14 febbraio 2025
Aggiornato 16:30
arriva l'ape

Pensioni anticipate, le simulazioni: ecco quanto perderanno i pensionati sull'assegno previdenziale

Il costo dell'Ape verrà coperto con un'operazione finanziaria che prevede la triangolazione tra lo Stato, l'Inps e le banche. Ecco quanto perderanno i pensionati secondo gli studi della Uil e i calcoli di Progetica

Ecco quanto perderanno i pensionati sull'assegno previdenziale con il meccanismo dell'Ape.
Ecco quanto perderanno i pensionati sull'assegno previdenziale con il meccanismo dell'Ape. Foto: Shutterstock

ROMA – Non appena l'anticipo pensionistico verrà inserito nella prossima legge di stabilità diventerà una possibilità concreta per migliaia di lavoratori. Poter andare in pensione con qualche anno di anticipo sembra quasi la visione di un miraggio, ma quanto costerà davvero ai pensionati? Le simulazioni seguenti vi aiuteranno a capirlo.

Il costo dell'Ape
L'anticipo pensionistico è rivolto ai nati tra il 1951 e il 1953 ed offrirà a circa 30-40 mila lavoratori la possibilità di andare in pensione qualche anno prima rispetto a quanto previsto dalla legge Fornero. Naturalmente, questa opportunità ha un costo per le casse dello Stato e per assicurare la sostenibilità dei conti pubblici è necessario che i pensionati paghino di tasca loro gran parte del costo della manovra, rinunciando a una percentuale sull'assegno previdenziale che può andare dall'1-2% al 15% a seconda dei casi.

Un'operazione finanziaria
Il Governo, per ottenere il beneplacito di Bruxelles, ha assicurato che l’impatto dell’Ape sul bilancio statale sarà limitato e pari a circa 500-600 milioni di euro. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha sottolineato che «trattandosi di un’anticipazione finanziaria fatta attraverso il sistema bancario, la finanza pubblica c’entra solo per quella parte che interviene a ridurre i costi». L'operazione al vaglio dell'Esecutivo è infatti di tipo squisitamente finanziario e prevede una triangolazione tra Inps, Stato e banche. Al centro, però, ci sono i pensionati e il loro reddito futuro.

Quanto perdono i pensionati
Come abbiamo già avuto modo di spiegare, il meccanismo dell'Ape consiste in buona sostanza in un prestito bancario, erogato attraverso l'Inps, che i pensionati si impegneranno a restituire una volta che avranno accesso alla pensione di vecchiaia, mediante una trattenuta sull'assegno previdenziale. In alcuni casi, però, la rata da pagare potrebbe raggiungere addirittura un quarto della pensione e ridurre il reddito disponibile del pensionato in misura significativa. Un esempio: lasciare il lavoro tre anni prima del dovuto potrebbe significare dover rinunciare a circa 400 euro al mese per vent'anni.

Lo studio della Uil
Lo studio realizzato dalla Uil è in tal senso chiarificatore. Secondo i calcoli del sindacato, se un pensionando accettasse di uscire dal mondo del lavoro con tre anni di anticipo grazie al meccanismo dell'Ape, a fronte di una pensione netta di 2500 euro mensili, dovrebbe pagare per vent'anni una rata di circa 500 euro per tredici mensilità. In questo caso la percentuale sull'assegno pensionistico potrebbe raggiungere addirittura il 20%. Ma i calcoli della società di consulenza Progetica, che ha realizzato uno studio ad hoc pubblicato oggi su La Repubblica, sono altrettanto illuminanti.

I calcoli di Progetica
Prendiamo come esempio un lavoratore tipo, nato nel 1953 e con un reddito netto mensile di 2mila euro, che può contare su una futura pensione di vecchiaia pari a circa 1700 euro. Secondo lo studio di Progetica, se decide di lasciare il lavoro con tre anni di anticipo, con il meccanismo dell'Ape perderà circa il 10% dell'assegno previdenziale e perciò per i successivi vent'anni riceverà una pensione di circa 1500 euro. E' importante sottolineare, tuttavia, che la decurtazione dell'assegno sarà calcolata in funzione di diverse variabili ancora allo studio del governo, come il periodo di anticipo, il reddito e della situazione lavorativa dell'interessato. Per saperne di più dovremo aspettare i prossimi appuntamenti tra il Governo e i sindacati, fissati per il 23 e il 28 giugno. Al momento abbiamo una sola certezza: i pensionati potranno lasciare prima il loro posto di lavoro, ma saranno sicuramente più poveri.