestare le prove a carico, dimostrandosi spesso impreparata e disorganizzata, spesso impegnata a esibire prove irrilevanti. Le testimonianze contro gli imputati ascoltate in aula sono apparse in contrasto con quelle rese precedentemente per iscritto. Nel corso dei contro-interrogatori, gli esperti hanno dichiarato di non essere in grado di confermare se i giornalisti di Al Jazeera avessero falsificato delle immagini o avessero portato con sè materiali non autorizzati.

Le autorità indaghino su abusi diritti umani da parte delle forze di sicurezza
«Il verdetto di oggi ci dice una volta di più che le autorità egiziane non si fermeranno di fronte a nulla nella loro spietata campagna contro coloro che mettono in discussione la narrativa ufficiale, a prescindere da quanto siano credibili le prove nei loro confronti», ha proseguito Luther.
A rischio non sono solo i giornalisti. Nell'ultimo anno migliaia di persone sono state imprigionate nell'ambito della repressione del dissenso e sono state emesse condanne a morte di massa nei confronti di sostenitori dell'ex presidente Mohamed Morsi.
«Il sistema giudiziario egiziano ha più volte dimostrato di non voler o non saper celebrare processi equi e imparziali quando gli imputati sono presunti sostenitori dell'ex presidente. Invece di mandare in carcere giornalisti e altre persone sospettate di costituire una minaccia, le autorità dovrebbero condurre indagini indipendenti sulle violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza», ha concluso Luther.